. Dopo la festa dell’Epifania (Ddoppu li Tri-Rrè) cominciava il periodo delle festività carnascialesche (Ddoppu li Tri-Rrè, tutti olè). In realtà, secondo un antico proverbio, l’olè iniziava il 12 gennaio. I suoni acuti delle trombe, o dei corni, oppure delle “brogne” (1), scandivano e annunciavano inequivocabilmente, l’avvio dei festeggiamenti che culminavano e terminavano nel giorno di Martedì grasso.
Il grande sollazzo si apriva con gli arcinoti quattro “Giovedì” che precedevano e precedono il carnevale, denominati secondo l’ordine tramandatoci dall’etnologo, Giuseppe Pitrè (1841-1916), in: “joviri di li cummari”, “joviri di li parenti”, “joviri zuppiddu”, e “joviri lardarolu” (N.d.r. giovedì delle comari, giovedì dei parenti, giovedì del diavolo e giovedì grasso).
In questi “Giovedì”, che nell’antico carnevale della Contea di Modica, l’etnologo Serafino Amabile Guastella (1819 – 1899) li riduceva solamente a tre (invertendone l’ordine, in: “jiovi di lu zuppiddu”, “jiovi di li cummari”, e “jiovi lardaloru”), la cucina era ed è la più doviziosa: il sugo di maiale, insaporito con la salsiccia e la cotenna, diviene il condimento per la pasta, o meglio per i “maccarruna” (i maccheroni) ‘nciliati (ovvero conditi con la ricotta). (2)
Sempre il Pitrè ci riferisce che gli ultimi giorni di Carnevale, nei quattro quinti della Sicilia: Catania, Erice, Marsala, Mazzara, Menfi, Modica, Piazza Armerina, Ragusa, Sciacca e Trapani, vengono qui denominati “sdirri”, cioè ultimi. Q
Carnalivari tutti li festi fa turnari [Carnevale tutte le feste fa tornare], dice il proverbio; e davvero che un po’ di tutte le feste principali dell’anno si raccoglie in queste, che ne sono il maximum. L’importante è d’aver quattrini da spendere: ma se pure non se ne ha, si procurano facendo un pignu [pegno], prendendoli a ddetta [debito], pur di sbirbarsela quanto è possibile.
I quattro giovedì che precedono il Carnevale propriamente detto hanno ciascuno un nome proprio allusivo alla cucina ed alla pappatoria. Il primo è Jòviri (o jovi) di li cummari [giovedì delle comari] nel quale era di uso un desinare tra le comari di S. Giovanni. L’uso si va perdendo, ma rimane il proverbio:
- Lu Jòviri d’ ‘i cummari [Il giovedì delle comari]
2Lu Jòviri d’ ‘i parenti [il giovedì dei parenti]
Lu Jòviri zuppiddu [Giovedì zoppetto]
Lu Jòviri grassu [Il giovedì grasso]
Cui nun havi dinari si ‘mpigna lu fìgghiolu. [Chi non ha denari, mette in pegno il figlio]
Quest’uso è un desinare tra fratelli, sorelle, cognate, suoceri, generi, nuore, nel quale si chiarisce un malinteso, si toglie uno screzio; questioni, litigi, odii, rancori si annegano in un bicchier di vino e si dimenticano per sempre. E’ il convito della concordia, il trionfo dell’amore.
E’ da sapere che agli ultimi tre giorni i contadini, i montanari siciliani danno l’appellativo di Tri ghiorna di lu picuraru picuraru [i tre giorni del pecoraio]; e si racconta:
Una variante di Caccamo, del parco ecc. dice che in uno de’ tre giorni Gesù Cristo, avvenutosi una volta in un pecoraio, gli comandò che lasciasse la campagna e se ne n’andasse al paese a divertirsi con la famiglia. Sicchè il desinare in famiglia non è soltanto un divertimento che il nostro popolano desidera e si permette, ma anche una specie di comandamento di Dio. Così proverbio e novellina si spiegano ed illustrano a vicenda […].
Note:
(1) (brogna: una conchiglia conica usata come tromba)
(2) (nciliatu – Ragusa add., condito i maccheroni con la ricotta)
Bibliografia, sitografia
Stefano Melchiore, Poesie siciliane giocose, serie, e morali, Palermo, 1785.
Serafino Amabile Guastella, “L’antico carnevale nella Contea di Modica”, 1877.
Giuseppe Pitrè, “Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo Siciliano” – Volume I, Palermo, 1889.
Studi glottologici italiani, Volume 8, 1899.
“Ove il cedro fiorisce”. Libro Sussidiario per la cultura regionale. Almanacco illustrato, per la 3ª, 4ª e 5ª classe elementare della Sicilia, in conformità dei Programmi Ufficiali del 1 ottobre 1923 e approvato definitivamente dal Ministero della P.I. Remo Sandron Editore – Libraio della Real Casa – 1925.
Arturo Lancellotti, “Feste tradizionali”, Società Editrice Libraria, 1951.
Gerhard Rohlfs, Verlag der Bayer, Akad. d. Wiss., München, 1977.
Giuseppe Navarra, “Termini com’era” GASM, 352 pp. 2000”.
Giuseppe Longo 2012, “Giuseppe Navarra e il Carnevale di Termini Imerese”, Cefalunews.org, 20 settembre.
di Giuseppe Longo 2016, “La “Nanna” partoriente del Carnevale di Palermo… ed altre cose”, Cefalunews.org, 17 novembre.
Giuseppe Longo 2017, “Le maschere carnascialesche di Termini Imerese, antico retaggio del Carnevale di Palermo”, Cefalunews.org, 23 aprile.
Giuseppe Longo 2018, “Il binomio Palermo-Termini, tra porte civiche, manifestazioni carnascialesche e “gustose” leggende metropolitane”, Cefalunews.org, 22 dicembre.
di Giuseppe Longo 2019, “La rivincita della “vera” storia del Carnevale Termitano”, Cefalunews.org. 19 gennaio
Giuseppe Longo 2019, “Riflessioni sulla festa carnascialesca di Termini Imerese l’erede indiscussa dell’antico Carnevale di Palermo”, Cefalunews, Cefalunews.org, 4 febbraio.
www.cittametropolitana.pa.it
http://www.culturasiciliana.it/62-cultura-siciliana/662-pitre-giuseppe
Foto di copertina: I Magi con i loro abiti tradizionali: brache, mantello e berretto frigio. Ravenna, Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, ca 600. (da Wikipedia).
Foto a corredo dell’articolo: Carnevale di Palermo 1906, da Arturo Lancellotti, “Feste tradizionali”, Società Editrice Libraria, 1951.
Nella foto, da sinistra: Carnevale di Palermo 1906, da Arturo Lancellotti, “Feste tradizionali. Carnevale di Termini Imerese, carro dei Nanni (anni ‘30 del XX secolo). Collezione privata.
Maschere in cera carnevalesche custodite nel Museo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitrè, Palermo.
Foto dal Web: Cannolo siciliano.
Foto: Cartina geografica della Sicilia 1925 circa, da “Ove il cedro fiorisce”.
Si ringrazia Eduardo Giunta Fotografo (per la riproduzione illustrativa inserita nel testo).
Giuseppe Longo
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