Cefalù: a Natale la tradizione della “Ninnaredda”

Quest’anno però osserverà le disposizioni ministeriali per contenere la pandemia. Ma ecco cosa dice la tradizione.
A Cefalù la ricorrenza del Natale ha una tradizione musicale fatta anche di canti dialettali. Accanto a quelli della liturgia intonati in chiesa durante le celebrazioni, infatti, a Cefalù, fino agli anni ’50 del secolo scorso, esisteva una tradizione di canti devozionali sul tema del Natale che erano molto sentiti dal popolo. Erano canti simili a nenie che avevano come soggetto la nascita di Gesù. Tra i più noti: lu viaggiu di San Giuseppi, La notti di Natali, Ninu Ninu lu picuraru, La ciaramedda, Sutta un peri, Dormi nun chianciri, Maria lavava, Dormi oh figghiu dormi, Ralligrativi pastura. Appartenevano alla tradizione contadina e per questo narravano la nascita di Gesù inserita in quadri di vita contadina.
A diffondere questi canti pensavano, così come in altre parti della Sicilia, i “ninnariddara” e i “ciaramiddara”. La loro esibizione prendeva il nome di “Ninnaredda” perché si svolgeva sullo stile della ninna nanna che la mamma cantava al bambino per farlo addormentare. I “Ninnariddara” erano suonatori di violino che di mattino ancora al buio giravano per le strade suonando questi canti natalizi. I “Ciaramiddara”, invece, erano dei suonatori di “ciarameddi” (cornamuse) che, in genere, si esibivano, di sera e giravano in coppia con il suonatore di flauto.
A Cefalù, fra la fine di novembre e i primi giorni di gennaio, nelle chiese cittadine si svolgevano celebrazioni liturgiche particolari accompagnate da canti. Dal 29 novembre al 7 dicembre si teneva la novena dell’Immacolata. Si ha notizia che all’inizio del secondo scorso si svolgeva in Cattedrale ma anche nelle chiese di san Giovanni, Immacolatella, Badiola, san Nicolò e Mercede. Dall’11 al 13 dicembre si teneva, invece, il triduo di santa Lucia nella chiesa dell’Addoloratella. Dal 16 al 24 dicembre, infine, si svolgeva la novena di Natale. In questo caso erano due gli appuntamenti: di buon mattino nelle chiese del Purgatorio e in quella dell’Annunziata; la sera, invece, in Cattedrale e nella chiesa dell’Itria e san Giovanni. Si ha notizia che a queste novene prendeva parte un coro che cantava in dialetto alcuni brani della “ninnaredda”.
Accanto alla novena liturgica, che si volgeva in chiesa, tra i cefaludesi era diffusa anche una novena di Natale popolare. Si faceva in presenza di un altarino con un piccolo presepe e durava circa 40 minuti. Si teneva in casa di alcune persone ma anche in prossimità di alcune botteghe. Questa novena si svolgeva in tre momenti. Inizialmente si intonava un canto popolare a Sant’Antonio, poi un altro a San Giuseppe. Seguivano le litanie alla Madonna e ai Santi e si chiudeva il ciaramiddaru con la sua ninnaredda. Si ha notizia di quando alcune botteghe di frutta cefalutane, nel periodo che precedeva Natale, ingaggiavano per la Novena “u ciaramiddaru”, che vestito con costumi da pastore, suonava “i ninnareddi” davanti al Presepe e si fermava davanti alle cappellette addobbate al clima natalizio. Queste nenie natalizie andavano avanti fino a tarda notte. A chiusura la tradizione voleva che il capofamiglia, o il proprietario della bottega, donasse al ninariddaru un dolce ripieno di frutta e fichi secchi.
Con la crisi del mondo contadino anche a Cefalù scompare presto la tradizione popolare della Ninnaredda. Nella seconda metà del secolo scorso la tradizione è stata ripresa grazie alla sensibilità di alcuni musicisti e di persone attende alle tradizioni cittadine. La Ninnaredda si è spostata così sulle strade cittadine grazie ad alcuni gruppi di musicisti che la portano in giro nelle ore serali dei giorni che precedono il Natale. Come in queste sere

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