Ascensione del Signore. Nella Parrocchie dei Cefalù le Prime Comunioni

Nel quarantesimo giorno dopo la risurrezione, la Chiesa celebra con maestosa solennità il mistero dell’Ascensione del Signore Gesù Cristo al cielo: “E fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (At 1,9). Questo evento, che segna la conclusione della presenza visibile del Verbo incarnato sulla terra, è in realtà l’apertura di una nuova modalità di presenza, più intima, più universale, più feconda.
Nelle Parrocchie cittadine, come ad esempio allo Spirito Santo allo Spinito, nella Messa della Mattina, si Celebrano le Prime Comunioni.

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Cristo sale al cielo non per allontanarsi da noi, ma per preparare un posto per noi (cfr. Gv 14,2) e perché, come afferma sant’Agostino, “il capo preceda perché anche le membra confidino di seguirlo” (In Ioannis Evangelium Tractatus, 78,3). L’Ascensione è il sigillo della nostra speranza: in Cristo asceso è la nostra umanità glorificata, è la carne redenta che entra nella gloria divina.

San Leone Magno, con la sua inconfondibile eloquenza pastorale, afferma: “La nostra umanità, innalzata sopra le schiere degli angeli, è seduta ormai alla destra del Padre nella persona di Cristo” (Sermo 73,4). E continua: “Quella che era la nostra misera condizione, è ora esaltata in Cristo oltre ogni potenza celeste”.

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L’Ascensione non è solo un evento glorioso, ma anche un appello alla responsabilità ecclesiale. Come scrive l’evangelista Luca, mentre i discepoli fissano il cielo, due uomini in bianche vesti li ammoniscono: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” (At 1,11). È una chiamata al dinamismo missionario, alla testimonianza concreta nel mondo.

Sant’Ambrogio, nel suo Commento al Salmo 118, scrive: “Cristo sale, e con lui sale il nostro cuore; Cristo è la nostra via, e noi non possiamo esitare. Dobbiamo seguirlo non solo con il pensiero, ma con le opere”. L’Ascensione è dunque una pedagogia spirituale: distogliere lo sguardo dal puro sensibile per elevare l’anima verso il cielo, e con ciò diventare testimoni nel mondo dell’amore che salva.

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L’Ascensione prepara la discesa dello Spirito Santo, che darà inizio alla missione universale della Chiesa. Come dice san Cirillo di Gerusalemme, “Cristo è salito, e lo Spirito è disceso: uno si è ritirato secondo la carne, l’altro si è effuso nella potenza” (Catechesi 17,1). Il cielo che si apre non è un’assenza, ma una promessa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).

Lì, alla destra del Padre, Cristo intercede per noi come eterno Sommo Sacerdote (cfr. Eb 7,25), rendendo efficace ogni preghiera, ogni sacrificio, ogni atto di carità compiuto nel suo nome.

𝑪𝒐𝒏𝒄𝒍𝒖𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆: 𝑳𝒂 𝑮𝒍𝒐𝒓𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝑼𝒎𝒂𝒏𝒊𝒕à 𝑹𝒆𝒅𝒆𝒏𝒕𝒂

L’Ascensione non è un epilogo, ma una soglia. Non è un addio, ma un inizio. Cristo è salito perché noi possiamo scendere con coraggio nel cuore del mondo, portando il Vangelo della speranza. Il cielo che ha accolto il Figlio dell’uomo attende ora, in Lui, ciascuno di noi. La liturgia di questo giorno non parla solo della gloria di Dio, ma anche della nostra destinazione eterna.

Come canta la Chiesa nell’antifona del Magnificat dei Vespri dell’Ascensione: “O Rex gloriae, Domine virtutum, qui triumphator hodie super omnes caelos ascendisti, ne derelinquas nos orphanos, sed mitte promissum Patris in nos, Spiritum veritatis.”

O Re della gloria, ascendi, ma non abbandonarci: guida il tuo popolo pellegrino verso il compimento, nella luce senza tramonto della tua presenza gloriosa.

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