Prima Guerra Mondiale: affondamento della corazzata Leonardo da Vinci

Prima Guerra Mondiale: affondamento della corazzata Leonardo da Vinci
La sera del 2 agosto 1916 la Regia nave da battaglia “Leonardo da Vinci”, all’ormeggio nel Mar Piccolo di Taranto, dopo una serie di tremende esplosioni a bordo che ne provocarono un violento e devastante incendio, inesorabilmente si inclinava fino al totale ribaltamento, affondando. Inefficaci furono i tentativi da parte dell’equipaggio di arrestare le fiamme, e invano fu anche la manovra di schiudere le paratie, al fine di allagare il deposito degli esplosivi.
In realtà l’equipaggio, alcune ore prima del tramonto, aveva terminato di imbarcare le munizioni per l’esercitazione di tiro con i cannoni da 305, prevista per il giorno successivo.
Nel Mar Piccolo, oltre alla “Leonardo da Vinci” al comando del capitano di vascello Galeazzo Sommi Picenardi, erano ancorate anche le altre due unità gemelle, le corazzate “Conte di Cavour”, e “Giulio Cesare”.
Le tre unità furono progettate dal generale del Genio Navale Edoardo Masdea e appartenevano alla classe Conte di Cavour, esse facevano parte della 1ª Divisione della 1ª Squadra da battaglia. Nell’incendio doloso perirono 248 uomini tra ufficiali e subalterni. Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco di parlarci di quanto accadde a Taranto, quella tragica sera di centootto anni fa.

«La corazzata “Leonardo da Vinci”, consegnata alla Regia Marina dai Cantieri Odero di Genova il 17 maggio del 1914,

dislocava a pieno carico 24677t, era lunga ft 176m larga 28 e pescava 9.4m; era circondata da una cintura corazzata spessa 280mm al centro nave che si assottigliava raggiungendo i 130mm verso poppa e gli 80 verso prua, la protezione verticale variava da 40 ai 24mm, la corazzatura dei torrioni raggiungeva i 280mm; l’armamento principale era composto da 13 cannoni da 305/46 sistemati in 5 torri, poste 2 a prua, una trinata e una binata, una trinata al centro ed ancora 2, una trinata e una binata a poppa;
l’armamento secondario era composto da 18 cannoni da 120/50 posizionati in batteria 9 per fianco, protetti da una cintura corazzata di 130mm; come armamento antisiluranti disponeva di 16 cannoni da 76/50, terminavano l’armamento 3 tubi lancia siluri. Questa classe di corazzate furono le prime costruite dalla Regia Marina senza lo sperone.

L’apparato motore era composto da 20 caldaie (12 a combustione mista e 8 a nafta)

che alimentavano tre gruppi di turbine Parson che trasmettevano alle 4 eliche una potenza di 32800CV pari ad una velocità di 21.6 nodi; l’autonomia era di 4800mg a 10 nodi; l’equipaggio era formato da 31 ufficiali e 969 sottufficiali, sottocapi e comuni.
La nave fu inizialmente basata a La Spezia, dove assieme al “Dante Alighieri” ed alla gemella “Giulio Cesare” formò la prima squadra navale. Con l’approssimarsi dell’entrata in guerra, venne dislocata a Taranto, entrando a far parte della 1^ divisione.

Il giorno 2 agosto, la nave ormeggiata all’interno del Mar Piccolo, effettuò operazioni di munizionamento, in vista di un’esercitazione di tiro che doveva svolgersi il giorno dopo. Alle 23.00 venne avvertita una lieve vibrazione nella zona poppiera contemporaneamente alla fuoriuscita di fumo da un condotto di aereazione in prossimità di un elevatore dei proiettili da 120. Il comandante C.V., Galeazzo Sommi Picenardi, fece rapidamente mettere in atto tutte le misure antincendio compreso l’allagamento delle santebarbare poppiere, ma cercò di controllare la situazione con i propri mezzi.

Qualche tempo prima un caso analogo era accaduto a bordo di un’altra unità, il suo comandante aveva prontamente chiesto aiuto ad altre unità salvo poi risolvere il problema con i propri mezzi,

per questo era stato ufficialmente ripreso dal comandante in capo della flotta Luigi Amedeo di Savoia-Aosta Duca Degli Abruzzi, memore di questo il comandante Sommi Picenardi, cercò di controllare l’incendio senza diramare l’allarme, ma ormai questo era fuori controllo, si susseguivano le esplosioni di proiettili di piccolo calibro, mentre la nave era invasa dal fumo, l’incendio raggiunse le riservette di pronto impiego sotto le torri principali poppiere, alle 23.30 circa avvenne l’esplosione delle suddette cariche, che provocarono grandi falle su entrambi i lati della nave che iniziò ad appopparsi e inclinarsi sulla sinistra.
Fintanto che alle 23.45 la nave si capovolse ed affondò, causando la morte di 21 ufficiali, compreso il comandante che morì 2 giorni dopo in ospedale per le ustioni riportate e 227 uomini dell’equipaggio.

L’inchiesta che seguì l’affondamento, dopo aver analizzato i fatti giunse alla conclusione che si trattava di un incendio doloso.

Subito dopo l’affondamento, si iniziarono le operazioni di recupero, la nave fu messa in pressione e si iniziò il recupero delle munizioni, lavorare all’interno della nave in pressione era snervante, i locali erano bui, con temperature che si avvicinavano ai 40° con un tasso di umidità altissimo e un costante pericolo di esplosione.
Poi furono staccate le torri principali e tutte le sovrastrutture, si costruirono poi dei grandi cilindri che furono collegati alla nave, il 5 agosto del 1919, uno dei palombari che lavorava intorno alla nave, ritrovò il cofano che conteneva la Bandiera di combattimento, e che oggi si trova al sacrario delle bandiere presso il Vittoriale. il 19 settembre del 1919 la nave fu riportata a galla e immessa in bacino per ulteriori lavori, nel gennaio del 1921, la nave fu portata fuori dal bacino ed in uno specchio d’acqua appositamente predisposto, con l’ausilio di 1500t di catene e più di 800t di acqua fu raddrizzata, dopo un’attenta valutazione dei costi di ricostruzione, la nave fu venduta per la demolizione nel maggio 1923».

Bibliografia e sitografia:

Franco Favre, La Marina nella grande guerra, Gaspari, 2008.
Orio Di Brazzano, La grande guerra nel mare Adriatico, Luglio Editore, 2011.
Lucio Martino, La grande Guerra in Adriatico, Il Cerchio, 2014.
Foto a corredo dell’articolo: Corazzata “Leonardo da Vinci” tratta dal sito: www.naviearmatori.net
www.marina.difesa.it

Giuseppe Longo

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