La chiesa di Sant’Orsola in Termini Imerese
L’antica Chiesa di S. Orsola fu edificata su salda roccia, nel quartiere denominato nella seconda metà del XV sec. a ragione, con il toponimo “Rucchiceddi” (Rocchecelle) cioè piccole rocche in cui gran parte delle abitazioni del rione compresa anche la chiesa dell’Annunziata vi ricadono. Percorrendo il quartiere Rocchecelle, popolarmente soprannominato “i rocchi” ovvero (le rocche), si osserva qua e là la presenza di affioramenti più o meno grandi dell’onnipresente roccia dolomitica sulla quale sono costruite la maggior parte degli edifici, tanto che all’interno di molte abitazioni si vede ancor oggi far capolino qualche spuntone roccioso.
Queste caratteristiche rendono particolarmente suggestivo e pittoresco il quartiere
che meriterebbe giustamente una maggiore attenzione per una sua riqualificazione turistica. E’ da rimarcare che nel settore a valle tra Sant’Orsola e l’Annunziata, ancora nel XVI sec., si estendevano ampi spazi verdi chiamati Xilbe (leggi Scilbe) veri e propri giardini o orti in area urbana.
La chiesa di Sant’Orsola, ingloba una delle torri di difesa poste nelle mura che si snodavano lungo il perimetro della Città in età repubblicana e nel medioevo anche se la sua struttura è ancora oggi riconoscibile.
La torre, detta dei Saccàri, prende il nome dall’arabo Sakhra “rocca”
e svolse la sua funzione difensiva fino al 1338 anno in cui la città di Termini Imerese, fu distrutta dall’esercito angioino, mentre alla fine del Trecento con la ricostruzione della cinta muraria ampliata in direzione del mare perse del tutto questa prerogativa. La struttura chiesastica oltre ad inglobare la menzionata torre civica di difesa, ritenuta per tradizione di epoca ellenistica romana anche se attualmente le strutture visibili sono riferibili al tardo medioevo, ha la peculiarità di essere un edificio costituito da due chiese sovrapposte.
La chiesetta inferiore edificata sulla roccia lapidea dolomitica è documentata sin dal XV sec., di dimensioni più modeste si presenta ad aula unica e vi si accedeva anticamente dal quartiere Rocchecelle.
L’altra, quella superiore, innalzata agli inizi del XVI sec. ampliata nel Seicento e affrescata nel Settecento, si presenta a pianta rettangolare coperta da una volta a botte e con cappelle laterali intercomunicanti, tre per ogni navatella. La chiesa superiore è collegata con l’inferiore per mezzo di una scala che vi si accede attraverso un portello.
Il prospetto di Sant’Orsola, sito nell’omonima via, in stile puramente neoclassico e conci in calcarenite, risulta mutilo nella parte superiore. La struttura architettonica religiosa fu la sede della Compagnia di S.Orsola o dell’Orazione della morte, denominata anche dei Neri o dei Negri, per il colore dell’abitino che indossavano gli appartenenti. La Compagnia fondata a Termini il giorno sei febbraio 1569, fu come per le altre, diffuse nel resto dell’Italia, iscritte alla sede di Roma il cui anno di fondazione risaliva al 1538.
Il compito di questa benemerita Congregazione fu, oltre alle raccolte delle elemosine per le funzioni religiose in suffragio dei confrati defunti e la tumulazione degli stessi nella suddetta Chiesa,
anche quello del sostentamento per le vedove e gli orfani in caso di premorte degli appartenenti alla Confraternita. Per volontà della stessa, nel 1796, si decise inoltre che i corpi mummificati, dei confrati defunti, attraverso un complesso processo di conservazione atti a preservarli nel tempo, fossero collocati nella chiesa inferiore che avrebbe assunto in questo modo il carattere di catacomba; l’ambiente adibito a sepoltura, trovasi nella zona sottostante l’abside. Tra le altre inumazioni, degno di nota è la sepoltura gentilizia del sacerdote Vincenzo Gaetano Impallaria, rettore della suddetta chiesa, commissario ordinario del Tribunale del Santo Uffizio, vicario foraneo, protonotaro apostolico e governatore della Cappella del SS. Sacramento della Maggior Chiesa di Termini Imerese.
Il religioso, chiamato popolarmente anche “santu Baddària o Baddàru”,
fu per il popolo Termitano considerato a gran voce morto in odore di santità, essendo stato probo e caritatevole nei confronti dei bisognosi. Nel 1660 la Compagnia dei Neri per l’intervento del sac. Ignazio Barracato e la concessione del frate agostiniano senese, Ambrogio Landucci, ottenne la traslazione a Termini Imerese delle reliquie di Sant’Orsola, i cui resti giacevano custoditi nel cimitero Saturnino di Roma. Sant’Orsola Vergine e Martire è la patrona di Colonia, la sua ricorrenza si celebra il ventuno ottobre.
In Europa il culto risale sino al secolo VIII,
mentre in Italia, la devozione verso la santa comincia intorno al XIV secolo. Nel Trecento i venditori di stoffe la elessero loro protettrice, dedicandole chiese ed altari. Attualmente a Lei ricorrono maestre, giovani ed ustionati, inoltre viene invocata per assicurarsi un buon matrimonio o la buona morte. Nell’iconografia viene rappresentata in abiti regali e con i simboli del martirio: la freccia che la trafisse e la palma, attributo iconografico tipico dei santi martirizzati.
La Santa è attorniata da una schiera di Vergini che furono sacrificate insieme a lei. Altro attributo iconografico di Sant’Orsola è dato dalla bandiera a coda di rondine con la croce di San Giorgio.
L’edificio sacro racchiude nel suo interno preziose testimonianze d’arte: stucchi, dorature, affreschi, dipinti policromi, reliquiari, iscrizioni funerarie e acquasantiere. Gli affreschi del coro e della navata centrale unitamente alle tele che arricchiscono l’edificio sacro, sono le raffigurazioni di maggiore pregio. I valenti artisti che resero alla chiesa di Sant’Orsola la loro opera espressiva furono: il palermitano Rosario Vesco (1714 c., 1767), noto per aver affrescato la volta e parte dell’abside con scene pittoriche. Don Alessio Geraci, pittore e decoratore, allievo di Vito D’Anna da cui imparò i segreti dell’affresco.
L’artista Tommaso Pollaci (1748-1831 c.) a cui si attribuisce il dipinto “Madonna del Rosario e Santi” datato 1782 ed infine Mattia Preti (1613 – 1699) il più grande pittore meridionale della seconda metà del Seicento detto il “Cavalier Calabrese” alla cui paternità viene riferita la tela del “San Benedetto che esorcizza un confratello”; attribuzione recentemente ribadita da Antonio Cuccia nel suo documentato studio (1) Questo studioso ha infatti rilevato stringenti analogie tra la tela in Sant’Orsola e la produzione autografa di questo artista.
Note:
(1) Antonio Cuccia, La pittura del Seicento a Termini Imerese e nel suo territorio, Bollettino d’Arte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali”, n. 143, gennaio-marzo 2008.
Bibliografia e sitografia:
Antonio Contino, Salvatore Mantia, “La chiesa di S. Orsola e le Rocchecelle in Termini Imerese” (edizioni GASM, 2001, 56 pp).
Giuseppe Longo, Ciclo delle conferenze dedicate a Giuseppe Patiri 13º incontro: Salvaguardia e fruizione della Chiesa di Sant’Orsola in Termini Imerese”, 17 giugno 2021.
https://it.wikipedia.org/wiki/Sant%27Orsola
Foto a corredo dell’articolo: Chiesa di S. Orsola Vergine e Martire, volta della navata centrale
Giuseppe Longo