Pubblichiamo l’intervento tenuto il 10 dicembre presso il Teatro Comunale di Cefalù dal Prof. Liborio Asciutto, Assistente Ecclesiastico del MASCI, in occasione della commemorazione del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani.
In questa sede sarebbe stato interessante far conoscere qual è la posizione delle tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islam) nei confronti dei diritti umani. Ma evidentemente occorreva molto più tempo di quanto consentito in questo incontro. Anche limitarsi al solo cristianesimo sarebbe stato molto interessante, ma tra le numerose chiese e comunità cristiane sparse per il mondo le concezioni al riguardo sono molto differenziate e vanno da un estremo all’altro delle possibili posizioni. Nel mio intervento mi limiterò pertanto, e in modo abbastanza semplificato, alla Chiesa cattolica.
Nel 1989 mi trovavo in gita a Parigi e per caso sono entrato in una chiesa nella quale erano esposti dei pannelli di una mostra il cui titolo era press’a poco questo: “Dal 1789 al 1989: i diritti umani sono cristiani?”. Chiaramente la prima data si riferiva all’anno in cui, proprio all’inizio della Rivoluzione francese, venivano solennemente proclamati per la prima volta “I diritti dell’uomo e del cittadino”. Il contesto era quello della forte e violenta contrapposizione nei confronti dei vari regimi assolutistici, compresa la Chiesa cattolica, i quali evidentemente li avversavano con forza. La seconda data, 1989, si riferiva invece ai 200 anni da quell’evento: due secoli nei quali, specie dopo il Concilio Vaticano II, le cose sono molto cambiate. In questo mio intervento cercherò di mettere in luce il cammino percorso che ha consentito di passare da un netto rifiuto a un’ampia accettazione dei diritti umani da parte della Chiesa cattolica. Ed era in un certo senso quello che la mostra di Parigi intendeva evidenziare.
Ma anzitutto una domanda: i diritti umani, soprattutto nella formulazione data 70 anni fa dall’ONU con la Dichiarazione che oggi vogliamo ricordare in modo particolare, sono in sintonia con i valori proclamati dal Vangelo? Se rileggiamo senza preconcetti il Nuovo Testamento e soprattutto i tre Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) possiamo benissimo notare che, ad esempio, il trinomio di libertà-uguaglianza-fraternità trova un’ampia consonanza con essi, pur senza le elaborazioni giuridiche che oggi conosciamo. La prima comunità che si riunisce attorno a Gesù e quelle che sorgono agli albori del cristianesimo sono caratterizzate proprio da un forte senso dell’uguaglianza fraterna e della libertà ad esempio nei confronti delle prescrizioni della legge mosaica. Anzi è proprio questa forte affermazione della libertà che spiega in un certo modo la condanna a morte di Gesù da parte delle autorità ebraiche e le persecuzioni nei confronti delle prime comunità da parte del giudaismo. Purtroppo sappiamo (e non possiamo dilungarci su ciò) come nel corso dei secoli seguenti la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente, entrambe legate alle vicende dell’Impero romano e agli sviluppi del feudalesimo, si dotarono di strutture giuridiche sempre più rigide e complesse, che ormai lasciavano ben poco spazio alla libertà e all’uguaglianza fraterna dei fedeli. E’ così che per secoli l’insegnamento della Chiesa, più che accennare ai ‘diritti’, si concentrava esclusivamente sui ‘doveri’: verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo.
Dobbiamo pertanto fare un salto di oltre quindici secoli durante i quali non si può certo parlare di diritti umani, anzi: pensiamo all’accettazione della schiavitù, al Tribunale dell’Inquisizione, a come venivano considerate le popolazioni delle quali si era venuti a conoscenza dopo la scoperta delle Americhe e le esplorazioni geografiche e coloniali in Oriente. E’ solo alla fine del ‘600 e poi durante il XVIII secolo (il ‘secolo dei lumi’) che con l’illuminismo si propongono le idee filosofiche che affermano con forza i diritti dell’uomo, a prescindere dalla condizione sociale, statale o religiosa. Tali idee si traducono in norme giuridiche con la Rivoluzione francese, ai cui inizi si colloca la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 26 agosto 1789, redatta sul modello americano e che si può giustamente considerare la grande Carta della democrazia moderna. Questa dichiarazione avanza una pretesa universalmente umana molto al di là degli interessi di classe della borghesia. Anzi, molto al di là della fondazione dello stato nazionale francese, viene qui formulato il programma di una missione dell’umanità. Forse non tutti sanno che anche nella proclamazione dei diritti dell’uomo e del cittadino hanno arrecato un contributo decisivo alcuni ecclesiastici cattolici. Nell’assemblea nazionale francese, infatti, c’era chi chiedeva di porre tale dichiarazione sotto l’intestazione ‘nel nome di Dio’. Ma parlare del ‘supremo legislatore dell’universo’ ad alcuni sembrava troppo, e d’altra parte parlare soltanto della ‘natura’ sembrava troppo poco ad altri. Così ci si mise d’accordo sulla formula ‘al cospetto e sotto gli auspici dell’Essere Supremo’.
Sappiamo come tale Dichiarazione venne promulgata nel corso della Rivoluzione francese che si caratterizzò per la violenza distruttrice nei confronti dello Stato dell’Ancien Régime, ma anche della Chiesa francese, della quale veniva abolita la struttura assolutistica mediante la Costituzione civile del clero. I beni ecclesiastici furono dichiarati proprietà nazionale; i conventi e gli ordini religiosi vennero sciolti e i voti monastici dichiarati invalidi e vietati; innumerevoli sacerdoti e fedeli furono espulsi o addirittura giustiziati. La risposta della Chiesa di Roma non si fece attendere: il 10 marzo 1791 il papa Pio VI dichiarò invalida la Costituzione civile e respinse ‘la detestabile filosofia dei diritti umani’ (libertà di religione, di coscienza e di stampa, e l’uguaglianza di tutti gli uomini). Tale atteggiamento di forte contrapposizione continuò per tutto il XIX secolo e, possiamo dire, fino alla metà del XX secolo. Di tale periodo, nel quale numerose furono le prese di posizione contro i diritti umani, ci limitiamo a ricordare il Syllabus errorum modernorum (Raccolta degli errori moderni)pubblicato nel 1864 da PioIX, seguito dall’Indice dei libri proibiti per i cattolici, che condannava in blocco tutti gli esponenti del pensiero moderno. Solo con il pontificato di Giovanni XXIII e soprattutto con l’evento decisivo del Concilio Vaticano II (1962-1965) cambia l’atteggiamento nei confronti dei diritti umani: non più realtà da combattere, ma elementi fondamentali di una morale incentrata sul rispetto della persona umana.
A livello di dichiarazioni ufficiali della Chiesa cattolica il cambiamento è radicale: il Concilio dedica una Dichiarazione alla Libertà religiosa, dove tra l’altro si afferma che: “Tutelare e promuovere gli inviolabili diritti dell’uomo è dovere essenziale di ogni potestà civile” (n. 6 b) e si condanna ogni forma di coercizione nell’ambito della vita religiosa delle persone. Ma è soprattutto nella Costituzione Gaudium et spes su ‘La Chiesa e il mondo contemporaneo’ che si dispiega in pieno la nuova visione che ha quali suoi punti focali il valore della persona umana e la ricerca a tutti i livelli del bene comune. Mi limito soltanto a due brevi citazioni tra le tante che se ne potrebbero fare.
Il n. 26 b: “Oggi cresce la coscienza della esimia dignità della persona umana, superiore a tutte le cose, e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili. Occorre, per ciò, che siano rese accessibili all’uomo tutte quelle cose che sono necessarie a condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito, l’abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare una famiglia, all’educazione, al lavoro, al buon nome, al rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla giusta libertà anche in campo religioso”. Ancora il n. 29: “Ogni genere di discriminazione nei diritti fondamentali della persona, sia in campo sociale che culturale, in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o religione, deve essere superato ed eliminato, come contrario al disegno di Dio”.
Tutto bene allora? Io credo che, nonostante questo radicale capovolgimento di fronte, la situazione lasci intravvedere luci e ombre. Se dal Vaticano II in poi sono innumerevoli i pronunciamenti ufficiali (basti ricordare quelli di Giovanni Paolo II e di Papa Francesco) a sostegno dei diritti umani a tutti i livelli, il loro rispetto all’interno della Chiesa lascia ancora a desiderare. Pensiamo ai numerosissimi teologi (soprattutto esponenti della Teologia della liberazione o delle teologie extraeuropee) messi sotto processo, in molti casi, senza alcuna effettiva tutela del diritto di difesa. Pensiamo alla forte struttura eurocentrica della Chiesa cattolica, che Papa Francesco si sforza di smantellare. Ma pensiamo soprattutto al punctum dolens costituito dalla posizione della donna nella Chiesa: posizione assolutamente subordinata, che non consente alcun accesso ai servizi ecclesiali basati sull’ordine sacro né alle effettive responsabilità decisionali all’interno della Chiesa.
Da credente auspico che la Chiesa sappia farsi sempre più ‘voce di chi non ha voce’ per chi subisce la privazione dei più elementari diritti per una vita dignitosamente umana. E auspico vivamente che tali diritti umani, che come ho detto sono in piena sintonia con i valori riscontrabili nel Vangelo, trovino piena concretizzazione nel complesso della realtà ecclesiale cattolica. Auspicio che non deve rimanere solo un vago desiderio ma deve coniugarsi con l’impegno a lottare perché tutto ciò trovi piena attuazione.