Le carceri borboniche termitane: nel Palazzo Comunale, Regio Castello ed ex Casa dei Gesuiti nella parte bassa della città

In epoca Borbonica il Palazzo Comunale di Termini contenne al suo interno una prigione transitoria. L’ambiente reclusorio era situato a pianterreno, con accesso da Largo Ufficio Tecnico, oggi Largo Pietro Ruzzolone.

I detenuti, in base ai reati commessi, venivano poi trasferiti nell’allora Regio Castello, o nell’ex Carcere Circondariale un tempo situato nell’attuale Villa Aguglia, nei pressi della Serpentina Paolo Balsamo, oppure a Palermo, nelle Nuove Carceri dell’Ucciardone.

Il Governo Borbonico fu incline alla costruzione di Carceri Centrali in tutto il regno delle Due Sicilie poiché si erano diffusi largamente i moti rivoluzionari con il conseguente aumento di crimini.

Della prigione, ubicata nel Palazzo di Città di Termini, ce ne parla concisamente Giuseppe Navarra (1893-1991), storico e giornalista, nel suo libro “Termini com’era”, testo, considerato a gran voce una pietra miliare della storia termitana:

[…] A pianterreno, con ingresso in Largo Ufficio Tecnico (N.d.R. oggi Largo Pietro Ruzzolone), a destra si trova l’ufficio tecnico (N.d.R. oggi Archivio) e più in là l’ufficio anagrafe* (N.d.R. oggi Ufficio Protocollo).  

A sinistra, veniva prima l’esattore, nell’ambiente che, regnando i Borboni, era adibito a prigione (N.d.R. oggi deposito), e in seguito c’era l’ufficio dello stato civile (N.d.R. oggi Servizio Legale – contenzioso e contratti). Nel fondo c’era una scaletta che portava al primo piano […].

Tuttavia, oggi, lo spazio destinato all’ufficio “Servizio Legale – contenzioso e contratti”, si è ridotto a un solo ambiente. In origine, invece, era comunicante mediante uno o più accessi con un altro vano. Quest’ultimo, ora, trasformato in archivio.

Pertanto, da come si evince nella descrizione fedelissima del Navarra, all’interno del Palazzo di Città, governando i Borboni, vi fu presente una prigione, ovvero una camera di sicurezza, e molto probabilmente anche un ufficio di polizia. Infatti, gli individui fermati (solitamente per reati politici), venivano rinchiusi lì provvisoriamente. In seguito, trasferiti nelle carceri del Regio Castello di Termini, sede di un presidio dell’esercito, e, poi, tradotti a Palermo, nel carcere panottico dell’Ucciardone, inaugurato nel 1840, il quale soppiantò lo storico Carcere della Vicaria.

Ciononostante rammentiamo che la guarnigione del Castello di Termini, (da alcuni storici definito anche fortezza), non di rado interveniva insieme alla polizia del locale commissariato borbonico, per sedare in città le sommosse o tumulti di popolo.

Cartolina Postale, non viaggiata, Termini Imerese (PA) Panorama. La Serpentina, e sulla sinistra ex Carcere Circondariale e Grand Hotel. Per gentile concessione del collezionista Girolamo Mangiafridda

Gli arrestati per altri crimini, invece, venivano condotti presso l’ex Casa Circondariale, oggi non più esistente, sita nell’attuale Villa Aguglia. L’imponente struttura popolarmente chiamata “’A casa santa” (Ndr. La casa santa), poiché da principio fu un edificio appartenente all’ordine dei Gesuiti, era posta a breve distanza dall’odierno complesso termale.

Sempre il Navarra nella sua “Termini com’era”, riguardo “’A casa santa” ci racconta:

[…] Era un grosso edificio quadrangolare nerastro, a più piani, ubicato ad una decina di metri ad oriente del Grand Hotel. Una volta Casa dei Gesuiti, che se n’erano serviti per i loro ritiri spirituali, era stato col tempo convertito in carcere, e, passandovi vicino, si udiva l’incessante martellamento dei secondini che picchiavano sulle inferriate delle finestre per constatarne l’interezza. Questo sinistro suono che echeggiava continuamente nell’aria, ed il frequente passaggio, in quei pressi, delle persone ammanettate, non poteva essere bene accetto ai clienti del Grand Hotel, che allora godeva grande fama ed era frequentatissimo da persone anche di nazionalità estera. Dopo tanti sforzi, protrattisi per diversi anni, finalmente gli uomini politici riuscirono nel loro intento, e per il nuovo stabilimento carcerario venne scelto un lotto di terreno già appartenuto all’ex convento dei Padri Cappuccini, ai Cavallacci […]. 

Ma torniamo al nostro Municipio: dalla parte retrostante il Palazzo di Città si accedeva e si accede al pianoterra, e,  proprio da questo livello, varcata la soglia, subito a sinistra c’era l’ingresso che portava nella camera di sicurezza borbonica. Di questo sinistro ambiente di circa 25 m2 sono riconoscibili oggi solamente le grate esterne, in ferro forgiato (formate da tondini di ferro che si incrociano, assumendo così una sorta di scacchiera), visibili, una dalla via Vincenzo La Barbera e le altre due da Largo Pietro Ruzzolone; queste ultime, poste sul lato sinistro del prospetto.

Finestra via Vincenzo La Barbera e particolare della grata. Ph. Santo Schifano – Segretario Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Termini Imerese (PA)

 

Prima finestra da sinistra e particolare della grata, Largo Pietro Ruzzolone. Ph. Santo Schifano – Segretario Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Termini Imerese (PA)

 

Seconda finestra da sinistra e particolare della grata, Largo Pietro Ruzzolone. Ph. Santo Schifano – Segretario Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Termini Imerese (PA)

Una nota curiosa, che probabilmente ci testimonia ulteriormente l’ubicazione dell’ex prigione borbonica in seno al Palazzo Comunale, ci viene data dall’esistenza nei pressi del Municipio del vicolo denominato Cancello: toponimo, questo, riconducibile figuratamente alla parola partenopea “Canciello”, la quale indica nel suo significato, la presenza nelle vicinanze o di un carcere oppure di una prigione.

Targa in marmo, Vicolo Cancello Ph. Santo Schifano – Segretario Associazione Nazionale della Polizia di Stato di Termini Imerese (PA)

Difatti, nel napoletano […] In ogni Commissariato vi era il così detto cancello, specie di prigione transitoria, messa ad libitum del funzionario di servizio, di cui l’arbitrio ed il capriccio regolava l’applicazione e la durata []. (Cfr. Carlo Fortunato Bracale “Scene e Quadri Storici sulla Rivoluzione del 1860 nel Napoletano” Domenico Baldi Editore Napoli 1865).   

In Sicilia, il dipartimento di polizia era retto da Salvatore Maniscalco (1), giovane capitano della Gendarmeria borbonica al seguito del luogotenente del regno Carlo Filangieri (1784 – 1867), poi Gran Prevosto a Palermo. E, come precedentemente detto, Direttore della Polizia dell’isola, esattamente negli anni che vanno dal 1851 al 1860.

Nel Regno delle Due Sicilie, furono tanto temuti dal popolo, l’alta polizia e soprattutto il gendarme Maniscalco (1813 circa – 1864), il quale, ebbe il compito di ripristinare l’ordine in Sicilia dopo la rivoluzione del 1848-1849. L’incarico gli fu dato proprio dal Filangieri, principe di Satriano, Generale in capo e Luogotenente Generale interino.

In realtà, già il Governo Napoletano, con il decreto del 28 febbraio 1806 aveva istituito il Ministero della polizia generale, incaricato “della pubblica sicurezza, del buon ordine e della tranquillità interna”. Tale Ministero fu più volte soppresso e ripristinato.

[…] Ricostituito con decreto del 4 novembre 1852, il Ministero della polizia generale risultò articolato in tre ripartimenti, più un ripartimento per il Segretariato e l’alta polizia. A quest’ultimo furono affidati, oltre agli affari riservati, la revisione delle opere periodiche a stampa e degli opuscoli, la vigilanza sull’arrivo e sulla partenza di regnicoli e di forestieri, le informazioni sulla condotta di funzionari civili e ecclesiastici e le misure di prevenzione […] (N.d.R. Cfr. Gregorio Ugdulena: luci ed ombre di un grande termitano, cefalunews.org. 20 Aprile 2015).

Il primo ripartimento curava le circolari, i regolamenti e le ordinanze di massima, gli affari relativi alle province, l’archivio dei tre ripartimenti. Il secondo ripartimento si occupava dell’ordine pubblico nella capitale e nella sua provincia, di tutti gli affari di polizia giudiziaria, ordinaria e amministrativa di Napoli e della sua provincia che non fossero già di pertinenza del Segretariato, degli scavi d’antichità, dei passaporti, della Colonia di Tremiti e della vigilanza sui sospetti. Il terzo ripartimento infine era incaricato dello stato discusso del Ministero, della salute pubblica, della vigilanza su teatri e spettacoli per tutto il regno, delle carte di passaggio e di soggiorno, delle feste pubbliche, delle prigioni, dei permessi per gli esercenti, della vigilanza sulle reali riserve, su fiere e mercati e sul meretricio […] (Cfr. Patrimonio Archivio di Stato Napoli).

Napoli 1852. Guardia di Pubblica Sicurezza a piedi. Da sinistra Sott’ufficiale in gran tenuta, al centro Individuo in tenuta di rotta, a destra Individuo in tenuta giornaliera

In Sicilia la dominazione borbonica venne instaurata nel 1735, quando Carlo Sebastiano di Borbone (1716 – 1788), conquistò l’isola, strappandola al dominio austriaco. Sempre nello stesso anno, Carlo, fu incoronato re delle Due Sicilie nella Cattedrale di Palermo. Divenuto re di Spagna nel 1759, lasciò la guida al figlio Ferdinando (1751 – 1825) che assunse il nome di Ferdinando III di Sicilia. Con il nuovo assetto politico territoriale italiano a seguito del Congresso di Vienna (1814-15), si sancì l’unificazione delle monarchie di Napoli e Palermo nel Regno delle Due Sicilie. A governarlo fu proprio Ferdinando I di Borbone delle Due Sicilie.

Dopo la morte di Ferdinando I gli successe il principe ereditario, che salì al trono col il nome di Francesco I (1777 – 1830), egli rimase in carica dal 1825 sino alla sua morte. Gli subentrò il figlio, Ferdinando II (1810 – 1859), ricordato con l’appellativo di Re Bomba, poiché era solito far bombardare le città siciliane ogni qualvolta si individuavano in esse, segnali di rivolta. Infine, Francesco II di Borbone (1836 – 1894) rampollo di Ferdinando II, fu l’ultimo re del Regno delle Due Sicilie. Sotto la sua corona si ebbero i prodromi di una generale sollevazione, che in seguito portò al collasso il Regno, sotto l’urto del Generale Giuseppe Garibaldi (1807-1882) con la spedizione dei Mille (5 maggio – 26 ottobre 1860).

 

*All’interno dell’Ufficio anagrafe oggi Ufficio protocollo, trovasi tra le mura interne una cisterna per l’acqua potabile, ricavata quando l’edificio del Palazzo di Città fu ristrutturato.

[…] Questi locali, costituiti da una stanza molto ampia, su cui si apre la porta d’ingresso, e da due piccoli disimpegni, hanno il difetto di essere completamente privi di finestre e di avere un tetto a volta cilindrica, con piani d’imposta a circa un metro dal pavimento, che solo al colmo della curvatura raggiunge un’altezza accettabile. Molto probabilmente in passato essi hanno avuto un’altezza notevolmente maggiore, ridottasi alla misura attuale a causa della costruzione a livello di strada di un solaio intermedio, con il fine di ricavare nella parte inferiore una cisterna per l’acqua potabile […] (Cfr. Giuseppe Catanzaro, Neanche una nota stonata Storia dell’Associazione Amici della Musica “Giuseppe Mulè” di Termini Imerese.

I suddetti locali situati ad angolo con la Piazza Duomo (via Stenio n. 1), prima furono sede della Polizia Municipale, ora invece, ospitano l’Associazione Amici della Musica “Giuseppe Mulè” di Termini Imerese.

(1) Maniscalco Salvatore (Direttore della polizia borbonica in Sicilia)

«Morto in esilio a Marsiglia nel 1864. Di famiglia palermitana, era nato a bordo di un bastimento in rotta da Messina a Palermo. Figura discussa, godette della fiducia illimitata del suo Governo. Fu nominato dal luogotenente Filangieri per ricostituire l’ordinamento di polizia gravemente compromesso dalla rivoluzione del 1848. Esercitò il suo ufficio per undici anni; abilissimo, riorganizzò il corpo di polizia in maniera efficace, creando una rete di contatti che controllava il territorio in maniera capillare.

A lui si fanno risalire molti soprusi; temutissimo e odiato dai liberali era un assolutista rigoroso, convinto che ogni tentativo rivoluzionario dovesse essere represso senza pietà.

Così scrive di lui il De Cesare ne La fine di un regno: “[…] fu l’unico funzionario che fece il suo dovere sino all’ultimo, chiudendosi in Palazzo Reale col generale Lanza, all’ingresso di Garibaldi, e solo uscendone dopo la capitolazione”.

Aveva sposato la figlia del procuratore generale Nicastro ed abitava in via Abela, all’angolo con l’attuale via Mariano Stabile» (da Comune di Palermo, Archivio biografico).

 

Bibliografia e sitografia

Carlo Fortunato Bracale – “Scene e Quadri Storici sulla Rivoluzione del 1860 nel Napoletano”, Domenico Baldi Editore , Napoli, 1865

Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito – L’Esercito italiano dal 1° tricolore al 1º centenario, Roma, 1962.

Giancarlo BoeriPietro Crociani e Andrea Viotti – “L’Esercito Borbonico dal 1815 al 1830”, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1995

Giancarlo BoeriPietro Crociani e Massimo Fiorentino – “L’Esercito Borbonico dal 1830 al 1861″”, Tomo I, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1995

Giancarlo BoeriPietro Crociani e Massimo Fiorentino – “L’Esercito Borbonico dal 1830 al 1861”, Tomo II, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1995

Giancarlo BoeriPietro Crociani e Massimo Brandani – “L’Esercito Borbonico dal 1789 al 1815″, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1997

Giuseppe Navarra – “Termini com’era” GASM, 352 pp. 2000

Giuseppe Longo – “Gregorio Ugdulena: luci ed ombre di un grande termitano”, Cefalùnews – 20 aprile 2015

Giuseppe Catanzaro – “Neanche una nota stonata. Storia dell’Associazione Amici della Musica “Giuseppe Mulè di Termini Imerese” Lo Bono, 2019

Giuseppe Longo – “Il Teatro Stesicoro nel disegno planimetrico novecentesco in seno al Palazzo Civico di Termini Imerese”, Cefalùnews – 2 ottobre 2020

Patrimonio Archivio di Stato Napoli – https://www.archiviodistatonapoli.it/patrimonio/

Comune di Palermo, Archivio biografico – https://www.comune.palermo.it/archivio_biografico.php?sel=1

 

Foto a corredo di copertina: Termini Imerese (PA) Cartolina postale viaggiata, Panorama preso dal Belvedere. Sulla sinistra  ex Carcere Circondariale e Grand Hotel. Per gentile concessione del collezionista Girolamo Mangiafridda.

Si ringrazia per le indicazioni documentarie e iconografiche il Generale B. (ris) Mario Piraino.

Giuseppe Longo
giuseppelongoredazione@gmail.com
@longo redazione

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