Il Vescovo di Cefalù consegna la Lettera Pastorale “Non lasciamoli soli” alla comunità diocesana

A conclusione della Liturgia Eucaristica in Cattedrale, il Vescovo ha consegnato la Lettera pastorale alla comunità diocesana.
La lettera pastorale di quest’anno porta il titolo: “Non lasciamoli soli”.

“Vi ho offerto alcune riflessioni – esorta S.E. Rev.ma Mons. Giuseppe Marciante – per approfondire l’ultimo argomento scelto dai tavoli sinodali nel 2018, “Per una Chiesa in ascolto del magistero dei poveri”, per alcuni orientamenti per vivere la dimensione sociale dell’evangelizzazione.

Carissimi, la liturgia di questa domenica ci mette a nudo davanti a Dio. La Sua Parola, come una spada, penetra le profondità della nostra anima e del nostro spirito e ci aiuta così a discernere i sentimenti e i pensieri del cuore.

In modo particolare quel detto di Gesù: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio» (Mt 19,24).

Questa constatazione viene fuori dall’incontro di Gesù con un ricco che aveva molti beni, ma dalla domanda posta, sembra un uomo infelice perché sente un vuoto interiore e il bisogno di una vita da vivere in pienezza.

Gesù ama incontrare gli uomini, ama entrare in relazione, ama comunicare e, attraverso i vari incontri, si rivela ogni volta un aspetto nuovo dell’identità di Gesù e, tramite il dialogo con gli interlocutori, emergono i diversi aspetti dell’animo umano.

Dice l’Evangelista Giovanni: «Egli infatti conosceva quello che c’è nel cuore dell’uomo» (Gv 2,25).

L’uomo ricco è in ricerca della propria identità e, mosso dal desiderio di senso, si prostra davanti a lui, riconosce in Gesù un Maestro eccelso; una persona unica che si distingue per sapienza, intelligenza e bontà. Si fida di questo maestro perché capace di insegnargli la via per ereditare la vita eterna; la vita piena, quella che resite alla morte: «Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».

Ha detto bene ereditare perché questa vita non si può comparare, ma sposta l’attenzione dal fare all’essere. E lo orienta fuori di sé richiamando i comandamenti che riguardano il rapporto con gli altri. L’uomo ricco fa coincidere la propria religiosità con l’osservanza dei comandamenti sin dall’infanzia.

Gesù con uno sguardo penetrante, perché pieno di amore, sonda il cuore di quell’uomo e scopre una povertà interiore impressionante: «una cosa ti manca»; una cosa essenziale che emergerà dopo la proposta radicale di Gesù: «Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

C’è un’uscita da compiere, un’uscita pasquale, un esodo: una liberazione da ciò che determina quel vuoto interiore e cioè l’attaccamento ai beni di cui si potrà liberare solo vendendoli e consegnandoli ai poveri, a chi non ha nulla, affrontando così il rischio dell’amore.

I poveri sono il nostro tesoro in cielo.

Tutta la lettera pastorale è imperniata proprio sul tema dei poveri.

All’uscita corrisponde un movimento di ritorno: «Vieni e seguimi», non più appesantito dal carico delle ingenti ricchezze, ma “Vieni ritorna, libero, e avrai in dono la vita eterna, quella in grado di sopravvivere alla morte e che riempirà il tuo cuore di felicità”.

Dinanzi a questa proposta quell’uomo al pensiero di lasciare i propri beni si rabbuia in volto, somatizza la paura di non avere più sicurezze e si allontana, scompare inghiottito dalla tristezza.

Sente da una parte attrazione per la sequela di Cristo, ma dall’altra sente il peso di quella ricchezza che ormai lo tiene sottomesso e prigioniero.

In un altro passo Gesù l’ha detto: «Non potete servire Dio e la ricchezza (Mammona)» (Lc 16,13).

D’altronde si tratta di sapere in chi riporre la fiducia.

La parola credito infatti deriva da credo: il credito è fede nel denaro.

La ricchezza gli dà sicurezza, seguire Gesù lo espone al rischio. Se avesse seguito Gesù avrebbe percorso l’itinerario sicuro per conoscere la grande povertà interiore che aveva scavato in lui quell’abisso e avrebbe avuto la forza di amare e gustare già il sapore della vita eterna.

Concludo con la preghiera di colletta e vi rimando a tutta la lettera pastorale: leggetela e riflettetela nelle vostre Comunità:

O Dio, nostro Padre, che conosci i sentimenti e i pensieri del cuore,

donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio,

perché, valutando con sapienza i beni di questo mondo,

diventiamo liberi e poveri per il tuo regno. Amen”.

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