Cefalù: storia di Marco, il giovane studente che ha deciso di adottare un nonno

La storia che stiamo per raccontarvi accade a Cefalù. Il suo protagonista è un giovane di 16 anni che frequenta una delle scuole superiori della cittadina normanna rifondata da Ruggero. Marco è il nome del giovane. E’ un nome di fantasia perché non vuole far conoscere la sua identità in quanto mette in pratica il detto evangelico di non fa sapere alla sua sinistra già che fa la sua destra. «Sono disposto a far conoscere la mia storia – dice – solo a patto di non farmi riconoscere perché solo così ho potuto fare questo fino ad oggi. E poi non ho nessuna intenzione di ricevere elogi da amici e parenti».

Marco ha sedici anni ed è un giovane come tanti: il telefonino tra le mani, internet al computer, la scuola tutti i giorni. Segue il calcio ed ha l’hobby della musica. A guardarlo non sembra possa vivere quello che ci racconta.

«Quando ho cominciato a frequentare la scuola superiore – ci racconta – mi sono imbattuto in un problema familiare di una certa gravità. Ho cominciato a pensare alla sofferenza e soprattutto a quella provocata dalla solitudine. Poco distante da casa mia abitava un uomo anziano che viveva da solo. Non lo vedevo mai uscire e mi accorgevo che non incontrava mai nessuno. Un giorno ho deciso di andare a trovarlo. Ho bussato alla sua porta e sono stato ricevuto. All’inizio mi è parso impaurito ma poi quando ho cominciato a raccontargli alcune cose di Cefalù ha iniziato a sorridere e mi ha raccontato alcune cose della sua vita. Non so come sia potuto accadere ma tra noi due è nata subito quella bella amicizia che nasce fra nonno e nipote. Lui non aveva un nipote e io non avevo più il nonno».

L’indomani pomeriggio Marco ritorna dal nonno. Lo va a trovare anche il giorno dopo che era domenica. Proprio la domenica Marco chiede al nonno se aveva bisogno di qualcosa. Si sente rispondere che per lui non esistono più bisogni perché “mangiare, dormire e pensare non esistevano più perché attendeva la morte”. Sì perché quell’uomo non sapeva cosa fosse mangiare in quanto ogni giorno da un negozio di alimentari gli portavano due panini imbottiti e due banane che consumava a pranzo e cena. La sera andava a letto presto e la mattina si alzava di buon mattino ma solo per sedersi su una sdraio dove trascorreva il resto della giornata a guardare la televisione che ancora era una di quel vecchio modello dove le immagini sono in bianco e nero.

Marco decide di adottare nonno Ciccio. 

Lo va a trovare tutti i giorni. Presto decide di fargli una prima visita di buon mattino prima di andare a scuola. Poi gli comincia a portare qualcosa da mangiare. Il nonno decide di dargli la chiave di casa e dopo alcuni giorni gli affida anche la sua pensione che custodisce in una scatola. Una pensione di pochi soldi che nonno Ciccio va a ritirare alla Posta per una delle pochissime uscite di casa che ancora riesce a fare.

Ora Marco va dal nonno più volte al giorno. Nonostante gli studi e i suoi tanti impegni lo va a trovare ogni mattina prima di andare a scuola. Quando esce dalla scuola e torna a casa il primo pensiero è per il nonno a cui porta da mangiare ciò che prepara sua mamma, che intanto ha saputo dell’adozione. Molti giorni trascorre il pomeriggio a casa dal nonno dove adesso ha anche un angolo dove studiare. Dopo le passeggiate pomeridiane e i suoi impegni sportivi e musicali, Marco torna dal nonno che lo aspetta con ansia. Gli porta la cena e molte volte resta accanto a lui a guardare la televisione che intanto, grazie ai suoi genitori, si è colorata. 

«Un giorno gli ho portato un gattino  – continua Marco – e tra i due è nata una bella amicizia. Il gatto è come se avesse capito tutto e gli si è affezionato molto». Da qualche tempo Marco è riuscito anche a far uscire il suo nuovo nonno che prima rifiutava di lasciare casa. La domenica e nei giorni di festa lo va a prendere per portarlo a casa sua dove mangia insieme ai suoi genitori. «Sapere che faccio sorridere nonno Ciccio – chiude Marco – per me è una cosa bellissima. Non ho raccontato questa storia perché voglio riconoscimenti ma solo perché voglio far sapere a chi mi legge che accanto a noi vive tanta gente che ha bisogno del nostro sorriso».

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