Leandro Parlavecchio: la melodia che da Cefalù ha incantato il mondo

Leandro Parlavecchio è una figura di grande spicco nel panorama musicale italiano, noto non solo per la sua straordinaria carriera da musicista, ma anche per la sua presenza carismatica e il suo spirito autodidatta. Nato a Palermo, in un periodo segnato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, Leandro ha saputo unire il suo amore per la musica e la sua formazione accademica, creando un percorso che lo ha portato ad essere un simbolo di passione, resilienza e autenticità. La sua carriera, che spazia dalla musica al cabaret, e la sua grande versatilità lo rendono una figura amata, riconosciuta e apprezzata, non solo in Italia, ma anche all’estero. Ancora oggi, Leandro è ricordato per il celebre tormentone “non ci volevo venire”, che è diventato un cult della pubblicità e della cultura popolare italiana.

Infanzia e giovinezza

Leandro Parlavecchio nasce il 26 settembre 1945, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, a Palermo, una città che sta cercando di rialzarsi dalle macerie del conflitto. Cresce in una famiglia dove la musica è una parte fondamentale della vita quotidiana. Suo padre è un pianista dilettante, sua madre, pur non essendo musicista, condivide un amore incondizionato per l’arte, e la sua zia Linda, una pianista diplomata, diventa un altro importante punto di riferimento nel suo percorso musicale. Sin da piccolo entra in contatto con la musica, non solo ascoltandola, ma anche suonando gli strumenti che trova in casa, in un ambiente in cui l’arte è protagonista.

Palermo, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, è una città che vive un periodo di forte transizione. Sebbene il dopoguerra porti con sé gravi difficoltà economiche e sociali, c’è anche un forte fermento culturale e intellettuale che attraversa l’Italia in quel periodo. Leandro cresce in un contesto sociale e culturale che lo segna profondamente, mentre la sua passione per la musica diventa una costante nella sua vita. La radio, in quegli anni l’unica forma di svago, diventa il suo compagno quotidiano, introducendolo ai suoni e ai ritmi che definiranno la sua identità musicale. L’Italia sta vivendo l’emergere di nuove tendenze culturali, tra cui il rock and roll e la musica pop, che influenzano fortemente la sua formazione musicale.

In questo contesto, Leandro sviluppa un legame molto profondo con la musica. La sua famiglia, pur vivendo in un periodo di incertezze economiche e politiche, si distingue per l’importanza che attribuisce alla cultura e all’arte. Il giovane Leandro ascolta le trasmissioni radiofoniche che trasmettono musica leggera, jazz e i primi esempi di rock and roll, stili che diventano una parte integrante della sua crescita. Questo periodo storico, segnato dalla ricostruzione e da un’intensa voglia di cambiamento, si riflette nella musica che Leandro assimila, una musica che inizia a conoscere non solo attraverso l’ascolto passivo, ma anche sperimentando con gli strumenti che trova in casa.

L’educazione e gli inizi musicali

La passione di Leandro per la musica si manifesta presto, tanto che, pur essendo ancora un adolescente, inizia a suonare la chitarra, uno strumento che impara a utilizzare da autodidatta. Quando frequenta il primo anno di Liceo Scientifico, la sua passione per la musica diventa un elemento fondamentale della sua vita, al punto che forma il suo primo gruppo musicale, “I Titani”, ispirato ai successi dei “Giganti”, una band che ha dominato la scena musicale italiana in quegli anni. Questo è solo l’inizio del suo lungo viaggio musicale. La musica di quei tempi è segnata dalla passione per il “falsetto”, una tecnica vocale che caratterizza band come i Bee Gees, i Dik Dik e l’Equipe 84, e Leandro non tarda a diventare un abile cantante in questo stile.

Nel frattempo, nonostante l’impegno crescente nel gruppo musicale, Leandro non abbandona gli studi. Dopo il Liceo Scientifico, ottiene la Laurea in Architettura, un percorso che segue parallelamente alla sua carriera musicale. La sua formazione accademica e professionale non gli impedisce, tuttavia, di continuare a coltivare la sua passione per la musica, che lo porta a suonare sempre più spesso con diversi gruppi locali. La sua esperienza musicale inizia ad arricchirsi di nuove influenze, mentre la sua voce si affina e la sua presenza scenica si fa sempre più marcata.

La svolta: il contrabbasso e “I Cavernicoli”

Nel 1965, Leandro compie una scelta che segnerà profondamente la sua carriera musicale: decide di acquistare un contrabbasso usato, che trova in vendita in via Marchese di Villabianca a Palermo. Il prezzo di £ 25.000 è una cifra considerevole per l’epoca, ma Leandro è determinato, e grazie al regalo della zia Linda, diventa il proprietario di uno strumento che cambierà la sua vita. Questo acquisto, fatto in modo del tutto spontaneo, segna l’inizio di una nuova fase nella sua carriera. Leandro diventa un contrabbassista autodidatta, imparando a suonare lo strumento in modo del tutto personale, senza seguire lezioni formali, ma sviluppando un suono unico che lo contraddistingue dagli altri musicisti.

La sua passione per il contrabbasso lo porta a stabilirsi a Cefalù, una città che Leandro ha sempre amato, dove entra a far parte del Club “La Caverna”, un luogo che diventa il centro di una vivace attività culturale. In questo club incontra altri musicisti e artisti con cui forma il gruppo “I Cavernicoli”, un ensemble che fonde la musica folk con il cabaret, creando un mix originale e divertente che conquista il pubblico. Il gruppo si esibisce in tutta Italia e anche all’estero, facendo conoscere il suo stile musicale e il suo spirito creativo. I “Cavernicoli” diventano una delle band più apprezzate della scena musicale italiana, e Leandro, insieme agli altri membri del gruppo, porta la musica di Cefalù e di tutta la Sicilia nei teatri e nelle piazze di tutto il paese.

Gli anni di successo e le collaborazioni

Con il passare degli anni, la carriera di Leandro Parlavecchio si consolida. Il suo talento da contrabbassista e la sua voce caratteristica lo portano a collaborare con numerosi artisti e a partecipare a spettacoli televisivi, sia su Rai che su Mediaset. Il suo gruppo musicale, “I Cavernicoli”, diventa un simbolo della musica folk e cabaret dell’epoca, e Leandro si distingue come uno degli artisti più originali e apprezzati in Italia. La sua carriera lo rende un esempio di come la passione e la dedizione possano superare ogni limite e ogni barriera formale.

Nel corso degli anni partecipa anche a film, tra cui il celebre Mario e il mago (1980), tratto da un racconto di Thomas Mann, diretto da Klaus Maria Brandauer, e in Nati Stanchi (2001), dove interpreta il ruolo di un padre. Ma è soprattutto la sua musica a renderlo famoso: il suo tormentone “non ci volevo venire”, creato per una pubblicità del “Caffè Maya”, diventa un vero e proprio cult, un simbolo della cultura popolare italiana che ancora oggi è ricordato.

Vita personale

La vita personale di Leandro Parlavecchio si intreccia inevitabilmente con la sua carriera. Sebbene Leandro sia una figura di spicco nel mondo della musica e del cabaret, egli mantiene una certa riservatezza riguardo alla sua vita privata. La sua carriera, seppur ricca di successi, non è esente da momenti difficili. La morte di due dei suoi compagni di viaggio musicale, Pio Pollicino e Nico Marino, rappresenta un dolore profondo per Leandro, ma lui non si ferma. La sua passione per la musica rimane intatta, e continua a suonare con il gruppo amatoriale “Vanni 36”, portando avanti la sua carriera fino al 2010. Anche se in pensione, il suo amore per la musica e il contrabbasso non cessa mai.

Leandro Parlavecchio lascia un’eredità straordinaria, che non si misura solo in termini di successi professionali, ma anche in termini di passione, autenticità e dedizione. La sua carriera dimostra che la musica può essere un linguaggio universale, capace di superare le barriere e di unire le persone. Leandro non è solo un musicista, ma un esempio di come la passione e l’impegno possano portare a realizzare i sogni, a superare le difficoltà e a lasciare un’impronta indelebile nella cultura di un intero paese. La sua figura rimane un simbolo di come la musica, nonostante tutto, possa essere una costante nella vita di una persona e un mezzo per arricchire le esperienze degli altri.


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