Fra Jachinu: l’eremita polizzano da non dimenticare morto in fama di santità

Fra Jachinu: chi era costui? Per le giovani generazioni di Polizzi Generosa, che oggi celebrano la festa di san Gandolfo, questo nome con molta probabilità non significa niente. Per chi, invece, ancora oggi conserva il ricordo della festa patronale di alcuni anni fa questo nome dice tanto. Racconta la vita di un uomo, basso di statura e gracile nella corporatura, che viveva presso l’eremo di san Gandolfo. Andava in giro con il suo mulo e si sosteneva con le offerte dei tantissimi polizzani che lo volevano bene. La sua figura diventava importante solo in tre momenti dell’anno. A settembre in occasione della festa di san Gandolfo, a maggio quando si teneva l’ultimo mercoledì dedicato al santo Patrono di Polizzi e l’indomani di Pasqua quando nella chiesa di san Nicola si ricordava la morte del santo di Binasco. In questi tre giorni fra Jachinu si faceva vedere da tutti i suoi concittadini. Un quarto momento di festa, tutto polizzano, non sempre si poteva incontrare fra Jachinu a Polizzi. Dipendeva molte volte, infatti, dalle condizioni meteo del tempo. L’11 gennaio, quando Polizzi ricordava l’intercessione di san Gandolfo per uno scampato terremoto, l’eremita polizzano non sempre poteva salire con il suo mulo per fare festa. Restava molte volte nel suo eremo e da lì intercedeva per la sua città con quella preghiera semplice e silenziosa che solo lui conosceva.

Fra Jachinu, per quei polizzani che come me hanno avuto la fortuna di conoscerlo, era una cosa sola con san Gandolfo. Vedevi quest’uomo minuscolo e, quasi senza forza, sempre accanto alla statua del santo di Binasco che veniva custodita presso l’eremo. Il suo vestire diceva tutto: una giacca e un gilet dal colore del saio francescano sul quale teneva sempre appesa una immagine di san Gandolfo. In testa un berretto copricapo anche questo dal colore del saio di Gandolfo. E poi la sua barba che lasciava pensare alla vita di un frate. A settembre nei giorni di festa, fra Jachinu lo vedevi sempre accanto alla statua di san Gandolfo che veniva ospitata alla Matrice presso la cappella del Crocifisso. Non la lasciava mai sola. L’accompagna nella processione e vi si collocava sempre accanto. Per noi ragazzi fra Jachinu e san Gandolfo erano una cosa sola. L’amore per il Patrono, che fra Jachinu portava nel suo cuore, lo leggevi nel suo sorriso. Sapeva sorridere alla vita e lo lasciava trasparire, quelle volte che lo incontravi, dalle poche parole, a volte non sempre facile da capire, che riusciva a pronunciare.

Gli ultimi anni della sua vita, quando la salute non gli consentiva più di stare sempre presso l’eremo, li trascorre in umiltà e solitudine in paese. Ricordo ancora quando un gruppo di giovani abbiamo trascorso con lui il Natale del 1980. Momenti ancora oggi indimenticabili trascorsi accanto ad un uomo che vi posso assicurare era davvero un santo. Già allora stava male e noi, giovani di quegli anni, siamo andati a trovarlo per non fargli trascorrere da solo una delle sue ultime pasque a Polizzi. Ci accolse con il suo solito sorriso pur soffrendo nel suo corpo per la malattia. Con la sua flebile voce più volte ci ringraziò per avere vissuto con lui quei momenti. Dal suo viso ricordo ancora scese anche qualche lacrima di gioia. «E’la prima pasqua della mia vita che festeggio con dei giovani» mi disse quando a sera siamo andati via. Noi, a dire il vero, il ricordo di quella pasqua non lo abbiamo mai dimenticato. Tutti i polizzani che hanno conosciuto fra Jachinu non dimenticheranno la sua presenza.

E lui oggi, festa di san Gandolfo, sono certo che ci guarda dall’alto da dove ora vive. Ci osserva mentre accanto a san Galdolfo invoca Dio per la sua città, quella Polizzi che oggi fa festa per il santo suo patrono. Fra Jachinu ci guarda dalla finestra del cielo e nei nostri ricordi ci fa rivivere i giorni che lo hanno visto camminare fra le strade di questa città. Erano gli anni in cui fra le vie di Polizzi, senza saperlo, camminava un santo umile che dedicava la sua vita alla solitudine della preghiera semplice. Un santo, fra Jachinu, che i polizzani non possono e non devono mai dimenticare. Un uomo, morto in fama di santità, in questi anni forse dimenticato, che ancora oggi ricorda ai suoi concittadini il messaggio di una vita, la sua, spesa nell’umiltà, nella povertà e nella solitudine per rendere più forte la sua preghiera che elevava da quell’eremo, tutti i giorni e tutte le ore, proprio per i concittadini. Non lo diceva a nessuno ma aveva scelto di vivere in quell’eremo perchè voleva rendere più forte la preghiera a Dio per quanti gli vivevano accanto.

Fra Jachinu è il santo del sorriso che invita a camminare nella via dell’umiltà e della condivisione. Un santo moderno per questi tempi che viviamo che invita l’uomo a non dimenticare mai che la vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. In fondo fra Jachinu ancora oggi fa riecheggiare una pagina del vangelo: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?» Lui, fra Jachinu, viveva tutto questo ogni giorno e lo ha testimoniato nella sua vita. Grazie di essere stato fra di noi.

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