‘Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.’ Giovanni Falcone
Era il tardo pomeriggio del 23 maggio del 1992 quando arrivò la notizia dell’attentato dinamitardo a Giovanni Falcone e alla sua scorta. La radio, la televisione ed il semplice passaparola, dando voce all’evento, diffusero nell’aria un senso di smarrimento e di paura, quella che ti fa pensare che tutto sia finito, che la speranza sia morta per sempre, che il male sia prevalso e che ogni altro tentativo di azione volta al bene comune sia inutile. L’incredulità si mescolò con l’angoscia. Le primi immagini televisive del tratto di autostrada che attraversa Capaci, ridotta ad un campo di battaglia, si confusero con la tenue speranza che il Giudice fosse ancora vivo, che fosse in grado di superare anche quel terribile momento, poi, tragico, giunse il comunicato ufficiale della morte di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo, degli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonino Montinaro. Tutto successe in un attimo, un tuffo al cuore ed una tristezza infinita ci presero, un siciliano che aveva avuto coraggio non c’era più, gli uomini che custodivano le sue idee non c’erano più, la donna che lo aveva amato per tutta la vita non c’era più, la speranza di una Sicilia onesta non c’era più. Sembra ieri, invece sono trascorsi 27 anni da quel tragico pomeriggio ed ancora oggi mi chiedo come sia stato possibile che degli uomini, dei siciliani come me, abituati da sempre a vivere il sole, il mare, l’odore di zagara, il profumo dei limoni e delle arance, in una terra ospitale che sa accogliere chi non ha nulla e che vive di una cultura millenaria, possano aver concepito ed eseguito un atto così orribile. Eppure esistono, i ‘Stuppagghieri’ sono sempre esistiti e, adesso come allora, continuano a prevaricare altri uomini, a sfruttarli, a vivere del sudore del lavoro delle persone perbene e ad ucciderli se questi osano reagire. Ma, nonostante tutto questo, non dobbiamo dimenticare, mai, le parole rivolte da Giovanni Falcone a tutti i siciliani onesti: ‘Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.’ Ed ancora: ‘Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.’