Cefalù, scoperta casa di appuntamenti. Una prestazione costava minimo 50 euro

La Polizia di Stato ha interrotto una fiorente attività di prostituzione esercitata all’interno di un appartamento del centro cittadino di Cefalù, di proprietà di un’insospettabile donna del luogo di 45 anni. La stessa, su delega della Procura della Repubblica di Termini Imerese che ha coordinato le indagini, è stata denunciata per il reato di favoreggiamento della prostituzione. Con lo stesso provvedimento sono stati denunciati, sempre per il reato di favoreggiamento della prostituzione, seppur con ruoli marginali, altri tre soggetti, rispettivamente di anni 55, 42 e 71, due dei quali residenti in altra provincia, a cui i relativi “avvisi di garanzia” sono stati notificati con l’ausilio di personale delle Squadre Mobili di Catania ed Enna.

Al contempo, in esecuzione di un Decreto di applicazione di misura cautelare reale emesso dal GIP del Tribunale di Termini Imerese su richiesta della Procura, gli agenti hanno proceduto al sequestro dell’appartamento utilizzato per lo svolgimento dell’attività di meretricio.

Attraverso le indagini condotte dai poliziotti della sezione investigativa del Commissariato di P.S. Cefalù e coordinate dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese, è stato accertato e documentato, anche attraverso lo svolgimento di attività tecnica, come nell’appartamento oggetto di sequestro, si fosse avvicendato, tra l’inizio del 2021 e la data odierna, un consistente numero di donne di origine colombiana, circa 20, le quali, prendendo in locazione l’immobile in alternanza tra di loro e per periodi di tempo prolungati, previ accordi diretti con la proprietaria, vi svolgevano attività di prostituzione; molti clienti giungevano anche da altri comuni della provincia, essendo venuti a conoscenza dell’attività attraverso le numerose inserzioni pubblicate su note bacheche on-line di incontri. Gli annunci erano sempre generici, senza indicazione dell’ubicazione esatta dell’immobile, che veniva comunicata ai clienti, telefonicamente, solo quando si trovavano nelle vicinanze; circostanza quest’ultima in ordine alla quale la proprietaria dell’appartamento chiedeva in più occasioni rassicurazioni alle inquiline, preoccupandosi che attraverso gli annunci si potesse risalire alla sua persona ( “ma tu quando fai…tipo l’annuncio ci metti…?” “…..non metto nada….metto Cefalù e basta”)

La proprietaria era infatti perfettamente consapevole di quello che accadeva all’interno del suo appartamento, ma in ragione dei considerevoli guadagni derivanti dalla locazione in via continuativa dell’immobile, tollerava e, anzi, creava condizioni favorevoli per lo svolgimento dell’attività; al fine di evitare controlli delle Forze dell’Ordine, aveva infatti creato l’espediente di utilizzare una nota piattaforma di prenotazioni on-line, ma con il solo intento di far credere a terzi che l’appartamento fosse adibito a casa vacanze, quando in realtà di fatto impediva ad altri di poter prenotare un soggiorno facendolo apparire sempre “non disponibile”, per poi invece locarlo alle cittadine straniere, trattando direttamente con loro; donne che ormai conosceva bene e di cui si fidava ( “quelle che non conosco non gli rispondo più”); in un’occasione aveva fatto registrare in maniera surrettizia un amico di una delle donne, in modo da far credere che nell’appartamento vi soggiornasse una coppia, “sbloccando” in quella circostanza la piattaforma Web in modo da avere una copertura in caso di indagini, potendosi eventualmente dichiarare estranea e non a conoscenza del tipo di clienti che avessero prenotato il soggiorno ( “in caso io sono tranquilla perché dico a me la signora mi ha prenotato per due, mi ha detto che veniva con un amico quindi io sono tranquilla” e ancora “la devo sbloccare perché è tutta prenotata per te…ti abbasso il prezzo e ti faccio fare la prenotazione, poi il resto me lo dai lunedì…una parte in ogni caso la paghi con la carta di credito e poi il resto me lo dai”).

La proprietaria, come emerso nel corso delle indagini, si occupava sempre in prima persona di riscuotere in contanti i canoni di locazione, rimodulandoli addirittura in funzione dei periodi di maggiore o minore “lavoro” delle donne in relazione ai diversi momenti dell’anno o all’emergenza pandemica che aveva ridotto le loro attività ( “tu lo sai io ho abbassato per il Covid, ma già qua era 60 e tu lo sai a luglio hai pagato 80…io facevo luglio 80, agosto 100, settembre 80 e poi 60 tutto l’anno”).

Le indagini hanno evidenziato altresì il ruolo di favoreggiatori, oltre che della proprietaria dell’immobile, anche di altri tre soggetti, due dei quali residenti in altre province della Regione, i quali si occupavano di fornire assistenza logistica alle donne, provvedendo a far loro la spesa e le pulizie, ad accompagnarle in auto e a procurar loro tutto quello di cui avessero avuto bisogno, come anche a pubblicare recensioni positive in diversi siti di incontri, ricevendo prestazioni sessuali quale compenso per i propri innumerevoli servigi.

Le prestazioni delle donne avevano un costo variabile, con un minimo di 50 Euro, in relazione al tipo di servizio richiesto.

Le locazioni dell’appartamento hanno assicurato alla proprietaria una rendita costante, per un valore complessivo di alcune decine di migliaia di Euro.

Nel corso delle operazioni di sequestro sono state, inoltre, recuperate due agende nella disponibilità della proprietaria dell’immobile su cui la stessa nel corso del tempo aveva annotato minuziosamente gli estremi delle locazioni alle cittadine straniere, con indicazione particolareggiata di date, cifre e nominativi delle locatarie: una sorta di “libro mastro”.

Giova precisare che gli odierni indagati, sono, allo stato, indiziati in merito ai reati contestati e che la loro posizione sarà definitiva solo dopo l’emissione di una, eventuale, sentenza passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di innocenza.

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