Referendum del 2025: Affluenza bassa nella provincia di Palermo. Cefalù e i comuni delle Madonie in linea con il trend regionale

Si è chiusa con una partecipazione piuttosto contenuta la giornata referendaria di domenica 26 maggio 2025, in cui i cittadini italiani erano chiamati ad esprimersi su cinque quesiti di rilevanza nazionale, toccando temi come il lavoro, i contratti, la responsabilità negli appalti e il diritto alla cittadinanza.

Nella provincia di Palermo l’affluenza complessiva è rimasta ben al di sotto del 20%, con un dato medio finale – valido per tutti e cinque i referendum – che si è attestato intorno al 18%. Un dato che fotografa un coinvolgimento limitato della popolazione, ben lontano dal quorum necessario per rendere validi i referendum.

Cefalù: numeri in linea con la media

Anche a Cefalù i numeri confermano la tendenza generale. Nella cittadina normanna, l’affluenza alle urne si è fermata al 17,18% sul primo quesito e valori pressoché identici anche per gli altri quattro. Un dato basso ma non sorprendente, considerando la disaffezione crescente dell’elettorato verso strumenti di partecipazione diretta come il referendum, specie quando il dibattito pubblico nazionale appare poco acceso.

I comuni delle Madonie: qualche eccezione positiva

Tra i paesi delle Madonie, spiccano alcuni centri con affluenze più alte della media provinciale. È il caso di Isnello, che ha raggiunto quasi il 29% di votanti, Prizzi con un sorprendente 28,2% e Petralia Sottana che ha sfiorato il 24%. Anche Castelbuono, Gangi e Polizzi Generosa si sono mantenuti su percentuali più alte rispetto ad altri centri della provincia, oscillando tra il 18 e il 22%.

Invece, restano su livelli bassi realtà come San Mauro Castelverde (13,2%), Gratteri (15,5%) e Lascari, che non ha superato il 14% di affluenza. Segnali di disinteresse o, più probabilmente, di distanza percepita dai cittadini rispetto ai temi trattati dai referendum.

Una consultazione che non ha scaldato gli animi

Nonostante l’importanza dei temi – dal diritto al lavoro alla cittadinanza – la campagna referendaria non è riuscita a coinvolgere in modo capillare le comunità. I cinque quesiti, tecnici e articolati, hanno faticato a entrare nel dibattito quotidiano. L’assenza di una campagna informativa efficace, l’elevato grado di astensione e il clima di disillusione politica hanno fatto il resto.

Resta il dato: una consultazione democratica poco partecipata, che lascia aperte molte riflessioni non solo sul contenuto dei referendum ma anche sulla distanza crescente tra cittadini e istituzioni.

Chi avrà la responsabilità politica e civile di interpretare questo risultato dovrà chiedersi non solo il “perché” di questa astensione, ma anche il “come” colmare questo vuoto. Perché la democrazia, per vivere davvero, ha bisogno di partecipazione. Anche e soprattutto nei piccoli comuni.

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