Anticipiamo la prefazione, firmata da Papa Francesco, a un’antologia di testi del suo predecessore ( Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio , Siena, Cantagalli, 2018, pagine 208, euro 18). In libreria dal 10 maggio, il libro verrà presentato il giorno successivo alle 18 a Roma, nella sala Zuccari di palazzo Giustiniani con interventi della presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, dell’arcivescovo Georg Gänswein, di Antonio Tajani e dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, moderati da Pierluca Azzaro, che con Carlos Granados ha curato il libro. L’antologia comprende testi scritti tra il 1971 e il 2014 ed è il secondo volume di una collana in sei lingue iniziata nel 2016 con una raccolta dedicata al sacerdozio. Sono previsti altri titoli su scienza e fede, Europa, minoranze creative, università, eucaristia. Al rapporto tra fede e politica Ratzinger aveva dedicato nel 1971 il libro, poco conosciuto, L’unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa, da cui è tratto il quarto dei testi della nuova antologia. Già nel 1961 e nel 1963 il giovane teologo bavarese aveva comunque anticipato le linee fondamentali della sua visione della politica — ispirata soprattutto a Origene e ad Agostino — in due ampi articoli, poi rielaborati nel libro che fu subito tradotto in spagnolo, italiano, portoghese ed è stato riedito nel 2009 dalla Morcelliana di Brescia. (g.m.v.)
Il rapporto tra fede e politica è uno dei grandi temi da sempre al centro dell’attenzione di Joseph Ratzinger / Benedetto XVI e attraversa l’intero suo cammino intellettuale e umano: l’esperienza diretta del totalitarismo nazista lo porta sin da giovane studioso a riflettere sui limiti dell’obbedienza allo Stato a favore della libertà dell’obbedienza a Dio: «Lo Stato — scrive in questo senso in uno dei testi proposti — non è la totalità dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza umana. L’uomo e la sua speranza vanno oltre la realtà dello Stato e oltre la sfera dell’azione politica. Ciò vale non solo per uno Stato che si chiama Babilonia, ma per ogni genere di Stato. Lo Stato non è la totalità. Questo alleggerisce il peso all’uomo politico e gli apre la strada a una politica razionale. Lo Stato romano era falso e anticristiano proprio perché voleva essere il totum delle possibilità e delle speranze umane. Così esso pretende ciò che non può; così falsifica ed impoverisce l’uomo. Con la sua menzogna totalitaria diventa demoniaco e tirannico».
Successivamente, anche proprio su questa base, a fianco di San Giovanni Paolo II egli elabora e propone una visione cristiana dei diritti umani capace di mettere in discussione a livello teorico e pratico la pretesa totalitaria dello Stato marxista e dell’ideologia atea sulla quale si fondava; perché l’autentico contrasto tra marxismo e cristianesimo per Ratzinger non è certo dato dall’attenzione preferenziale del cristiano per i poveri: «Dobbiamo imparare — ancora una volta, non solo a livello teorico, ma nel modo di pensare e di agire — che accanto alla presenza reale di Gesù nella Chiesa e nel sacramento, esiste quell’altra presenza reale di Gesù nei più piccoli, nei calpestati di questo mondo, negli ultimi, nei quali egli vuole essere trovato da noi» scrive Ratzinger già negli anni Settanta con una profondità teologica e insieme immediata accessibilità che sono proprie del pastore autentico. E quel contrasto non è dato nemmeno, come egli sottolinea alla metà degli anni Ottanta, dalla mancanza nel Magistero della Chiesa del senso di equità e solidarietà; e, di conseguenza, «nella denuncia dello scandalo delle palesi disuguaglianze tra ricchi e poveri — si tratti di disuguaglianze tra paesi ricchi e paesi poveri oppure di disuguaglianze tra ceti sociali nell’ambito dello stesso territorio nazionale che non è più tollerato».
Il profondo contrasto, nota Ratzinger, è dato invece — e prima ancora che dalla pretesa marxista di collocare il cielo sulla terra, la redenzione dell’uomo nell’aldiquà — dalla differenza abissale che sussiste riguardo al come la redenzione debba avvenire: «La redenzione avviene per mezzo della liberazione da ogni dipendenza, oppure l’unica via che porta alla liberazione è la completa dipendenza dall’amore, dipendenza che sarebbe poi anche la vera libertà?».
E così, con un salto di trent’anni, egli ci accompagna alla comprensione del nostro presente, a testimonianza dell’immutata freschezza e vitalità del suo pensiero. Oggi infatti, più che mai, si ripropone la medesima tentazione del rifiuto di ogni dipendenza dall’amore che non sia l’amore dell’uomo per il proprio ego, per «l’io e le sue voglie»; e, di conseguenza, il pericolo della “colonizzazione” delle coscienze da parte di una ideologia che nega la certezza di fondo per cui l’uomo esiste come maschio e femmina ai quali è assegnato il compito della trasmissione della vita; quell’ideologia che arriva alla produzione pianificata e razionale di esseri umani e che — magari per qualche fine considerato “buono” — arriva a ritenere logico e lecito eliminare quello che non si considera più creato, donato, concepito e generato ma fatto da noi stessi.
Questi apparenti “diritti” umani che sono tutti orientati all’autodistruzione dell’uomo — questo ci mostra con forza ed efficacia Joseph Ratzinger — hanno un unico comune denominatore che consiste in un’unica, grande negazione: la negazione della dipendenza dall’amore, la negazione che l’uomo è creatura di Dio, fatto amorevolmente da Lui a Sua immagine e a cui l’uomo anela come la cerva ai corsi d’acqua ( Sal 41). Quando si nega questa dipendenza tra creatura e creatore, questa relazione d’amore, si rinuncia in fondo alla vera grandezza dell’uomo, al baluardo della sua libertà e dignità.
Così la difesa dell’uomo e dell’umano contro le riduzioni ideologiche del potere passa oggi ancora una volta dal fissare l’obbedienza dell’uomo a Dio quale limite dell’obbedienza allo Stato. Raccogliere questa sfida, nel vero e proprio cambio d’epoca in cui oggi viviamo, significa difendere la famiglia. D’altronde già San Giovanni Paolo II aveva ben compreso la portata decisiva della questione: a ragione chiamato anche il “Papa della famiglia”, non a caso sottolineava che «l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia» ( Familiaris consortio, 86). E su questa linea anche io ho ribadito che «il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa» ( Amoris laetitia, 31).
Così sono particolarmente lieto di potere introdurre questo secondo volume dei testi scelti di Joseph Ratzinger sul tema «fede e politica». Insieme alla sua poderosa Opera omnia, essi possono aiutare non solo tutti noi a comprendere il nostro presente e a trovare un solido orientamento per il futuro, ma anche essere vera e propria fonte d’ispirazione per un’azione politica che, ponendo la famiglia, la solidarietà e l’equità al centro della sua attenzione e della sua programmazione, veramente guardi al futuro con lungimiranza.
Fonte: L’Osservatore Romano