Domani sera, alle 21, accenderanno le luci dei locali e alzeranno simbolicamente le saracinesche abbassate da 45 giorni, in adesione all’iniziativa nazionale #RisorgiamoItalia del settore Horeca (acronimo di hotellerie, restaurant, catering). Il malcontento tra i ristoranti, le pizzerie, i pub e i bar di Palermo e Cefalù è alto. Alla protesta nazionale delle attività di ristorazione parteciperanno anche i Ristoranti di Cefalù. Sono delusi dalle misure annunciate ieri sera dal premier Giuseppe Conte. E le preoccupazioni e la protesta non risparmia nemmeno i commercianti di Mondello, riuniti nell’associazone Mondello Young, anche loro pronti ad azioni simboliche. Ecco cosa scrivono i ristoratori di Cefalù: «Le nostre attività sono state chiuse per decreto, i ricavi sono stati azzerati, siamo stati privati del nostro lavoro e delle libertà. Consapevoli del dramma sanitario che si stava abbattendo sul paese, abbiamo accettato questi enormi sacrifici di buon grado. Oggi, con una sola voce, vogliamo manifestare in migliaia la delusione di chi è stato lasciato solo con le proprie spese, i dipendenti, gli impegni economici pregressi e le incertezze future. A fronte della nostra grande disponibilità, l’azione del governo fino ad oggi si è dimostrata tardiva ed insufficiente. Ci è stata promessa liquidità e non ci sono arrivate neanche le dovute garanzie. Quando si parla di fase due o fase tre, vengono contemplati parametri insostenibili, distanze incolmabili con una riduzione del 70% dei coperti disponibili e tutte le responsabilità a carico dei gestori. Aprire con il 30/40% dei ricavi ed il 100% dei costo. Al ristorante, al bar ci si va sicuramente per mangiare o per bere qualcosa di buono ma soprattutto per vivere un’esperienza di socialità, di convivialità – precisa Giuseppe Provenza portavoce dell’Associazione dei ristoratori di Cefalù – che con le misure previste dal governo andranno perse del tutto. Siamo piccoli imprenditori, e le nostre attività, spesso familiari, sono state fatte con enormi sacrifici. Lavoriamo 7 giorni su 7 insieme ai nostri dipendenti, con i quali abbiamo un rapporto che va oltre il professionale, non abbiamo feste. Sia chiaro che non cerchiamo assistenzialismo: le misure previste dal governo e la chiusura fino al 30 maggio, se non collegate a tutele economiche, quali cassa integrazione fino a Dicembre 2020 e moratoria sugli affitti e sulle utenze, finanziamento a fondo perduto ci costringeranno a licenziare, se non a chiudere del tutto, le nostre attività. Questo è un gioco al massacro cui non vogliamo partecipare».