L’ultimo sarto di Cefalù ha compiuto oggi ottanta anni. Il figlio Peppino gli ha regalato la stampa dell’articolo di cefalunews con il quale abbiamo inserito Tanino Caliò nel nostro museo fotografico cefaludese.
Tonino Caliò nasce a S. Agata di Militello, in provincia di Messina, il 21 febbraio 1939. Nel 1950 all’età di 11 anni sceglie d’imparare il mestiere di sarto, un tempo si diceva “iri o mastru”. Qualche anno dopo, all’età di 17 anni, per perfezionare il mestiere parte per Firenze e dopo un anno si reca a Roma dove si diploma nella scuola di taglio. Rimane nella Capitale fino all’età di 24 anni. Nel 1963 il papà di Tanino, che faceva il capo cantoniere all’Anas, si trasferisce da Acquedolci a Cefalù e convince il figlio ad aprire una sartoria a Cefalù insieme al fratello Franco. In attesa di trovare un locale per inaugurare la sartoria, Tanino accetta la proposta del sarto Formica che a quei tempi lavorava per i turisti francesi al Village Magique. Era un lavoro che si svolgeva nei mesi estivi. Vi lavoravano diversi ragazzini che imparavano a fare i pantaloni. Tra questi c’era una ragazza dal carattere solare, molto vivace e sempre allegra: Rosa Minutella. Tanino e Rosa simpatizzano subito.
Trascorsa l’estate del 1963, Tanino apre la sua sartoria in Viale Principe Umberto 46, nell’attuale via Roma. In quegli anni a Cefalù c’erano 8 sarti e si lavorava molto anche perché non c’erano i vestiti già confezionati, si lavorava tantissimo soprattutto nelle feste natalizie. Tanino ricorda ancora oggi i sarti Formica, Di Paola, Guercio e Cerrito.
E’ il 1974 quando, Tanino innamoratissimo, convola a nozze con la sua Rosa. Il loro matrimonio, dopo tante gioie ma anche tanti sacrifici, viene allietato dalla nascita di due figli : Giuseppe e Gabriella. Nel 2003 l’amata Rosa, a soli 58 anni lascia Tanino ed i suoi amati figli, per raggiungere la casa del Padre celeste. L’amore per Giuseppe e Gabriella, la grande generosità di Rosa che ha donato i suoi organi facendo così vivere altre persone danno a Tanino la forza di continuare il suo lavoro.
“Le soddisfazioni più belle – commentava qualche anno fa – sono quando faccio dei piccoli lavori ai turisti. Un giorno nella mia bottega entrò una famiglia di turisti, marito, moglie e due bambine di 4 e 6 anni. Ho fatto un lavoro di poco conto e quando mi hanno chiesto: quanto pago? Io come faccio molto spesso ho detto: non mi deve niente. Loro son rimasti sbalorditi perché erano abituati a pagare sempre. Mi ringraziano ed escono. L’indomani mattina quando si ripresentano tutti e quattro nella mia bottega, le due bambine mi regalano una rosa ciascuna. Ho provato tanta emozione che difficilmente riesco a dimenticare. Di questi episodi nella mia carriera di sarto ne ho avute tanti, sono piccoli ma grandi soddisfazioni e gioie che ripagano meglio dei soldi”.