Il giovedì e venerdì santo a Cefalù sono all’insegna dei “lavureddi”. E’ una tradizione antica per molti aspetti oggi andata persa. Fino alla fine dell’800, il mercoledì delle ceneri, in alcune chiese della città di Cefalù, il sacerdote, a conclusione della celebrazione liturgica, benediceva il grano che la gente portava da casa e che sarebbe dovuto servire per preparare i “lavureddi”. Il grano benedetto, una volta tornati a casa, veniva deposto in delle ciotole ripiene, in genere, con del cotone, e conservate nella cantine al buio. Nei giorni della quaresima queste ciotole venivano di tanto in tanto bagnate fino a quando spuntavano i germogli del grano sotto forma di sottili e pallidi filamenti fra il giallo e il verdastro. Solo il giovedì santo, nella tarda mattinata, i “lavureddi” vedevano la luce. In molte case queste ciotole venivano esposte alle finestre, soprattutto in quelle del piano terra. Non mancavano alcune famiglie che esponevano delle vere e proprie ceste, con dentro i “lavureddi”, accanto alla porta di casa. Nelle chiese, intanto, sempre con i “lavureddi” si ornavano quelli che allora venivano chiamati sepolcri e che in seguito la liturgia ha definito “altari della deposizione”. Si ha notizia che nella mattinata del venerdì santo in piazza Duomo venivano esposte delle vere e proprie composizioni artistiche di “lavureddi” opportunamente preparati per essere collocati sulla scalinata della Cattedrale. Queste stesse composizioni venivano utilizzate per ornare la vara del “Cristo morto” che veniva portato in processione la sera del venerdì santo. Sempre durante ala processione c’erano alcune famiglie che portano in processione i “lavureddi”.
Oggi la tradizione dei “lavureddi” viene portata avanti nelle comunità parrocchiali. Vengono, infatti, preparati per ornare gli altari della deposizione la sera del giovedì santo. Resiste ancora, invece, la tradizione di visitare questi altari preparati nelle diverse chiede parrocchiali della città. L’appuntamento è per le ore 21 circa quando le persone iniziano ad affollare alcune strade della città per un pellegrinaggio di preghiera che durerà fino alla mezzanotte. All’origine c’è l’antica tradizione che nel passato veniva chiamata «Visita ai Sepolcri». Tradizione che a Cefalù è stata interrotta il secolo scorso. A riprenderla, seppure cambiata radicalmente, è stato il vescovo Emanuele Catarinicchia alla fine degli anni ’70. Il Presule arrivava da Corleone dove i riti del giovedì santo sono particolarmente sentiti. Nominato nel novembre del 1978, ad appena cinquantadue anni, il Vescovo dei giovani fin dalla sua prima Pasqua nella città di Ruggero non esita a dare vita, con un gruppo di fedeli della Cattedrale, ad una vera e propria visita agli altari della Reposizione che in quegli anni venivano costruiti a Cefalù. Erano quattro e si trovavano in Cattedrale, nella chiesa dell’Itria, agli Artigianelli e a San Francesco. Catarinicchia, dopo avere presieduto la messa «In Coena Domini» in Cattedrale, dava appuntamento ai fedeli e con loro iniziava un pellegrinaggio di preghiera fra le strade della città. La prima tappa era verso la chiesa dell’Itria, poi scendendo da via Vittorio Emanuele e dal lungomare ci si dirigeva verso la chiesa degli Artigianelli. Dalla via Roma si saliva verso la chiesa di san Francesco e da qui si tornata in Cattedrale dove si chiudeva la visita. Quando il vescovo Catarinicchia viene traslato a Mazara del Vallo la tradizione viene continuata e fatta propria da qualche parroco della città. La tradizione si estende ad altre chiede quando nascono le comunità parrocchiali della Calura, prima, e dello Spinito, dopo.