Fino a otto giorni fa la domenica per i cefaludesi era anche il momento nel quale vivere la propria fede. In tanti andavano in chiesa per partecipare alla celebrazione della messa. Le campane delle chiese suonavano a festa, fin dal primo mattino, per annunciare l’appuntamento. Nelle chiese, fra canti e preghiere, si celebrava la fede ascoltando la Parola di Dio e spezzando il pane eucaristico. L’arrivo del coronavirus ha stravolto anche le celebrazioni religiose. Niente più messe, niente preghiere comunitarie in chiesa e niente processioni. Le parrocchie d’un tratto si sono svuotate: niente incontri catechistici, niente riunioni e niente iniziative della comunità. Alcuni sacerdoti hanno dato vita alle messe in streaming, altri diffondono le loro riflessioni attraverso messaggi via whatsapp. Per la festa di san Giuseppe di giovedì prossimo non ci saranno messe e nemmeno la tradizionale processione fra le strade cittadine. Con molta probabilità il popolo non potrà partecipare ai riti della settimana santa. Tutto si ferma per paura del contagio. Anche i cristiani, infatti, sono impauriti dal contatto con l’altro. Da questo isolamento forzato i cristiani riscopriranno la fede quale bisogno autentico di stare con gli altri senza paure e senza timore. Non sarà facile ma da questo isolamento forzato la fede ne uscirà rafforzata perché i credenti saranno costretti ad abbandonare fronzoli e azioni abitudinarie.