Il cefaludese Sr. Philip Thomas Cascio è morto ieri 2 novembre a Grenville in Mississippi. Aveva 99 anni. E’ stato un veterano della seconda guerra mondiale e prigioniero di guerra. Ha prestato servizio nell’8ª squadra del 303 ° gruppo aeronautico dell’aviazione americana 358 ° squadrone (nella foto: il secondo da sinistra in basso). Era la torretta su un B-17 chiamato “Spook”. Dopo una missione di bombardamento è stato abbattuto il 16 febbraio 1943 e si è schiantato nel Canale della Manica a circa 20 miglia al largo della costa francese. Quando il “Spook” fu abbattuto, Cascio ed altri due suoi commilitoni si sono salvati. Dopo essere andato alla deriva è stato catturato dai tedeschi. E’ rimasto in prigione per oltre 2 anni e mezzo. Quando è stato liberato ha ricevuto la medaglia Purple Heart, la Bronze Star, la medaglia POW e la Medal of Flying Cross. La sua storia si trova egli annali dell’USAF, l’aviazione militare americana.
Proprio dal suo racconto apprendiamo che il 16 febbraio del 1943 è stato mandato in missione. «Abbiamo fatto colazione alle 4:45, il briefing alle 5:45. I decolli iniziarono alle 8:46. La formazione – racconta Cascio – doveva essere guidata dal tenente colonnello Robinson e dal Capitano Lew Lyle. Ma guasti alla mitragliatrice e a tutte le apparecchiature radio e citofoniche lo hanno costretto a tornare indietro. Il capitano Fredericks ha preso il comando. Tredici del Gruppo B-17 hanno bombardato l’obiettivo principale da 25.000 piedi con 31 tonnellate di bombe da 500 e 1.000 libbre. Molte esplosioni di bombe sono state osservate nell’area bersaglio, che era coperto di fumo e fuochi. Alcune raffiche sono state osservate nell’acqua e anche una scia nera e rossa”. E’ a questo punto che arriva l’aviazione nemica. Vengono avvistati fra venti e cinquanta aerei nemici. Alla fine di una durissima battaglia aerea mancano due aerei: lo Shak Hak, pilotato dal Capitano WH Razza, abbattuto da combattenti nemici e abbandonato sulla penisola di Brest; e lo Spook, pilotato dal capitano LG Dunnica, caduto a nord-est di Brest. Tutto l’equipaggio di Shak Hak era perso. L’equipaggio di Spook aveva alcuni superstiti tra cui Filippo Cascio.
«Il nostro gruppo, il Il 358th Squadron del 303rd, – raccontava Filippo Cascio – partiva per la 16ª missione del gruppo. Siamo stati informati di partire alle 7:45 per tornare alle 13:30 – una missione approssimativa di cinque ore. La maggior parte dei giorni di febbraio in Inghilterra erano nebbiosi, scuri, umidi, freddi e solitari. Al ritorno dopo aver sganciato bombe sul nostro obiettivo, le basi dei sottomarini di St. Nazaire, ci stavamo avvicinando al canale inglese. Il pilota Dunnica ha richiamato alla nostra attenzione: un B-17 era sotto attaccato da aerei ME-109 e chiedeva aiuto. Lasciammo la nostra formazione a circa 25.000 piedi, scendemmo e girammo intorno al bombardiere attaccato a circa 10.000 piedi da un gruppo di ME-109. Essendo vicini alla costa francese e al Canale della Manica, abbiamo provato a tornare alla base di Molesworth. Alla fine siamo stati abbattuti e siamo precipitati a venti miglia dall’Inghilterra, nel Canale della Manica. Quando ci siamo schiantati nell’acqua, il nostro aereo si è rotto in più parti. Al cannoniere di coda Taylor gli avevano sparato prima che cadessimo. Dew è stato visto l’ultima volta fluttuare nelle alte onde del Canale della Manica. Io sono riuscito a uscire dalla torretta e a gattonare allo scomparto radio. Holland fu colpito e aveva sangue su tutta la sua tuta da volo».
Tucker, superiore Torretta, il copilota Pacey e Cascio fuggirono attraverso il portello della radio. Dei due gommoni in dotazione al bombardiere, solo uno si era gonfiato. «Siamo stati fortunati ad averlo afferrato». I tre sopravvissuti nei gommoni sono stati mitragliati almeno tre volte. Abbiamo fluttuato nelle onde fredde e alte della Manica per circa quattordici ore. Ci siamo capovolti molte volte, tirandoci l’un l’altro di nuovo al gommone grazie ad una corda legata ai nostri polsi. Alla fine siamo andati alla deriva fino alla costa di Brest, in Francia, nella prima mattina buia. Strisciando abbiamo raggiunto una piccola capanna sulla battigia. Esausti, stanchi e freddi, abbiamo dormito poco tempo sotto foglie e carta per scaldarci. Camminando, verso le sei del mattino abbiamo visto una casa francese in lontananza. La famiglia francese ci ha dato il caffè, pane e un cambio di vestiti. Ci hanno fatto andar via perché avevano paura dei soldati tedeschi nelle vicinanze. Siamo stati catturati poche ore dopo e portati a Parigi. Tutta la traccia del tempo è stata persa dentro la cella alta e scura. Pochi giorni dopo, fummo portati a Francoforte, in Germania, in un campo di interrogatori. Poi siamo stati trasferiti in un vagone in un campo di concentramento. Ventotto mesi più tardi arrivò la tanto attesa fine della guerra».
Sotto alcune foto con amici e i cugini Verderajme.