Il vescovo Giuseppe Marciante saluterà il settore Est della Diocesi di Roma, dove svolge il suo Ministero di vescovo ausiliare da nove anni, il prossimo 18 marzo alle ore 17,30. L’appuntamento è presso la Parrocchia Ognissanti di via Appia Nuova. «Ringrazio la Diocesi di Roma – dice il vescovo Giuseppe – per quanto ho imparato e per quanto mi ha dato». Il vescovo Marciante inizierà il suo Ministero episcopale a Cefalù sabato 14 aprile.
Vi proponiamo una intervista rilasciata dal Vescovo Marciante nello scorso mese di novembre alla giornalista Sara Fornaro di cittanuova.it
Eccellenza, dopo i fatti di Ostia e, più in generale, in una situazione sociale difficile, quale deve essere l’impegno della Chiesa e dei cristiani contro illegalità e mafie?
«Ci sono dei passaggi importanti da fare. Il primo punto è prendere coscienza, ma si prende coscienza solo se si conosce, e questo è il secondo passaggio. Per cui l’impegno per ogni comunità è di conoscere le problematiche e i fenomeni, soprattutto informandosi con notizie di prima mano. Spesso, invece, si sanno le cose “per sentito dire”, ma noi sappiamo che per sentito dire non si conosce la verità. È soprattutto abitando in un ambiente che si può capire cosa succede».
Quindi c’è bisogno, innanzi tutto, di una presa di coscienza e di un’informazione corretta. Poi?
«Terzo punto, la responsabilità. Dopo che una persona ha preso coscienza ed ha conosciuto il fenomeno, deve schierarsi, deve sapere da che parte stare. Questo significa un cambiamento nella propria vita. Un cambiamento che, come dice don Luigi Ciotti, non parte solo dal basso, ma parte da dentro, parte soprattutto dal cuore, e questo è un altro passaggio importante. Poi, bisogna esercitare la cittadinanza, la propria responsabilità, creando una rete. Le 83 parrocchie del mio Settore, se riescono a fare una rete di gente che ha piena coscienza, che conosce i fenomeni e si impegna, possono cambiare un ambiente. Papa Benedetto XVI parlava delle minoranze attive. Qualcuno diceva che oggi la Chiesa è un po’ una minoranza, però le rivoluzioni si fanno con le minoranze, non si fanno con le masse».
A proposito di minoranze attive: Roma ha aperto le porte delle parrocchie ai poveri e agli immigrati accogliendo l’appello lanciato già qualche anno fa, da papa Francesco. Com’è stata la risposta delle comunità?».
«La risposta è stata positiva però, a volte, c’è una burocrazia che mortifica la spontaneità…».
Intende la burocrazia da parte delle istituzioni?
«Sì. Quando il Papa ha fatto quel richiamo, molte parrocchie erano disponibili ad accogliere, ma solo alcune hanno potuto rispondere perché avevano le condizioni per farlo. Ecco, penso che forse bisognerebbe sveltire la burocrazia per permettere a più comunità di poter accogliere, anche in modo molto modesto, molto semplice».
Quindi il suo è anche un appello?
«Sì, è anche un appello alle istituzioni, affinché l’accoglienza sia possibile».