Rivolgo un saluto al Ministro della Difesa, al Sottosegretario, al Presidente della Commissione Difesa della Camera, al Capo di Stato Maggiore della Difesa, ai Capi di Stato Maggiore dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma del Carabinieri e della Guardia di Finanza, ai Presidenti delle Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma.
Nella ricorrenza del 77° anniversario della Liberazione – che, dopo gli anni più acuti della pandemia, torniamo a celebrare qui, nel Palazzo del Quirinale – vorrei esprimere il mio sincero apprezzamento per il vostro impegno quotidiano, che contribuisce, in maniera decisiva a non dimenticare quanti hanno lottato per la difesa degli ideali di indipendenza e di libertà. Si tiene così viva la memoria di uno dei periodi più drammatici della nostra storia, e si trasmettono i valori della Resistenza che consentirono la liberazione del nostro Paese dall’oppressione nazifascista.
Il prossimo lunedì – 25 aprile – dopo aver reso omaggio ai caduti all’Altare della Patria, mi recherò ad Acerra, città che fu profondamente segnata dai combattimenti e dalle rappresaglie delle truppe naziste. Da Acerra, idealmente, abbracceremo tutti gli altri luoghi che videro l’eroismo, la sofferenza e, troppo spesso, la morte di quanti si sacrificarono per consegnarci un Paese libero e democratico. Nelle carceri e nei lager, a Cefalonia come a Montelungo.
Ricordiamo la rivolta in armi contro l’oppressore. Rivolta che fu morale, anzitutto – come ha ricordato il Presidente Buscemi – e poi difesa strenua del nostro popolo dalla violenza che veniva scatenata contro di esso.
Il 25 aprile rappresenta la data fondativa della nostra democrazia, oltre che di ricomposizione dell’unità nazionale, come è emerso dalle parole del Presidente della Confederazione Italiana fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane. La ringrazio molto, Presidente Betti, delle sue parole. Una data in cui il popolo e le Forze Alleate liberarono la nostra Patria dal giogo imposto dal nazifascismo. Un popolo in armi per affermare il proprio diritto alla pace dopo la guerra voluta dal regime fascista.
A pagare furono, come non mai, le popolazioni civili, contro le quali, in un tragico e impressionante numero di episodi sanguinosi, si scagliò la brutalità delle rappresaglie.
Fu, quella, una crudele violenza contro l’umanità, con crimini incancellabili nel registro della storia, culminati nella Shoah.
Un’esperienza terribile; che sembra dimenticata, in queste settimane, da chi manifesta disinteresse per le sorti e la libertà delle persone, accantonando valori comuni su cui si era faticosamente costruita, negli ultimi decenni, la pacifica convivenza tra i popoli.
Abbiamo assistito, in queste settimane– con un profondo senso di angoscia – a scene di violenza sui civili, anziani donne e bambini, all’uso di armi che devastano senza discrimine, senza alcuna pietà.
L’attacco violento della Federazione Russa al popolo ucraino non ha alcuna giustificazione, come è emerso dalle parole del Ministro Guerini, poc’anzi. La pretesa di dominare un altro popolo, di invadere uno Stato indipendente, ci riporta alle pagine più buie dell’imperialismo e del colonialismo.
L’incendio appiccato alle regole della comunità internazionale appare devastante; destinato a propagare i suoi effetti se non si riuscisse a fermarlo subito, scongiurando il pericolo del moltiplicarsi, dalla stessa parte, di avventure belliche di cui sarebbe difficile contenere i confini. Per tutte queste ragioni la solidarietà, che va espressa e praticata nei confronti dell’Ucraina, deve essere ferma e coesa.
È possibile che questo comporti alcuni sacrifici. Ma questi avrebbero portata di gran lunga inferiore rispetto a quelli che sarebbe inevitabile subire se quella deriva di aggressività bellica non venisse fermata subito.
Dal “nostro” 25 aprile, nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul nostro territorio, viene un appello alla pace. Alla pace, non ad arrendersi di fronte alla prepotenza. A praticare il coraggio di una de-escalation della violenza, il coraggio di interrompere le ostilità, il coraggio di ritirare le forze di invasione. Il coraggio di ricostruire.
La straordinaria conquista della libertà, costata sacrifici e sangue ai popoli europei – e condivisa per molti decenni – non può essere rimossa né cancellata.
Sappiamo anche che la libertà non è mai acquisita una volta per sempre e che, per essa, occorre sapersi impegnare senza riserve.
Vale ovunque. In Europa, in Italia. Il convinto e incondizionato rifiuto di ogni sopraffazione totalitaria, unitamente alla consapevolezza dell’importanza della democrazia, all’affermazione coraggiosa e intransigente del rispetto della dignità umana, al rifiuto di ogni razzismo, alla fedeltà ai propri ideali, sono i valori che ci sono stati affidati dalla Liberazione; e che avvertiamo di dover trasmettere ai nostri figli, ai nostri nipoti, ai giovani europei perché si scongiuri l’atrocità inescusabile della guerra.
È un compito che ben conoscono le Associazioni che voi rappresentate: quello di creare un collegamento tra le generazioni, per assicurare continuità a quei valori, perché il ricordo e l’esempio non vengano cancellati dal passare del tempo o da improvvisate ricostruzioni che sovrappongono pregiudizi ai fatti.
Lottare contro la sopraffazione, in aperta violazione del diritto internazionale, scongiurare morti ulteriori e sofferenze ulteriori di un popolo aggredito, è una causa comune che ci interpella e ci vede impegnati.
Riflettere sul valore dei diritti dell’uomo, primo fra tutti quello di poter vivere in pace, è il forte messaggio che ci ha consegnato la Resistenza.
Viva la Liberazione, viva la Repubblica, viva l’Italia.