Padre Antonio: un santo dei nostri giorni che da 22 anni vigila su Cefalù. Era il 3 dicembre del 2001 quando padre Antonio chiude gli occhi su questa terra. Due giorni dopo in cattedrale l’allora vescovo Francesco Sgalambro lo saluta a nome di tutta la comunità per l’ultima volta dandogli appuntamento nel Paradiso.
Anche se sono trascorsi 22 anni e i bambini di Cefalù non hanno mai incontrato padre Antonio, lui vive ben radicato nei ricordi di tanti bambini e di tanti giovani di quegli anni che oggi ne parlano ai loro figli. Raccontano di avere incontrato un prete Santo ma di essersene resi conto solo dopo la sua morte.
In quell’ultimo giorno di vita sulla terra padre Antonio aveva 70 anni. Era nato ad Arzano in provincia di Napoli il 4 maggio del 1931. L’infanzia la trascorre nei cortili della Parrocchia «Sacra Famiglia» della sua città. Perde i genitori sin dalla giovane età: prima la mamma e poi il papà. Entra nella comunità dei Giuseppini e frequenta la scuola media inferiore e il ginnasio a Viterbo presso l’Istituto S. Pietro. A quindici anni vive il suo noviziato a Vigone in provincia di Torino. Erano gli anni del dopo guerra e della ricostruzione. Antonio frequenta la scuola superiore a Ponte di Piave in provincia di Treviso fra il 1947 e il 1950. Gli anni del suo tirocinio, invece, li trascorre a Dipignano in provincia di Cosenza. Poi arriva il tempo degli studi teologici e si reca a Viterbo.
Il 22 marzo del 1958 viene ordinato Presbitero. Da quel momento inizia il suo impegno pastorale. Dapprima è insegnante a Roma. Poi prefetto del collegio ad Albano. Giovane sacerdote viene mandato a dirigere l’Istituto Murialdo di Segezia in provincia di Foggia.
Nel 1964 viene mandato a Cefalù e vi resta per sette anni fino al 1971. Si inserisce nella comunità, vive accanto ai suoi confratelli e opera nel Centro di formazione professionale. Lascia la comunità cefaludese per assumere la direzione della Scuola Apostolica a San Giuseppe Vesuviano. Vi resta dal 1971 al 1976. Nel 1977 viene inviato al centro di formazione e all’oratorio di Rossano. Vi rimane, però, appena un anno. Nel 1978, infatti, i suoi superiori lo rimandano a Cefalù ma questa volta quale parroco della parrocchia SS. Salvatore alla Torre. L’eredità che raccoglie non è delle più semplici. Fino ad allora, infatti, a guidare la parrocchia degli Artigianelli era stato padre Gerardo Capuozzo che per il suo modo di fare aveva lasciato un segno indelebile fra i parrocchiani.
L’arrivo a Cefalù di padre Antonio coincide con quello del nuovo vescovo Emanuele Catarinicchia. Fra il giovane vescovo, che arrivava da Corleone, e il giovane parroco degli Artigianelli si instaura presto un’amicizia pastorale. Padre Antonio si mette subito al servizio della gente. Incontra le persone a qualsiasi ora. Forte della testimonianza che gli arriva dal vescovo Catarinicchia, che rompe alcuni schemi della tradizione pastorale, anche padre Antonio non esita ad aprire la sua comunità parrocchiale al vento del Concilio vaticano secondo. E quando proprio Catarinicchia organizza per la sua Diocesi una grande riflessione a venti anni dal concilio, l’Istituto Artigianelli è scelto dal Presule quale sede per alcuni importanti appuntamenti diocesani. Lui padre Antonio è uno dei protagonisti di quella celebrazione.
Umile ma aperto alla comunicazione, padre Antonio pensa ad un organo di informazione per la sua comunità. Il 6 novembre del 1983 vede la luce il primo numero del periodico «Il Seme». Viene distribuito in occasione del 10° anniversario della Parrocchia e del 25° di sacerdozio del nuovo Parroco. «Lo abbiamo chiamato “il Seme” – scriveva nell’editoriale il direttore p. Vincenzo Tristaino – perché proprio come un piccolo seme giunge a voi… vuole essere un mezzo per sentirci più in comunione, per sentirci più Chiesa, per camminare più insieme. La nostra speranza più viva è che questo piccolo seme non muoia ma possa crescere e aiutarci a crescere».
Padre Antonio diventa presto un vero e proprio punto di riferimento per tutta la città di Cefalù. Il 20 ottobre del 1985 è lui a presenziare per l’inaugurazione del campo Santa Barbara. Il parroco degli Artigianelli benedice il campo sportivo e partecipa all’inaugurazione insieme all’allora sindaco Muffoletto. Qualche anno dopo, il 7 dicembre del 1987, non esita ad organizzare per la sua comunità parrocchiale la “Serenata a Maria”. Nel giugno del 1989 un’altra grande idea pastorale nasce all’ombra del campanile degli Artigianelli. Una manifestazione per fare giocare due settimane i ragazzi della città e vivere con loro momenti di crescita spirituale. Viene battezzata «estate ragazzi». Per l’occasione viene scomodato Asterix attorno alle quali avventure per alcuni giorni si snodano le avventure dei ragazzi cefaludesi. La comunità degli Artigianelli diventa presto punto di riferimento per la comunità ecclesiale dell’intera diocesi. La presenza umile del suo parroco promuove il laicato e favorisce la partecipazione liturgica. Fra le sue mura nasce la prima sala della comunità che il vescovo Mazzola promuove, intanto, in diocesi con un piano pastorale. All’ombra dell’oratorio degli Artigianelli nasce il primo piano pastorale per i giovani della diocesi. Tra i promotori anche l’allora Direttore degli Artigianelli, padre Pasquale Pagliuso.
Il 3 dicembre del 2001 un infarto stronca la vita terrena di padre Antonio. I suoi funerali si celebrano nella Chiesa Cattedrale. A presiederli il vescovo Francesco Sgalambro che lo ricorda quale parroco dei poveri e dei giovani. Una folla di persone, quel pomeriggio, si stringe attorno alla sua bara per l’ultimo saluto terreno. I giovani e quanti lo hanno conosciuto lo piangono. Hanno perso «il padre, il confidente e il confessore». La sua ultima giornata di impegno pastorale era trascorsa come una ordinaria giornata di impegno domenicale. Aveva curato le iniziative per l’avvio dell’Avvento. Aveva ascoltato i tanti fedeli che come era nel suo stile aveva salutato per nome, con la sollecitudine del pastore che dà orientamenti ed esortazioni per l’approssimarsi della festività dell’Immacolata, festa da sempre cara al suo cuore di giuseppino.
Padre Antonio è stato un uomo dolce, estremamente sensibile e timidissimo. Così lo ricorda Michele Gennuso sulla Rivista diocesana del gennaio 2002: «un uomo disponibile al dialogo che non si stancava di mettere in discussione se stesso e la sua fede confrontandosi con nuove teste e nuovi testi! Ho avuto la grazia di conoscere il prete: colui che consiglia, che indirizza, che si fa carico delle ansie e delle gioe di tutti. Eri un regalo per tutti, per i bambini, i giovani e gli adulti. Eri e sei un dono che ancora adesso rimane presente con il silenzio dei ricordi, che fanno trasalire nel cuore la gioia di sapere che Dio ci ha amati tramite te».
A ventidue anni dal transito di padre Antonio da questa vita a quella eterna ricordarlo è presentarlo quale Santo dei tempi moderni. Ha saputo fare della sua vita un passaggio umile e attento fra la gente in nome del Vangelo degli ultimi e dei più vicini al suo Cristo del quale ha sempre parlato amandolo fino alla fine dei suoi giorni.