Inps e Inail, il Governo pronto a commissariare Inps e Inail

Sembra che il governo stia lavorando a una norma che rivoluzionerebbe Inps e Inail, passando da una riforma della governance dei due istituti previdenziali attraverso il commissariamento. La questione riguarda evidentemente la gestione Boeri all’Inps, il nodo vero del problema dopo i ripetuti scontri del presidente dell’ente previdenza con i due vicepremier. Che non vogliono rischiare di affrontare quota 100 e reddito di cittadinanza con un Inps “ostile”.

D’altra parte questo passaggio va evidentemente a complicare proprio il delicato passaggio di gestione delle misure che attueranno i due provvedimenti cardine della Manovra. L’idea che ricola in queste ore sarebbe quella di tornare a una gestione collegiale degli enti, riportando in vita i consigli d’amministrazione che erano spariti nove anni fa. Nell’attesa, arriverebbero i commissari.

La gestione Boeri invisa sia a questo governo sia al precedente esecutivo Gentiloni, sarebbe quindi il vero cuore del problema. L’economista della Bocconi aveva in passato avuto diverse occasioni di scontro con lo stesso governo che lo aveva scelto (fu Renzi a metterlo a capo della previdenza), per poi continuare i suoi rapporti turbolenti anche con il nuovo esecutivo, in particolare con il vicepremier Salvini.

Per Boeri mandato in scadenza a febbraio – Tito Boeri, in scadenza il 16 febbraio, è stato protagonista negli ultimi sei mesi di diversi scontri, anche molto accesi, che hanno coinvolto i due vicepremier Salvini e Di Maio. Il primo, dopo le critiche alla riforma della Fornero, aveva invitato l’economista a dimettersi e scendere in politica. Con leader M5S il casus belli riguardava invece la relazione tecnica del decreto dignità, che prevedeva 8mila posti in meno all’anno come effetto del provvedimento. La relazione diede vita alla famosa prima “manina”. A capo dell’Inail c’è Massimo De Felice, che secondo il suo mandato dovrebbe terminare il suo compito solo a novembre 2020.

Proprio in vista della gestione delle due riforme quota 100 e reddito, Palazzo Chigi punta probabilmente ad avere un istituto di previdenza in linea, che non rischi di ostacolare il lavoro già di per sè particolarmente delicato. Sarà l’Inps a dover gestire 1,3 milioni di potenziali richieste di reddito di cittadinanza e a dover liquidare un numero di pensioni che potrebbe essere il triplo rispetto alla norma: si attendono 31mila uscite anticipate dal lavoro, secondo i requisiti richiesti da quota 100. Anche all’interno dell’istituto ci sarebbero 4.500 dipendenti su 27mila pronti a ritirarsi proprio in virtù delle prerogative previste da quota 100.

Totonomi, Tridico in pole per l’Inps – E’ già scattato il toto nomi dei candidati al posto di commissari. Per l’Inps si parla di Pasquale Tridico, economista che ha elaborato la riforma del reddito e consigliere di Di Maio, e Mauro Nori, direttore generale dell’Inps dal 2010 al 2015, quando si scontrò proprio con Boeri e fu poi nominato alla Corte dei Conti, per passare poi a consigliere del ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Girano poi i nomi di Marina Calderone, presidente dei consulenti del lavoro e nel Cda Finmeccanica, di Alberto Brambilla, esperto di previdenza, Enzo De Fusco, collaboratore del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon della Lega.

Maxi decreto su reddito e quota 100 – In attesa di mettere nero su bianco questo capitolo, c’è grande attesa per il maxi decreto con le misure cardine della Manovra, che dovrebbe vedere la luce intorno al 10 gennaio. Sul tavolo per il 2019 ci sono in totale quasi 12 miliardi (7,1 per reddito e 4,7 per le pensioni), anche se le ultime bozze non hanno ancora diradato i dubbi. Per il provvedimento caro al M5S sono ancora da definire precisamente le platee, con il rebus del sussidio agli stranieri.

“La nostra norma sul reddito di cittadinanza è rivolta agli italiani – ha precisato da Belluno Di Maio -. Per fare questo innalzeremo il tetto dei lungo-soggiornanti, in modo da rispettare le norme europee, ma allo stesso tempo per rivolgere la misura ai cittadini del nostro Paese. Quindi, quei cinque anni che si leggono nella bozza del decreto vanno modificati, saranno più alti”.

Intanto sulla previdenza arriva l’allarme della Uil, che parla di “ulteriori discriminazioni nei confronti dei dipendenti pubblici”. Il nodo riguarda la buonuscita, che nel caso superi i 100mila euro, sarà erogata “solo dopo ben 8 anni”. La Lega sul tema rassicura, nonostante anche qui sia difficile stabilire quanti davvero usufruiranno delle famose finestre.

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