Da 36 anni vescovo: Rosario Mazzola un presule attento alla città di Cefalù

Da 36 anni vescovo. Era il 4 settembre del 1982 quando il Cardinale Salvatore Pappalardo ordinava vescovo mons. Rosario Mazzola. Dopo qualche anno, il 23 luglio del 1988, Mazzola è stato scelto da Papa Giovanni Paolo II per guidare la diocesi cefaludese. Inizia il suo Ministero il 17 settembre con una celebrazione in Piazza Duomo, in quanto la Cattedrale era interessata da alcuni lavori di restauro. Resta alla guida della Diocesi per dodici anni. Durante il suo episcopato i mass media si sono interessati alla sua azione pastorale. Lo hanno definito un vescovo coraggioso, un presule vicino alla gente, un amico dei giovani. I grandi media nazionali hanno parlato di lui quale Vescovo della comunicazione per avere dato alla diocesi un piano pastorale sulla comunicazione. Il primo a livello nazionale. Per questo è finito tra i banchi di alcune facoltà teologiche ed è stato oggetto di discussione fra i vescovi della Conferenza episcopale francese.

Per Cefalù il vescovo Rosario Mazzola è stato un Presule attento alla città. Per il suo primo Natale, infatti, fa visita al Municipio ed al consiglio comunale. E’ il 20 dicembre 1988, ad accoglierlo è il sindaco Imbraguglio. Nel suo discorso ai consiglieri, il Presule, si rivolge a tutte le forze politiche della città e chiede loro di spezzare le remore oscure e gli interessi di parte per fare il bene della popolazione. Un anno dopo, quando la città vive un momento di grave crisi politica e resta 58 giorni senza sindaco, Mazzola scrive ai consiglieri comunali e rivolge loro un appello al senso di responsabilità. Chiede la massima trasparenza nel modo di condurre la politica locale. Pubblicamente dice loro che non è lecito giocare sulle sorti della città. Chiede ad ogni partito di assumere la propria responsabilità in senso al consiglio comunale. “Si pervenga ad una intesa perché la città abbia la sua amministrazione e ritrovi fiducia e la speranza per il domani”. Mazzola, senza esitazione, implora i consiglieri. “Vi scongiuro – scrive – per quella economia della nostra città che è allo sfascio. Siate responsabili oggi, domani potrebbe essere troppo tardi per voi e per la ripresa della vita della nostra gente”. Il Vescovo Mazzola invita i consiglieri a intraprendere vie nuove, ad aprire il dialogo con il popolo e ad essere coerenti all’impegno. 

Nello stesso periodo rilascia una intervista che il direttore del Corriere delle Madonie, in una nota in prima pagina, definisce “una intervista amara”. A due anni dal suo arrivo a Cefalù, infatti, il Vescovo parla per la prima volta pubblicamente di Cefalù e dice che è esposta a rischi e pericoli che mettono a dura prova la gente che soffre in silenzio. Senza timore dice che il suo predecessore Catarinicchia ha detto la verità perché lui stesso se n’è reso conto. “Una cappa indecifrabile cinge la città – dice Mazzola – quei silenzi e quegli atteggiamenti che appaiono inspiegabili, hanno amare motivazioni: ci sono forze oscure che condizionano la vita della città e per molti la strada dell’omertà è una tappa obbligata”. Il vescovo non condivide l’azzeramento portato avanti dalla democrazia cristiana perché troppo esasperato ed esasperante. “In questa città non ho visto un movimento di massa, non ho visto un’assemblea popolare degna di questo nome a parte quella dei ghetti dei partiti per poche persone. Dov’è il popolo che si lamenta? Gli stessi commercianti si denunziano uno con l’altro senza esclusione di colpi: sono questi gli interessi di Cefalù? Questi sono interessi privati che vogliono prevalere su quelli di altri: ma non sono gli interessi della collettività”.

L’attenzione di Mazzola alla città di Cefalù è costante. Il 6 agosto del ’90, a conclusione della processione del Salvatore, alza la voce contro la situazione di stallo in cui versa il Municipio cefaludese. Parla di una città nel degrado. Bacchetta la democrazia cristiana per la lotta a ultimo sangue delle sue correnti. “Ci sembra veramente inspiegabile che una città che vanta tanta storia e tanta cultura, non possa poi essere governata come si conviene. Quanto queste persone sono lontane dal seguire il Cristo”. Quella sera Mazzola torna a rivolgere un appello perché nel dialogo si costruisca la comunione fra tutte le forze politiche e sociali.  La città sembra reagire alle sue parole. Nell’estate del ’91 nasce la Pro Cefalù e il vescovo non esita a parlare di aria nuova che si respira in città. Intanto la città di Cefalù, nel giugno del 1993, elegge con un plebiscito La Grua a sindaco. Al primo appuntamento ufficiale, durante i festeggiamenti del Salvatore, Mazzola si rivolge direttamente al sindaco e alla giunta. Alla fine della processione lo invita ad andare fino in fondo e di lottare contro persone o istituzioni, siano esse mafiose massoniche o di qualsiasi altra identità, siano esse falsamente cristiane, pur di riuscire a dare un volto nuovo alla città di Cefalù. Nel suo discorso il Presule chiede a sindaco e consiglio comunale di lavorare sino in fondo per portare alla realizzazione tutte le giuste, migliori e urgenti aspirazioni della cittadinanza. “la città ha bisogno dei più necessari servizi sociali e ospedalieri. La città ha bisogno di seri interventi per tutti i settori della sua vita, in particolare quello giovanile”. Il vescovo chiede per la città un’amministrazione moderna, efficace, pronta nelle decisioni e ancor di più nelle attuazioni. Dopo questo discorso ufficiale di augurio al sindaco e al consiglio comunale il vescovo fa silenzio sulla città. Per tre anni guarda, ascolta, attende.

Il vescovo Mazzola torna a parlare di Cefalù il 6 agosto 1996 ancora una volta alla fine della processione del Salvatore. Dice di leggere gli sguardi dei cefaludesi ed elenca i problemi irrisolti nella città. I giovani che non hanno lavoro e sono senza speranza per il loro futuro. I costosi canoni d’affitto a cui vanno incontro quanti cercano una casa a Cefalù. L’acqua non potabile che impunemente continua a scorrere dai rubinetti della città. Il cefaludese costretto a vivere economicamente per dodici mesi l’anno come fosse turista. Il falso turismo che distrugge famiglia, tradizioni e costumi della città. Il vescovo invita a rifondare la città sull’accoglienza e la lealtà ed invita le comunità parrocchiali ad un impegno più forte nella costruzione di Cefalù. Su queste problematiche torna ancora una volta l’anno dopo: mancanza di acqua potabile, il degrado dei beni culturali e ambientali, l’assenza di strutture culturali e sociali per le giovani generazioni. Il vescovo parla dell’assenza di un programma efficace che dia possibilità di lavoro. Torna ad invitare i cefaludesi a liberarsi di quel male oscuro che attanaglia la città “che la rende avvolta da coscienze e persone poco attente al bene comune e più attente invece agli interessi di parte e personali e che quasi sempre coincidono con un intreccio di interessi economici e politici”. E’ il 1997. 

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