Dov’è il calcio? E’ questo quello che si domandano i senatori del ASD Polisportiva Castelbuono, squadra che lotta per la salvezza nel girone A del campionato di Eccellenza. Il capitano, giocatore di grande esperienza, Tindaro Calabrese, con un post scritto e firmato dagli altri senatori della squadra, spiega i problemi che al momento percorrono la squadra madonita. Parole molto dure che sottolineano come la società, al momento, non abbia mantenuto le promesse fatte ad inizio campionato:
C’era una volta il calcio. Forse c’è ancora, sicuramente non a Castelbuono, non all’Asd Polisportiva Castelbuono. Spesso si sente dire “questo non è il calcio che sognavamo da bambini”. Qualcuno potrebbe pensare ad ambizioni ed aspettative enormi rimaste nel mondo delle idee. No, il calcio che sognavamo da bambini non era necessariamente la Serie A. Era un calcio pulito, che vedeva due squadre scendere in campo ad affrontarsi. 11 contro 11, due maglie diverse, stessi valori. A Castelbuono non ci permettono questo. Non ci permettono più di svolgere il nostro lavoro con tranquillità e professionalità. Già, perché a Castelbuono, dopo aver sopportato qualsiasi tipo di angheria durante una stagione surreale, si è arrivati al punto di non riconoscere a chi difende i colori di città e società nemmeno i diritti minimi per andare avanti. Questo è un gruppo che, come molti altri nel mondo del dilettantismo, ha fatto tanti sacrifici all’inseguimento di un traguardo ormai ad un passo. Ora si è arrivati al limite. Subito dopo Pasqua, alcuni atleti in difficoltà hanno chiesto lumi alla dirigenza riguardo i rimborsi spese. Da tempo, ormai, attendiamo qualche segnale da parte della società che continua in un’opera di palleggiamento senza precedenti. La società, invece di fare un passo verso di noi, ha addirittura preso provvedimenti nei confronti di chi, dopo mesi di sofferenza, non si è presentato all’allenamento dopo l’ennesima presa in giro. Palla presa al balzo. Una mera scusa per risparmiare qualche euro sbarazzandosi di qualche seniores addossando a noi la colpa. La nostra vera colpa, forse, è stata quella di essere professionali sempre, raggiungendo risultati quasi insperati addirittura in anticipo. Insomma, gettati via perché abbiamo fatto “troppo bene”. La società, se così si può definire, si è addirittura permessa di proporre al capitano Calabrese e al portiere Fagone di restare al proprio posto, nonostante avesse imposto l’addio forzato degli altri compagni. Vorremmo ricordare a questi pseudo-dirigenti che prima di essere calciatori, siamo compagni di squadra. Prima di essere compagni di squadra, siamo uomini e, come tali, restiamo uniti, soprattutto nelle difficoltà. Forse ora sono a tutti più chiare le dimissioni di mister Ricca, un grande uomo che ha preferito allontanarsi da una società che da ormai due stagioni lede i diritti dei suoi tesserati. È vero, in Eccellenza gli accordi sono principalmente basati sulla fiducia e sulla serietà delle persone. La squadra e lo staff tecnico, in tal senso, possono camminare a testa alta, la dirigenza meno. La cosa peggiore è che questa stessa dirigenza si permette di calpestarci come persone, oltre che come atleti. E che, con questo comportamento, rischia di mettere a repentaglio il nostro campionato e quello di altre squadre. Parlavamo del calcio che sognavamo, un calcio che si giocava sul rettangolo di gioco dagli atleti e non tra scrivanie, con calcolatrici dai dirigenti. Questo calcio non esiste più, non a Castelbuono. Adesso ci siamo stancati. Chiediamo solo giustizia e non per difendere i nostri interessi, ma per difendere i nostri diritti e i nostri sogni, gli stessi di milioni di ragazzi che ogni maledetta domenica scendono in campo per un amore ormai troppo spesso ridotto ad una farsa studiata preventivamente a tavolino. La serietà a Castelbuono, questa sconosciuta.
Tindaro Calabrese, Francesco Alosi, Sebastian Triolo, Riccardo Priola, Giuseppe Nasca, Salvatore Fagone Pulice
Una situazione analoga l’avevamo vissuta qualche mese fa con il Cefalù Calcio, squadra che poi è stata ritirata dal campionato di Prima Categoria, nel silenzio più assoluto.