Festa del SS. Salvatore: il Discorso del Vescovo al rientro della Processione

Carissimi fratelli e sorelle,
Carissimi amici e amiche,

anche quest’anno siamo riuniti per celebrare insieme la festa della Trasfigurazione del Signore, la nostra festa del Santissimo Salvatore. Stasera sono in mezzo a voi come un vostro fratello: un discepolo di Cristo come tutti voi. Sono anche un vostro concittadino che partecipa alla vita comune e che con voi vuole dare un significato all’esistenza e al presente a partire dal Vangelo. Con voi desidero sognare, costruire un futuro che segua le vie della progettualità, della condivisione, della reciproca fiducia; lontani dalla mentalità degli sconfitti, dei perdenti e dei rassegnati. Stasera stiamo incontrando il Cristo Trasfigurato che ci invita ad abbandonare tempestivamente e con convinzione ogni via di fuga dal senso del dovere e dalla responsabilità personale. Non rifugiamoci nel vuoto delle sterili mormorazioni o delle facili deleghe che ci trasformano in superbi maestri che insegnano agli altri quanto possano e debbano fare. Sono questi i primi passi da compiere se vogliamo, sinodalmente, iniziando dal Vangelo. Ne sono convinto, è a partire dal Vangelo, dal suo fermento e dal suo lievito che bisogna lavorare per la costruzione armonica della nostra Cefalù e dei Comuni della nostra Diocesi; Comuni che sogno come luoghi non solo abitati, ma sempre più “trasfigurati” dalla Bellezza di Dio. Ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Siamo tutti fratelli perché tutti noi indossiamo l’abito che porta la firma più prestigiosa, quella di Dio e della Sua bellezza. Al cospetto di questo mirabile tempio che è la Basilica Cattedrale iniziamo un viaggio ideale insieme, aprendo i nostri cuori alla Parola del Signore.

I nostri giovani emigranti.

La nostra preghiera tocca una tappa importante: non dimentichiamo i nostri giovani con le valigie che lasciano la nostra terra per inseguire con tenacia e coraggio i loro sogni che spesso si trovano sulle cime impervie di un Tabor lontano diverse migliaia di chilometri dalla nostra splendida isola. Vi consegno dei dati che, credo, debbano farci riflettere: lo scorso anno oltre 128.000 connazionali hanno lasciato l’Italia; di questi, più di 24.000 erano minori, definiti “minori con la valigia”.
Le cifre sono talvolta impietose: quasi il 17% di questi minori ha meno di 14 anni. Non si tratta di un fenomeno transitorio. Chiediamo luce al Cristo trasfigurato per capire meglio il futuro e le profonde e radicali trasformazioni della geo-politica mondiale che ci toccano anche da vicino, coinvolgendo i nostri centri abitati. Tanti nostri connazionali e conterranei sbarcano a Londra, Berlino, Amsterdam, Parigi, New York, Sidney e perfino a Shangai. Un numero sempre crescente di Italiani continua a raggiungere la Spagna. Si è stanchi di retribuzioni dimezzate, di lavoro sommerso non tutelato, di precari ancora non ancora stabilizzati dai nostri enti pubblici come la Regione e i nostri Comuni, di un paese che non riesce ancora a premiare il merito, di una burocrazia asfissiante, di una situazione perennemente stagnante. Talvolta ci si trova obbligati a una scelta atroce: o ci si accontenta di essere schiavi o si è costretti a partire. Siamo vicini a questo flusso inarrestabile, a questa emorragia di ristoratori, pizzaioli, camerieri, medici, commercialisti, muratori, insegnanti, giovani universitari e persino minori che sono costretti a imbarcarsi per un viaggio di sola andata, spesso senza ritorno. A voi, cari fratelli emigrati, rivolgo un saluto affettuoso; certo che in questo momento siete presenti con il cuore. A Cefalù e in tanti borghi delle Madonie ho incontrato tante mamme e papà che hanno i figli lontano da casa: vedono il frutto del loro amore lasciare la terra dei propri padri. A voi, cari genitori, giunga il mio pensiero paterno.

Gli immigrati tra noi.

Sostiamo ora in preghiera. Preghiamo affinché ci sia una grande fratellanza: è un tema tanto caro a Papa Francesco. Infatti, insieme al Grande Imam di al-Azhar ha scritto un Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Nel documento ci viene ricordato che: «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare»[1]. E noi tutti, stasera, come discepoli del Cristo Trasfigurato, vogliamo con la nostra preghiera stare accanto a quei nostri fratelli che hanno urgente bisogno di incontrare il volto luminoso del Cristo, di ricevere la Luce di Dio, la Sua gloria, e la Sua Speranza. Il nostro ricordo vada al prossimo più prossimo che abita a pochi passi da noi, ma che arriva da quelle aree del mondo tanto diverse dalle nostre. Tanto povere, abitate solo dal buio della disperazione, dal grido di guerre sanguinose, di morti anche innocenti.
Raggiungiamo con la luce della nostra preghiera e della nostra fede i nostri fratelli immigrati. Penso a quelli che risiedono al centro di accoglienza di Piano Zucchi: li ho incontrati giorni fa. La compostezza dei loro gesti, di ogni loro movimento mi ha consegnato il disagio della gratitudine. Li ho osservati. Dai loro occhi traspariva tristezza, dolore. Erano occhi velati da paure mai raccontate, portavano le cicatrici di affetti spezzati. In quel centro è come se fossi stato “arrostito” dalla grazia di Dio. Anche loro sono umani; hanno bisogno di progetti di Speranza. Non lasciamoci travolgere dall’odio, dal populismo e dalla paura dell’altro uomo. La luce del Cristo trasfigurato faccia nascere o rafforzi in noi la mentalità dell’accoglienza, dell’integrazione, ci spinga a un forte rinnovamento interiore che ci allontani dal vedere nel fratello immigrato un peso da portare, ma a considerarlo una risorsa. Ce ne dà una profetica conferma un dato riportato dal quotidiano Avvenire: la realtà dell’immigrazione offre alla scuola italiana oltre 850.000 minori provenienti da 160 diversi paesi del mondo. Siamo di fronte a una fonte di ricchezza inesauribile e spesso ancora inesplorata. Se la confrontiamo ad un’altra cifra, quella della diminuzione degli studenti italiani in Sicilia, pari a 11.000 unità l’anno. Ciò significa che ogni anno muore un paese. Impegniamoci a essere una Chiesa che decide di stare in piedi che impara a capire come gli “scarti” diventino pietra angolare. I più fragili. Proseguiamo questo nostro viaggio raggiungendo i più fragili: gli anziani, gli ammalati e quanti si trovano nelle stanze dei nostri ospedali di Cefalù e di Petralia Sottana e del centro Regina Mundi di Finale di Pollina che si occupa delle cure e dell’assistenza degli anziani. Accogliamo il lamento di chi soffre. L’ho già affermato in altre occasioni, la medicina ha le sue capacità così come la Chiesa ha le sue risorse: la preghiera, la tenerezza e la luce della Fede capace di far germogliare la speranza negli ammalati, nei familiari chiamati ad accudirli, nei medici e in tutto il personale sanitario che spesso ha la missione non solo di curare il malato ma di accompagnarlo con dignità alla soglia della vita eterna. Metto all’attenzione del Comune di Cefalù il progetto di accoglienza presentato dalla Diocesi a favore dei familiari in difficoltà degli ammalati del “reparto risvegli” dell’ospedale di Cefalù; lo sollecito a dare una risposta celere e credibile. Pensiamo ancora una volta agli anziani: ascoltiamo i disagi che vivono, spesso abbandonati alla solitudine. Gli anziani vanno sempre rispettati e ascoltati perché sono la nostra memoria. Mettiamoci dunque nei panni di un anziano, specialmente del centro storico, che deve procurarsi acqua potabile perché a Cefalù l’acqua non lo è. Pensiamo cosa significa per un anziano, caricato di un peso non indifferente per le sue forze, affrontare le scale della propria casa; vere e proprie barriere architettoniche insormontabili.

Un turismo sostenibile.

Un’ultima riflessione in questo itinerario non può negligere la nostra amata Cefalù. Le innumerevoli presenze turistiche sono per noi motivo di orgoglio perché rendono giustizia alle bellezze della città e ne fanno conoscere l’intramontabile fascino in ogni parte del mondo. Adoperiamoci insieme, nel rispetto massimo dei diversi ruoli e delle differenti competenze, perché il turismo della nostra Città diventi sempre più sostenibile, di qualità, attento ai bisogni non soltanto di chi vive Cefalù una settimana in estate, ma di chi la vive costantemente perché l’ha scelta come luogo della propria vita, dei propri legami affettivi, del proprio lavoro. L’attenzione e la cura per il turista non possono prescindere dal rispetto e dal pieno soddisfacimento delle legittime esigenze della popolazione locale, soprattutto dei servizi essenziali; persino il diritto a riposare la notte, quando – spesso impossibilitati a chiudere gli infissi per l’afa estiva – subiscono schiamazzi fino a notte fonda. Puntiamo allora sempre più in alto, «duc in altum: prendi il largo!»[2]; come disse Gesù a Pietro. Usciamo dai ristretti parametri di un turismo “mordi e fuggi”, interessato al soddisfacimento di aspetti legati al semplice divertimento. Apriamo i nostri orizzonti a iniziative culturali che rendano protagonisti i giovani e le tante associazioni presenti sul territorio, a progetti durevoli che diano voce alla nostra storia e alla nostra identità.

Concludo questo dialogo, questo viaggio compiuto con voi sotto lo sguardo benedicente del Pantocratore, con una riflessione del filosofo francese Jacques Maritain: «Gli uomini, oggigiorno, hanno bisogno di segni. Essi hanno bisogno di fatti, anzitutto dei segni sensibili delle realtà delle cose divine […]. Un Cristianesimo decorativo ormai non è più sufficiente. La fede deve essere una fede reale, viva, pratica […]. La speranza terrestre del Vangelo potrà così finalmente divenire la forza vivificatrice della storia temporale»[3].

La Trasfigurazione del Salvatore riempia la storia delle nostre vite e delle nostre azioni della Sua pedagogia luminosa e rivoluzionaria capace di allontanare dalle nostre coscienze la ruggine della sfiducia e il grigiore del pessimismo, pericolose tentazioni sempre in agguato quando si sceglie il sentiero fulgido della Speranza.

Invochiamo Maria, sicuri che Lei, Madre della Speranza e icona della Chiesa in cammino, sarà nostra compagna di viaggio, non stancandosi mai di ricordarci, come a Cana di Galilea: «Fate quello che Lui vi dirà»[4].

✠ Giuseppe Marciante
Vescovo di Cefalù

[1] Francesco – Ahmad Al-Tayyeb, Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019.
[2] Lc 5,1-11.
[3] J. Maritain, Il significato dell’ateismo contemporaneo, Brescia, Morcellania, 1950, p. 40.
[4] Gv 2-5.

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