Myra Martino Maggiore (nata Casimira Maria Angelina Martino) è una poetessa, scrittrice e figura culturale siciliana che lascia un’impronta duratura nella letteratura regionale e un impatto emotivo forte in chi la conosce. La sua vita, che si estende per oltre un secolo, attraversa cambiamenti storici, politici e sociali. Nonostante il suo nome non sia ampiamente noto al di fuori dei confini siciliani, la sua opera e la sua figura hanno un impatto profondo su coloro che l’hanno conosciuta e su una generazione di lettori che trova nelle sue liriche e riflessioni una voce unica e potente. Myra è una figura che ha vissuto intensamente, pur restando appartata e lontana dai riflettori, dedicandosi con passione alla scrittura e alla sua famiglia. La sua produzione letteraria, composta principalmente da poesie e racconti, esplora temi di solitudine, amore, natura e riflessioni sulla vita, diventando così una testimonianza di un’epoca e un lascito universale di emozioni e pensieri.
Myra nasce a Cefalù il 15 gennaio 1905, in una famiglia che, pur provenendo da una classe sociale benestante, è profondamente legata alla cultura e alla tradizione. Suo padre, Salvatore Martino, un possidente rispettato, e sua madre, Salvatrice Agnello, una donna colta e amante della poesia, trasmettono a Myra fin da giovane un amore per la cultura e la bellezza. La madre, in particolare, appassionata di poesia, contribuisce a coltivare in Myra il seme della passione letteraria, un’eredità che la giovane poetessa sviluppa e porta con sé lungo tutta la sua esistenza. Sebbene la Sicilia di inizio Novecento sia ancora profondamente legata a tradizioni patriarcali, Myra riesce a forgiarsi un percorso di istruzione che la distingue da molte delle sue coetanee.
Nel 1916, a soli 12 anni, Myra entra nel “Reale Educatorio Maria Adelaide” di Palermo, una scuola d’élite riservata alle figlie delle famiglie aristocratiche siciliane. La scelta di essere inviata in collegio è piuttosto insolita per una ragazza di quell’epoca, ma il lascito di un avo che aveva destinato dei fondi esclusivamente per l’educazione delle nipoti permette a Myra di proseguire gli studi. Il collegio, oltre alle tradizionali materie liceali, offre anche un’educazione sul comportamento sociale, l’etichetta e la musica. Questo ambiente nobiliare, che ospita le giovani di famiglie di alto lignaggio, segna un periodo significativo della vita di Myra, che stringe amicizie destinate a durare tutta la vita. Tra le sue compagne di collegio, oltre a figure dell’aristocrazia palermitana, si trova anche Orghia Kimesh, figlia dell’allora futuro imperatore d’Etiopia, Hailé Selassié, che diventa una delle amiche più care della sua giovinezza. Queste connessioni con il mondo dell’aristocrazia palermitana contribuiscono a formare il suo approccio culturale e sociale, arricchendo la sua esperienza e il suo sguardo verso il mondo.
Il matrimonio e la maternità: le prove della vita
Nel 1922 lascia il collegio e inizia il suo cammino nel mondo degli adulti, ma le difficoltà non tardano ad arrivare. Sebbene la sua educazione le abbia fornito una solida preparazione intellettuale, Myra si trova a confrontarsi con la realtà di una società che le impone ruoli rigidamente definiti per le donne. La sua salute fragile e la sua personalità sensibile la rendono particolarmente vulnerabile alle convenzioni sociali, che sembrano troppo strette per la sua natura introversa e riflessiva. Nonostante la sua avversione verso il matrimonio, una istituzione che vede come una costrizione piuttosto che come un’opportunità, nel 1936 sposa Antonino Maggiore, un medico della sua città natale, Cefalù. Questo matrimonio, pur in parte dettato dalle circostanze e dalla speranza che un legame con un medico possa alleviare la sua sensibilità e fragilità, diventa un punto di svolta nella sua vita, portandola a vivere la maternità. Da questa unione nascono tre figli: Giuseppe (Pippo), Maria Ausiliatrice (Mariella) e Serena. Nonostante l’apparente serenità che il matrimonio e la maternità potrebbero suggerire, Myra è segnata da una profonda tristezza e una continua lotta interiore.
Il dolore più grande della sua vita arriva quando perde il suo terzo figlio, Salvatore, che muore a soli 14 mesi. La perdita di un figlio così giovane diventa un peso che porta con sé per il resto della sua vita, un dolore che non riesce mai a dimenticare. Nonostante questo enorme lutto, non cerca conforto nel mondo esterno, ma si rifugia nella sua scrittura. È in questo momento che inizia a scrivere un diario che raccoglie tutte le sue sensazioni e i suoi ricordi legati alla morte del figlio. Sebbene non abbia mai voluto pubblicarlo, questo diario rappresenta una delle opere più intime e private della sua vita. Scrive a lungo, tenendo traccia della sua sofferenza, ma allo stesso tempo cercando di trovare un senso nel dolore, una via per dare un significato a un evento che, come tutti i genitori sanno, è devastante. La morte di Salvatore diventa un punto di non ritorno per Myra, che vive il resto della sua esistenza in un stato di malinconia, spesso distante dalla frenesia e dalla superficialità del mondo che la circonda.
La scrittura come rifugio e come espressione dell’anima
Nonostante la tristezza che permea la sua vita, Myra non smette mai di scrivere. La sua passione per la letteratura è innata e si manifesta fin dalla giovinezza. Le sue prime composizioni poetiche risentono degli influssi della sua educazione classica, ma con il passare del tempo sviluppa uno stile personale, intimista e introspettivo, che diventa sempre più il riflesso della sua visione del mondo e delle sue esperienze personali. La scrittura diventa il suo rifugio, il luogo in cui la poetessa può dare voce alle sue emozioni, ai suoi pensieri e alle sue riflessioni più intime.
Nel 1984 pubblica il suo primo libro di poesie, Mare di grano, seguito da Oro della sera e Riverberi. Le sue opere esplorano temi universali come l’amore, la morte, la solitudine e la natura, ma lo fanno sempre attraverso una lente personale e profonda. La poesia “Rete di ragno”, inclusa nel volume Mare di grano, è un esempio del suo stile delicato e meditativo. In questa poesia, la scrittrice esprime il desiderio di nascondersi dal mondo, di proteggersi come intrappolata in una tela invisibile, lontano da sguardi giudicanti. La poetessa riflette sulla sua solitudine come un rifugio per l’anima, un posto dove poter dare sfogo alle sue emozioni senza il giudizio degli altri. Le sue liriche, a tratti dolenti e a tratti serene, sono il testamento di un’anima sensibile che fa della scrittura il suo strumento per dare voce a un mondo interiore complesso e stratificato.
Il suo impegno culturale e l’eredità letteraria
Nonostante la sua natura introversa e la sua propensione a vivere lontano dai riflettori, Myra ha un impatto culturale significativo, soprattutto nell’ambito della letteratura siciliana. Le sue poesie vengono pubblicate su numerosi giornali locali, tra cui Il Corriere delle Madonie, e alcune delle sue liriche diventano oggetto di studio nelle scuole medie siciliane. Sebbene non cerchi il successo commerciale o il riconoscimento a livello nazionale, la sua opera trova un pubblico affezionato e devoto, soprattutto in Sicilia. La sua produzione poetica, ricca di temi universali e profondamente umani, continua a essere letta e apprezzata da chi cerca una riflessione intima sulla vita e sulle sue contraddizioni.
Anche se il suo nome non entra nella storia della letteratura italiana come quello di altri scrittori siciliani, la sua eredità rimane vitale nella sua comunità. Lascia un segno indelebile nel cuore dei suoi lettori, che trovano nelle sue parole una consolazione e una compagnia. Le sue riflessioni sull’amore, sul matrimonio e sulla solitudine sono esempi di una profondità che solo i grandi scrittori riescono a raggiungere. La sua sincerità e la sua capacità di parlare della vita con una voce pura e autentica le garantiscono il rispetto di chi ha avuto il privilegio di conoscere la sua opera.
Una vita di bellezza e dolore
La morte di Myra Martino Maggiore, avvenuta nel 2010 a 105 anni, segna la fine di una vita lunga, ma anche quella di una figura che ha contribuito a conservare la bellezza e la cultura della Sicilia, pur lontana dalle luci della ribalta. Il suo lascito letterario continua a vivere attraverso i suoi scritti, che rimangono testimoni di una sensibilità rara, capace di afferrare l’essenza più profonda della condizione umana. La sua vita, segnata da eventi dolorosi, ma anche dalla ricerca della bellezza nella poesia e nella musica, rimane un esempio di come l’arte possa essere un rifugio, una cura e una fonte inesauribile di forza interiore. La sua eredità, pur rimanendo strettamente legata alla sua terra, si estende a chiunque sia in grado di apprezzare la profondità e la sincerità di un’autrice che ha saputo guardare dentro se stessa per scrivere poesie che parlano a tutti.