Riflessione di Papa Francesco Contro le curiosità cattive

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I bambini sono particolarmente curiosi e nei telefonini, come in tutto il mondo virtuale, trovano anche «tante cose brutte» rischiando di finire «prigionieri di queste curiosità non buone». È da questa tentazione che Papa Francesco ha messo in guardia lunedì 30 aprile, celebrando la messa Santa Marta. E chiedendo di aiutare i giovani a saper discernere tra le tante proposte della quotidianità, il Pontefice ha indicato nello Spirito Santo «la grande certezza» che risolve tutte «le nostre curiosità»: e lo fa come «compagno di viaggio, compagno della memoria e compagno maestro», non certo presentandosi a noi «con un pacco di risposte» già pronte.

Per la sua riflessione il Papa ha preso le mosse dal Vangelo di Giovanni. «In questo lungo discorso di congedo, a tavola con i discepoli, ci sono passi che possiamo chiamare il “dialogo fra le curiosità e la certezza”» ha affermato. «I discepoli non si sentono sicuri, non sapevano cosa sarebbe accaduto e domandavano cosa ne sarà di questo, di quell’altro». E «Gesù spiega» ma «loro si sentono più insicuri: “No, ma te ne vai, ci lasci da soli e che cosa faremo?”». Così «Gesù spiega “tornerò, vado a prepararvi un posto, poi vi porterò con me”». Insomma «dà certezze alle curiosità dei discepoli».

Del resto, ha riconosciuto il Pontefice, «la vita, la nostra vita è piena di curiosità». E così «da bambini, l’età del perché» domandiamo «papà, perché questo? Mamma, perché, perché, perché?». Questo accade proprio «perché il bambino cresce, si accorge di cose che non capisce, e domanda: è curioso, cerca una spiegazione». Ma «questa è una curiosità buona, perché è una curiosità per crescere, per svilupparsi, per avere più autonomia». E «anche è una curiosità contemplativa, perché i bambini vedono, contemplano, non capiscono e domandano».

«Ci sono altre curiosità che non sono tanto buone» ha messo però in guardia il Papa. «Per esempio, quella di “annusare” nella vita di altre persone». Magari «qualcuno dice “ma è cosa da donne”. No, il chiacchiericcio è un patrimonio di donne e di uomini». Tanto che «qualcuno dice che gli uomini sono più chiacchieroni delle donne: non so, ma è un patrimonio di tutti, è una cosa brutta perché è cercare che la curiosità non vada al posto sicuro di una risposta che sia la verità». Invece è «cercare di andare ai posti che alla fine sporcano le altre persone».

Dunque «ci sono curiosità cattive» ha insitito il Pontefice. O curiosità «che, alla fine, mi fanno capire una cosa che io non ho diritto di sapere». Il Papa ha suggerito l’«esempio» di quanto avvenuto «a Tiberiade: già Gesù sta per andarsene, dopo la risurrezione, e dice a Pietro tre volte che lo ama, e Pietro dice che lo ama; e gli dà tutto il potere, e Pietro, quando è finito questo, domanda “e a questo cosa succederà?” domandando per Giovanni». E «questo è “annusare” la vita altrui» ha spiegato Francesco: «Questa non è una curiosità buona, ma ci accompagna tutta la vita. è una tentazione che avremo sempre».

In realtà, ha rassicurato il Papa, «non spaventarsi, ma fare attenzione» dicendo a se stessi «questo non domando, questo non guardo, questo non voglio». E poi ci sono «tante curiosità, per esempio, nel mondo virtuale, con i telefonini e le cose: i bambini vanno lì e sono curiosi di vedere e trovano lì tante cose brutte». Ma «non c’è una disciplina in quella curiosità». Così «dobbiamo aiutare i ragazzi a vivere in questo mondo, perché la voglia di sapere non sia voglia di essere curiosi, e finiscano prigionieri di questa curiosità».

«Ma torniamo a queste buone curiosità degli Apostoli» ha rilanciato il Pontefice. In fono «vogliono sapere di Gesù, cosa accadrà, succederà». E così «anche all’ultimo momento, Gesù stava per andarsene in cielo, dicono “adesso viene la rivoluzione, adesso tu farai il regno”». È «la curiosità di conoscere e la certezza: il dialogo fra curiosità e certezze». Ecco infatti che «Gesù risponde dando certezze: “No guardate, questo è così, io vado là”». Ci sono «tante risposte in questo lungo discorso a tavola, e non è solo un discorso: è una conversazione fra loro». Ma «Gesù risponde sempre con certezze: mai, mai inganna. Mai!».

«Piccole certezze, ma certezze» ha ripetuto Francesco. E «la certezza viene riassunta alla fine del passo del Vangelo che abbiamo letto e ascoltato» ha spiegato il Papa, riferendosi al brano di Giovanni (14, 21-26). Che Francesco ha definito «la grande certezza». Infatti, riferisce Giovanni, «Gesù dice: Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». E così, ha spiegato il Pontefice, «la certezza ce la darà lo Spirito Santo nella vita».

Certo, «lo Spirito Santo non viene con un pacco di certezze» e ti dice «prendi». Piuttosto «noi andiamo nella vita e domandiamo allo Spirito Santo, apriamo il cuore, e lui ci dà la certezza per quel momento, la risposta per quel momento».

«Lo Spirito Santo — ha spiegato il Papa — è il compagno di via del cristiano, è quello che continuamente ci insegna “no, questo è così”, quello che continuamente ci ricorda “pensa a cosa ha detto il Signore, che era così”». E «ci ricorda le parole del Signore illuminandole». Nel nostro «cammino verso l’incontro con Gesù è lo Spirito ad accompagnarci», a dare «la certezza alle nostre curiosità».

«Così questo dialogo fra curiosità umane e certezza — ha affermato il Papa — finisce in questa frase di Gesù» a proposito del Paràclito: «Lui vi insegnerà tutto, e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Il Paràclito è il «compagno della memoria, il compagno maestro», che «ci dà la luce e ci conduce dove c’è la felicità fissa, quella che non si muove, come abbiamo pregato nella orazione colletta».

«Andiamo dove c’è la gioia vera, quella che è radicata proprio in Dio, ma con lo Spirito Santo per non sbagliare» ha concluso il Pontefice. E per questa ragione «chiediamo al Signore due cose oggi». Anzitutto «di purificarci nell’accettare le curiosità — ci sono curiosità buone e non tanto buone — e saper discernere» dicendo a se stessi «no, questo non devo vederlo, questo non devo domandarlo». E la «seconda grazia» da chiedere al Signore è quella di saper «aprire il cuore allo Spirito Santo, perché lui è la certezza: ci dà la certezza, come compagno di cammino, delle cose che Gesù ci ha insegnato, e ci ricorda tutto».

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