Cefalù: il vescovo Marciante indice il XII sinodo della diocesi cefaludense

«Ho voluto fortemente questo Sinodo diocesano. Il Sinodo vuole essere la risposta concreta all’invito alla vigilanza perché il Signore non ci trovi addormentati, ma operosi nel custodire e trasmettere la fede, nel conservare l’unità, nel vegliare per non permettere al ladro di rubarci la speranza, nel fare attenzione perché a nessuno dei piccoli del Vangelo manchi il pane della carità». Con queste parole il Vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, ha indetto il XII sinodo della diocesi cefaludense. Nel corso di una Celebrazione eucaristica in Cattedrale, nella serata di sabato 28 novembre, prima domenica di Avvento, il Presule ha ricordato a tutti, sulla scia dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, che è importante una conversione pastorale, di un cambiamento di tutte le componenti della Chiesa.

«La conversione – ha continuato Marciante nella sua omelia – esige un mutamento, la nascita di qualcosa di nuovo nella missione della Chiesa che non sia la prosecuzione di quello che si è fatto. Innanzitutto una svolta nella Chiesa in senso sinodale; una “Chiesa dell’ascolto”. E ponevo le domande: come “ci collochiamo” in questa proposta di cammino di riforma? Ci sentiamo coinvolti o non ne siamo convinti? Siamo disponibili a compiere un cammino di discernimento comunitario dei segni dei tempi per realizzarla?». Il vescovo ha ricordato che nei suoi primi tre anni di episcopato a Cefalù ha avuto modo di conoscere – alla luce di Evangelii Gaudium – i contesti, i bisogni e le istanze del Popolo Santo di Dio. «Necessità tali da farmi considerare come ormai maturi i tempi per vivere un Sinodo diocesano, l’ultimo dei quali è stato celebrato nel lontano 1706 dal mio precedessore Mons. Matteo Muscella. Il Sinodo diocesano risponde inoltre alla richiesta, più volte avanzata, da questa Chiesa locale tra la fine del XIX e tutto il XX secolo. Purtroppo tutti questi tentativi sono falliti: in particolare nel 1915, il Sinodo indetto e minuziosamente preparato da Mons. Anselmo Evangelista Sansoni (suo il pastorale che utilizzo stasera) fu rimandato per l’imminente pubblicazione del Codice di Diritto Canonico e non più celebrato per lo scoppio della Grande Guerra».

Il Vescovo ha ricordato i più recenti percorsi verso il Sinodo, nella nuova prospettiva aperta dal Concilio Vaticano II, avviati da Mons. Emanuele Catarinicchia e da Mons. Francesco Sgalambro che usò l’immagine del treno: la Diocesi di Cefalù – ebbe a scrivere – è come una stazione che aspettava il treno da trecento anni. «Prendere il treno del sinodo o lasciarlo passare?»: fu questo l’interrogativo di una sua Lettera. Entrambi i tentativi però non sono giunti a compimento.

«Vi confesso che l’avvento della pandemia, sulle prime, mi ha scoraggiato nell’intraprendere l’esperienza di un Sinodo diocesano.mMi sono chiesto: come faremo a celebrarlo in un contesto dove non è possibile l’incontro? A un certo punto però nella tragedia ho visto affiorare anche il volto del bene. Ho visto affiorare l’avvento del Signore anche in questa tragedia. Difatti sono ritornate le grandi domande sui “fondamentali”, sulla vita e sulla morte, e l’invocazione di una preghiera universale. Tutti noi abbiamo ancora negli occhi l’immagine del Papa in preghiera in una silenziosa e vuota Piazza San Pietro. É emerso il legame planetario tra tutti gli esseri umani quando un virus ha abbattuto in un lampo tutti i confini tra i popoli. Un’efficace lezione di fraternità universale: abbiamo capito che ci si salva insieme. Se da una parte abbiamo visto svuotarsi le chiese, specialmente durante il lockdown, dall’altra sono emerse la grande risorsa della Chiesa domestica, la famiglia, e le potenzialità dei media nella trasmissione della fede. Ha preso forza il bisogno della vita relazionale, il valore della solidarietà, l’orientamento della scienza a servizio della vita. Allora mi sono detto: la pandemia è il tempo opportuno per una grande purificazione, partendo da una conversione sinodale per intraprendere sentieri inediti per un rinnovato annuncio della fede».

Il Vescovo ha così continuato: «Nella tragedia il Sinodo si è presentato come un kairόs, un tempo di grazia, in cui lo Spirito mette in cammino un popolo per andare incontro al nuovo che il Signore sta preparando per la Sua Sposa, la Chiesa. E così, incoraggiato dai miei collaboratori, ho deciso. Affido alla Lettera pastorale Si avvicinò e camminava con loro e alla Lettera di indizione del Sinodo i sentimenti e i contenuti con i quali affrontare questo speciale evento dello Spirito. Ringrazio P. Salvatore Vacca, O.F.M. Capp. per le “provocazioni” che ieri sera ci ha offerto con la sua relazione introduttiva all’indizione del Sinodo. Un’autentica lectio magistralis. Confido nel lavoro attento e puntuale della Commissione e della Segreteria sinodale. Invito tutti ad accogliere con entusiasmo questa chiamata speciale dello Spirito. Ringrazio anche Mons. Giuseppe Liberto, già direttore della Cappella musicale pontifica Sistina, per aver musicato per la nostra Chiesa alcune parti della nuova liturgia del Messale Romano, specialmente il Padre nostro che canteremo tra poco. Consegno all’intercessione di Santa Maria Odigitria il cammino dei prossimi anni, e invoco la sua presenza umile e sicura come nel cenacolo della Pentecoste. Dove Lei è presente è assicurata l’azione dello Spirito Santo, l’unità e la concordia, l’entusiasmo e la certezza di camminare nella via del Vangelo segnata dal Figlio Suo, il Signore Gesù Cristo. Non mi resta che invocare con l’invocazione tipica dell’Avvento: “Maranà tha, Vieni Signore Gesù!”. Lo Spirito e la Sposa dicono: “Vieni Signore Gesù!”. Auguro a tutti un buon cammino sinodale!»

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