C’è una stanzetta piccola così,con una porticina tutta sgangherata e una donnina piccola così, con due occhi grandi per guardare. Pensando a Maruzza mi sovvengono le parole della bella canzone di Lucio Dalla. Maruzza, la piccola donna conosciuta dai cefaludesi che abitava, in un piccolo vano al numero civico 9 di Via Nicola Botta, un piccolo vano ora abbandonato a piano terra. C’era sino al 1960 circa una porticina sempre aperta di fronte la casa Agnello di Ramata. Nell’interno, buio di giorno e con una debole luce la sera, s’intravedeva la figurina anch’essa scura per il vestito nero, i capelli neri senza un filo bianco ed un visino magro che poteva sembrare appassito, di un’indefinibile età e dall’apparenza triste, debole ma che nascondeva invece una forza d’animo ed altre qualità non indifferenti. Maruzza era un punto fermo, un granellino di roccia sempre vigile e pronta ad aiutare. Tu non la vedevi ma lei ti vedeva, non sapevi ma lei di te sapeva tutto ma non per i superficiali pettegolezzi.
Maruzza ti leggeva dentro, capiva se eri contenta o triste. Lontana dalla maldicenza, dai falsi moralismi, la sua generosità non esigeva compensi. Così appariva Maruzza ai miei occhi ed io, forestiera, mi aprivo a lei con fiducia. Una volta la volli ritrarre senza costringerla a mettersi in posa. Ora il piccolo quadro ad olio è prezioso agli occhi dei miei figli che la ricordano con tanta simpatia. Quella porta ora è sigillata e chiusa, manca anche lo stuolo dei gatti che facevano sentinella ben pasciuti e fiduciosi delle sue cure. La sua morte mi sfuggì di mano. Io distratta non chiesi notizie di lei, ma sicuramente è tra i ricordi giovanili della mia vita.
Laura Frezza