Il Vescovo Francesco Sgalambro: un Pastore Santo che veglia su Cefalù dal cielo

Il Vescovo Francesco Sgalambro

Da otto anni, la Chiesa di Cefalù è sotto lo sguardo attento di un Vescovo […]

Da otto anni, la Chiesa di Cefalù è sotto lo sguardo attento di un Vescovo che, pur non essendo più fisicamente tra noi, continua a vegliare sulla sua amata diocesi dall’alto dei cieli. È il Vescovo Francesco Sgalambro, guida spirituale della diocesi cefaludense dal 2000 al 2009, che alla sua morte, avvenuta l’11 agosto di otto anni fa, ha scelto di riposare per sempre nella Cattedrale di Cefalù, segno tangibile del suo legame indissolubile con la comunità che ha servito con devozione.

A parlare del Vescovo Sgalambro come di un uomo e di un Vescovo santo è stato l’Arcivescovo emerito di Messina, Giovanni Marra, che lo ha conosciuto da vicino durante il suo servizio come Vicario Generale nella diocesi messinese, prima del trasferimento a Cefalù. Monsignor Marra, all’indomani della morte di Sgalambro, lo ha descritto come un pastore esemplare e di grande spiritualità, tanto da non escludere l’idea di proporne la beatificazione alla Santa Sede. Un’ipotesi che ha riempito di gioia i cuori di molti presbiteri della diocesi cefaludense, che avevano avuto il privilegio di conoscere e lavorare accanto a un uomo di fede così profonda. Anche i fedeli, che nel corso del suo episcopato hanno apprezzato la sua guida paterna e amorevole, hanno accolto con favore questa possibilità, riconoscendo in Sgalambro un esempio luminoso di vita cristiana.

Monsignor Sgalambro ha iniziato il suo ministero a Cefalù in un piovoso pomeriggio domenicale di primavera, l’11 giugno, giorno in cui la Chiesa celebrava la Pentecoste. Da subito, ha rivolto le sue attenzioni pastorali al territorio, accorgendosi delle difficoltà che la dislocazione dei vari comuni creava alla comunione pastorale. Non esitò a lanciare l’allarme sulle condizioni precarie delle strade delle Madonie e a richiamare l’attenzione delle istituzioni sul dramma dell’emigrazione, che stava spopolando i comuni madoniti. Per favorire la comunicazione e l’unione tra le comunità parrocchiali, da un grande impulso al giornale diocesano, con l’intento di far conoscere le numerose realtà positive del territorio e stimolare un cambiamento laddove necessario. Il mensile diocesano, che vide la luce pochi mesi dopo il suo arrivo a Cefalù, divenne presto uno strumento fondamentale per informare, formare e unire la comunità.

Il Vescovo Sgalambro non si limitava a guidare la diocesi dall’alto della sua carica, ma si impegnava personalmente nella distribuzione del giornale, affidando questo compito a un autista di sua fiducia, che portava le copie del mensile in tutte le edicole delle Madonie e nelle parrocchie della diocesi. Le riunioni della redazione si tenevano all’interno della casa vescovile, nel Salone di rappresentanza, e vedevano la partecipazione attiva del Vescovo, che curava una rubrica personale e lanciava messaggi al territorio. Particolarmente toccante era il suo appello a fermare l’emigrazione dei giovani, una piaga che lo faceva soffrire profondamente. Per affrontare questa sfida, il Vescovo richiese la realizzazione di inchieste mensili sul giornale diocesano, per fare luce sui problemi sociali del territorio e valorizzare le tante belle realtà che vi operavano.

Il 17 settembre del 2009, Monsignor Sgalambro annunciò personalmente in Cattedrale il nome del suo successore. Qualche giorno dopo, il 31 ottobre, salutò la diocesi e si ritirò a Messina, la città da cui proveniva. Ma anche lontano da Cefalù, il suo cuore è rimasto sempre vicino alla comunità che aveva tanto amato. La sua morte, l’11 agosto del 2016, ha lasciato un vuoto profondo, ma il suo ricordo vive ancora nei cuori di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Oggi, la Cattedrale di Cefalù custodisce non solo i resti mortali di un Vescovo, ma anche il suo spirito di dedizione, la sua profonda spiritualità e il suo amore per la sua gente. Monsignor Francesco Sgalambro non è stato solo un pastore, ma un vero padre spirituale, il cui esempio continua a ispirare la comunità cefaludense. E mentre il suo sguardo si posa dall’alto su quella che è stata la sua diocesi, i fedeli sanno di avere un intercessore potente e amorevole in cielo.

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