In onda Giovedì 3 Dicembre, ore 21,15 Raiuno. Dal 10 febbraio 1986 al 16 dicembre 1987 si svolse a Palermo quello che è conosciuto come Maxiprocesso, il più grande processo penale mai affrontato al mondo, che vide alla sbarra degli imputati 475 membri di Cosa nostra. Un evento storico senza precedenti perché, per la prima volta, lo Stato condannò i membri di Cosa nostra in quanto appartenenti ad un’organizzazione mafiosa unitaria e di tipo verticistico.
Il Maxiprocesso si svolse nell’Aula bunker del carcere Ucciardone, costruita appositamente per ospitare migliaia di persone tra imputati, avvocati, giudici, forze dell’ordine e giornalisti.
L’11 novembre 1987, dopo 349 udienze, gli otto membri della Corte d’Assise si ritirarono in camera di consiglio. La Corte era composta dai due giudici togati Alfonso Giordano e Pietro Grasso e da sei giudici popolari: quattro donne e due uomini. Fu la più lunga Camera di Consiglio che la storia giudiziaria ricordi: 35 giorni, durante i quali la Corte visse totalmente isolata dal mondo, lavorando a tempo pieno sul Maxiprocesso.
I NUMERI
Documentazione: 750.000 pagine
Processo: 21 mesi, 638 giorni
Camera di consiglio: 35 giorni (387 ore)
Lettura della sentenza: 1 ora e mezza
475 imputati (scesi a 460 durante il dibattimento)
207 detenuti
349 udienze
346 condanne (74 in contumacia)
114 assoluzioni
19 ergastoli
2665 anni di carcere
900 testimoni e parti lese
200 avvocati difensori
16 giudici popolari (tra effettivi e supplenti)
3000 agenti delle forze dell’ordine
600 giornalisti da tutto il mondo
La Giuria Popolare
La scelta della giuria popolare per il Maxiprocesso si presentò come uno dei problemi maggiori da affrontare poco prima dell’inizio dei lavori. Quello che oggi sembrerebbe un normale comportamento civile da parte del cittadino, in quei giorni e con il clima di terrore creatosi a Palermo durante la guerra di mafia tra palermitani e corleonesi, appariva come una scelta coraggiosa e quasi incosciente. Dei 50 cittadini invitati dallo Stato a comparire in tribunale, 37 non si presentarono neanche, altri arrivarono con un certificato medico. Da subito, però, le donne si dimostrarono le più coraggiose e con una coscienza civile che spinse la maggior parte di loro ad accettare l’incarico.
Teresa Cerniglia, Maddalena Cucchiara e Francesca Vitale, intervistate nella docufiction Io, una giudice popolare al Maxiprocesso, pur tra mille preoccupazioni, non ebbero dubbi su quello che era il dovere di ogni cittadino in quel momento: accettare l’incarico. La loro vita familiare e lavorativa fu stravolta per quasi due anni: ogni mattina lasciavano la loro casa, la loro famiglia, la loro quotidianità per presentarsi in tribunale dove spesso furono costrette ad ascoltare crimini atroci commessi dagli imputati. I fatti raccontati nella docufiction sono realmente accaduti alle giurate Cerniglia, Cucchiara e Vitale. Tutte subirono minacce e intimidazioni. Francesca Vitale insegnava e si occupava della galleria d’arte del marito, che venne distrutta in quei giorni da alcuni malviventi. Teresa Cerniglia era casalinga “una donna libera di fare tutto quello che mi veniva di fare” come racconta lei stessa. E, infine, Maddalena Cucchiara, anche lei casalinga, afferma “improvvisamente è cambiato tutto”. Pur sapendo che rischiavano la vita, nessuna di loro venne meno al proprio dovere. (Fonte: comunicato Stampa Rai)