Arriva per tutti il tempo di espiare le proprie colpe

Sul web le notizie rimbalzano con una velocità inimmaginabile, specialmente quando mostrano un interesse crescente, non solo, a livello nazionale. E se a fare scoop è il precario stato di salute del boss mafioso più sanguinario di tutti i tempi, l’interesse è crescente.
E’ di questi giorni, infatti, la notizia dell’aggravarsi delle condizioni di Totò Riina, al quale la magistratura vuole concedere gli arresti domiciliari, che, secondo legge, sono legittimi per permettergli una “morte dignitosa”. Ma alla luce di tutte le malefatte di quest’uomo e della freddezza con cui le ha raccontate ai pm, di tutto si può parlare fuorché di garantirgli una morte dignitosa.
Molti, permettetemi l’appunto, perbenisti parlano di una concessione che, in quanto uomo, gli spetta, avvalorando l’idea che è inutile porsi preoccupazioni, visto e considerato che andrebbe solo a morire a casa sua. Tuttavia, ad alzare questo polverone di critiche non è il timore che, una volta fuori, possa nuovamente diventare una minaccia in grado di scalfire quella reputazione che la Sicilia, dopo i tanti omicidi da lui commessi o commissionati, ha cercato lentamente di recuperare. Si tratta di amor proprio ed essere a conoscenza della prossima dipartita di Riina non significa negare tutto il male da lui provocato. Anzi si dimostra come nella vita tutto, prima o poi, si debba pagare a proprie spese. E, mentre le immagini delle strade divelte, i corpi dilaniati, il silenzio assordante dello Stato, le parole superflue e tutto quel marasma di confusione che solo una mente malata avrebbe potuto architettare continuano a riecheggiare nelle nostre orecchie, a offendere la nostra intelligenza e farsi strada con un vuoto con il quale, evidentemente ancora oggi, non abbiamo imparato a fare i conti, è impossibile accettare una decisione impopolare, per quanto, lo ribadiamo, la legge conceda questa possibilità. Ma siamo sicuri che Riina non sia il solo privilegiato? Siamo certi che non sia il timore che incute la sua persona a spingere i magistrati a una scelta così incredibile? Siamo consapevoli che non a tutti è stata concessa questa “grazia”?
Riina è un criminale. E i criminali vanno tenuti tra le fredde mura delle carceri. Ha confessato crimini indicibili sui corpi spesso inermi e inconsapevoli delle sue stesse vittime. Insieme a lui, altra gente malata, in grado solo di pensare alla vendetta personale, al rispetto delle “regole”, quelle stesse regole che non valgono per la gente che si bagna, giorno dopo giorno, la fronte con il sudore della fatica.
Ed è vero, in Italia esistono delle leggi e la legge dice che a tutti deve essere concessa la possibilità di morire dignitosamente. Ma Riina se lo merita? Non basta, però, il pentimento per restituire dignità al bimbo morto nell’acido, alla scorta fatta saltare in aria, ai magistrati fatti fuori perché “sapevano troppe cose”. Non basta, cara Italia.
E se presto il boss siciliano più odiato di tutti i tempi chiuderà gli occhi, il solo e unico a poter gestire le sorti della sua anima sarà l’Onnipotente, fonte di misericordia. Noi, su questa terra, restiamo uomini e purtroppo non abbiamo la facoltà di dimenticare.

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