Fra Aurelio Biundo (Vincenzo il suo nome di battesimo) è un frate cappuccino che dedica la sua vita al servizio di Dio e della comunità, incarnando con grande umiltà e dedizione i valori cristiani di amore, carità e accoglienza. Nato a Castelbuono nel 1943, ha intrapreso fin da giovane la via religiosa, trovando nella spiritualità francescana il fondamento per un cammino di fede che lo ha portato a vivere in stretta comunione con le persone, soprattutto quelle più emarginate e vulnerabili. La sua missione si è sviluppata in diverse comunità, prima a Cefalù, poi a Paternò, e infine nuovamente nella cittadina siciliana, dove ha ricoperto ruoli di responsabilità come vice parroco e parroco, offrendo sempre una testimonianza di vita cristiana autentica. La sua opera pastorale, caratterizzata da una forte attenzione alla cura dei giovani, dei poveri e degli emarginati, è stata accompagnata da un profondo legame con la preghiera, la riflessione spirituale e l’amore per il prossimo.
Infanzia giovinezza e vocazione
Trascorre la sua infanzia in un contesto socio-culturale che, pur essendo profondamente radicato nella tradizione agricola siciliana, è segnato da significativi cambiamenti storici. Nato a Castelbuono il 24 marzo 1943, in un periodo di grande fermento per l’Italia, la sua infanzia coincide con gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale e la successiva ricostruzione. La Sicilia, come molte altre regioni italiane, sta vivendo le difficoltà della fine del conflitto e i primi segnali di una trasformazione sociale e economica che avrà un impatto duraturo nelle decadi successive. Lontana dalle grandi città e dalle trasformazioni industriali, la sua famiglia vive una realtà di povertà rurale, ma immersa in una forte coesione familiare e comunitaria, valori che lo segneranno profondamente.
La sua famiglia, umile e composta dal padre pastore e da una madre attenta alla formazione morale dei figli, gli trasmette fin da piccolo un senso di responsabilità e di fede profonda. Vivendo a Castelbuono, un paese montano immerso nelle tradizioni religiose e culturali siciliane, cresce in un ambiente dove la religiosità popolare è parte integrante della vita quotidiana. Ogni domenica, la Messa e i momenti di preghiera in famiglia sono occasioni fondamentali di formazione, a cui si aggiungono le figure dei Frati Minori Cappuccini del convento locale, che diventano modelli di riferimento spirituali per il giovane Vincenzo. In questo periodo, la Sicilia rurale, ancora fortemente legata alle tradizioni del passato, è attraversata dalla crescita del movimento religioso e sociale che influenzerà la formazione del giovane frate.
A partire dai primi anni della sua adolescenza, Vincenzo comincia a nutrire il desiderio di intraprendere la vita religiosa. Nonostante le difficoltà economiche e la fatica di essere lontano dalla famiglia, il giovane sente fortemente la chiamata ad entrare nel seminario. Questo periodo, che coincide con gli anni ’50 e ’60, vede l’Italia proiettata verso il boom economico, ma la Sicilia è ancora segnata da un isolamento economico e culturale. Le scuole sono poche e la cultura di massa non è ancora diffusa come nelle aree urbane. Tuttavia, l’educazione religiosa che riceve nel seminario di Randazzo è intensa e segna il suo cammino verso la maturazione vocazionale. In questo periodo è anche influenzato dalle idee pedagogiche e spirituali che in quegli anni venivano proposte dalla Chiesa, come quelle di Papa Giovanni XXIII e del Concilio Vaticano II, che stavano per segnare una rinnovata visione della religione e dell’approccio pastorale.
Il contesto storico di quegli anni è caratterizzato da forti tensioni sociali, ma anche da un grande fermento culturale. In Sicilia, il conflitto tra tradizione e modernità è molto vivo, e questo si riflette anche nella vita del giovane Vincenzo. La sua decisione di entrare nel seminario, in un’epoca in cui le opportunità professionali per i giovani erano ancora legate principalmente al mondo agricolo o artigianale, è espressione di una ricerca spirituale profonda e di un desiderio di riscatto, ma anche di una sfida contro un sistema che sembrava limitare le sue aspirazioni. L’impatto della Chiesa nella sua formazione è cruciale: è attraverso il contatto con i frati e il dialogo con i suoi educatori che Vincenzo, inizia a comprendere la sua vocazione e la missione che desidera intraprendere nella sua vita.
L’arrivo a Cefalù
Nel dicembre del 1972 arriva a Cefalù, portando con sé la ricca esperienza di formazione religiosa maturata negli anni trascorsi in seminario e nelle diverse parrocchie. L’arrivo in una realtà relativamente piccola come quella di Cefalù segna un momento di adattamento per il giovane frate, che inizialmente sente di trovarsi dentro un “bicchiere”, un’espressione che ben descrive il suo senso di smarrimento. La città di Cefalù, pur affacciata sul mare, vive ancora di tradizioni fortemente legate alla fede e alla cultura siciliana. E’ incaricato di dirigere una casa di formazione, un compito che lo impegna nella cura dei giovani provenienti da diverse famiglie, tutti impegnati negli studi al liceo e al ginnasio Mandralisca. Nonostante l’apparente isolamento del suo incarico, inizia subito a farsi conoscere per il suo impegno sincero e per la sua capacità di entrare in sintonia con i ragazzi, trasmettendo loro valori di fede e di crescita personale.
Nel corso degli anni, il suo ruolo non si limita alla sola gestione della casa di formazione. Si dedica anche all’insegnamento della religione nelle scuole medie di Lascari e di Cefalù, dove entra in contatto con una realtà variegata, composta da ragazzi provenienti da famiglie di diversa estrazione sociale. Questo impegno nelle scuole lo porta a confrontarsi con una realtà complessa, in cui le difficoltà familiari e sociali influenzano profondamente la vita dei giovani. La sua capacità di adattarsi a queste diverse realtà, mantenendo un dialogo aperto con i ragazzi e con le loro famiglie, diventa uno degli aspetti più apprezzati del suo ministero. La sua figura cresce come punto di riferimento spirituale, non solo per i giovani ma anche per gli adulti, grazie alla sua capacità di comunicare e di essere vicino alla gente, non solo nella chiesa ma anche nelle attività quotidiane.
Fra Aurelio non si limita a un ruolo esclusivamente educativo o pastorale. Il suo impegno nella comunità di Cefalù si amplia ulteriormente quando, dopo la morte di padre Giuseppe Camilleri, diventa vice parroco della Parrocchia di San Francesco. Questo nuovo incarico segna l’inizio di un lungo periodo di servizio in questa parrocchia, che lo vede impegnato in una molteplicità di attività religiose e sociali. La sua presenza nella parrocchia è caratterizzata da un’intensa vita comunitaria, che include la preparazione dei giovani per la cresima, l’organizzazione di pellegrinaggi e momenti di ritiri spirituali, ma anche la cura dei bisogni quotidiani della gente. Entra in contatto diretto con una vasta fetta della popolazione di Cefalù, dalla classe operaia alla borghesia locale, diventando il frate che ha il cuore per i poveri e per i più emarginati.
Nel 1989, dopo aver servito come vice parroco, assume la guida della Parrocchia di San Francesco come parroco. Questo passaggio segna un momento cruciale nella sua vita religiosa e pastorale, poiché da quel momento diventa responsabile del benessere spirituale di tutta la comunità. Come parroco, continua a mantenere un forte legame con la gente di Cefalù, lavorando incessantemente per promuovere la fede e l’educazione cristiana. Tra le sue iniziative più significative ci sono i numerosi recital di carattere religioso, che vengono rappresentati in chiesa, diventando momenti di forte condivisione per la comunità. In questi anni, la sua figura assume una dimensione di grande autorevolezza e rispetto, ma anche di umiltà, sempre pronto ad ascoltare e a confortare chi ha bisogno. La parrocchia diventa un punto di riferimento per le famiglie, per i giovani, e per tutti coloro che cercano una guida spirituale. Fra Aurelio, infatti, non solo insegna la dottrina, ma si impegna a vivere la sua vocazione con un costante spirito di servizio, sempre pronto a mettere in pratica gli insegnamenti di San Francesco di Assisi, il cui spirito di povertà e umiltà lo accompagna nel suo ministero.
Durante il periodo da parroco, si dedica con particolare passione anche agli anziani e agli ammalati, visitandoli regolarmente e cercando di alleviarne la solitudine e le sofferenze. La sua opera di carità si estende anche ai più giovani, ai quali offre occasioni di crescita umana e spirituale, facendosi spesso coinvolgere in attività extrascolastiche che li vedono partecipi nella vita della parrocchia. La sua attenzione verso le problematiche sociali e le difficoltà che le famiglie vivevano in quegli anni segna la sua opera pastorale, che si arricchisce con una forte componente di azione sociale. Il suo impegno nella parrocchia di San Francesco non si limita al solo ambito spirituale, ma abbraccia anche la dimensione umana e sociale della comunità, facendo di lui una figura centrale per la città di Cefalù fino al 1992, quando sarà trasferito a Paternò, segnando la fine di una fase intensamente fruttuosa della sua vita religiosa.
Il servizio a Paternò
Nel 1992, viene inviato a Paternò, un cambiamento che segna una nuova fase nella sua vita religiosa e pastorale. Il trasferimento a Paternò è carico di emozione, poiché lascia dietro di sé una comunità di Cefalù che lo aveva accolto e amato come un frate di riferimento. Il suo arrivo nella nuova parrocchia lo vede confrontarsi con una realtà completamente diversa, sia dal punto di vista sociale che pastorale. Paternò, con circa 50.000 abitanti, presenta una comunità variegata e una situazione complessa, in cui le difficoltà legate alla malavita organizzata e alla povertà sono evidenti. Affronta con determinazione la sfida, cercando di integrarsi nella realtà cittadina e di portare un messaggio di speranza e di cambiamento, rimanendo fedele al suo carisma francescano di servizio e di vicinanza ai più bisognosi.
Nei nove anni trascorsi a Paternò, si trova a gestire una parrocchia con circa 2.500 fedeli, ma la città, che è molto più grande, presenta sfide particolari. La sua azione pastorale non si limita alla gestione spirituale della parrocchia, ma si estende anche all’ambito sociale, dove deve affrontare situazioni difficili, tra cui l’isolamento sociale, il disagio economico e la malavita locale. Il suo impegno si concentra su una catechesi attenta alle esigenze dei giovani, che coinvolge circa 450 ragazzi e 60 catechisti. Sviluppa una particolare attenzione verso i più fragili, cercando di offrire non solo supporto spirituale, ma anche opportunità di crescita e di inserimento nella società. La sua capacità di ascolto e il suo impegno costante nella comunità lo rendono una figura molto amata, anche se la sua posizione non è priva di difficoltà, inclusa la minaccia che ha subito a causa del suo impegno contro le ingiustizie sociali e la criminalità.
Uno degli aspetti più significativi del suo operato a Paternò è la sua vicinanza ai più poveri e agli emarginati. Nonostante le difficoltà, infatti, riesce a instaurare rapporti di fiducia con la popolazione, cercando di alleviare le difficoltà quotidiane attraverso iniziative di carità e di sostegno concreto. La sua attenzione alle famiglie più povere si esprime anche tramite l’organizzazione di eventi di solidarietà, che permettono alla comunità di unire le forze per aiutare i bisognosi. Nel corso degli anni lascia un segno profondo nella vita di Paternò, un legame che si consolida con il passare del tempo e che si riflette nelle numerose testimonianze di affetto e gratitudine da parte dei fedeli. Nonostante il periodo di difficoltà ha continuato a vivere il suo ruolo con dedizione, cercando sempre di rafforzare la fede e la speranza della comunità, fino al termine del suo incarico nel 2001, quando verrà trasferito nuovamente a Cefalù.
Il ritorno a Cefalù
Nel 2001 fa ritorno a Cefalù, una città che già conosce bene e che lo aveva visto crescere come figura spirituale e comunitaria. Il suo ritorno non segna solo un ritorno fisico, ma un rinnovato impegno nella parrocchia di San Francesco, dove, dopo il lungo periodo di servizio a Paternò, riprende il suo ruolo di parroco. L’accoglienza da parte della comunità è calorosa, ma anche il peso della responsabilità che il frate si trova ad affrontare è significativo. Il contesto della parrocchia è cambiato nel corso degli anni, con nuove sfide pastorali e sociali che richiedono un approccio rinnovato. Tuttavia, la sua esperienza maturata negli anni precedenti, tanto a Cefalù quanto a Paternò, gli consente di affrontare la nuova fase del suo ministero con serenità e determinazione, consapevole che la sua missione è quella di portare la luce del Vangelo nella vita quotidiana dei fedeli.
Si dedica con rinnovato fervore alla vita parrocchiale, cercando di rinnovare e rinforzare i legami tra i membri della comunità. Le sue iniziative parrocchiali si concentrano su un ampio spettro di attività spirituali, culturali e sociali, pensate per coinvolgere tutte le fasce di età. Uno degli aspetti più evidenti del suo operato è la creazione di momenti di spiritualità condivisa, come le celebrazioni eucaristiche, ma anche i recital religiosi che, fin dai suoi primi anni a Cefalù, hanno avuto un grande successo. Questi eventi non sono semplici rappresentazioni teatrali, ma vere e proprie occasioni di riflessione e di crescita per la comunità, che si ritrova unita nel vivere la fede in modo più profondo. In questi anni, non solo continua a essere il punto di riferimento spirituale della parrocchia, ma anche il promotore di un dialogo costante con i fedeli, cercando di rispondere alle loro esigenze sia materiali che spirituali.
Oltre alle celebrazioni e agli eventi religiosi, si distingue anche per il suo impegno verso le persone più fragili e bisognose, continuando l’opera di carità che aveva già avviato nei suoi anni a Paternò. Le sue visite agli ammalati e agli anziani, l’attenzione alle famiglie in difficoltà e l’inclusione degli emarginati nelle attività parrocchiali sono elementi centrali del suo ministero. Vive la sua vocazione non solo come un sacerdote che celebra i sacramenti, ma come un frate che si mette al servizio degli altri, cercando di rendere la parrocchia un vero e proprio punto di riferimento per chi è in difficoltà. La Casa di Accoglienza, che si occupa di accogliere persone in difficoltà, diventa una delle sue iniziative più significative, non solo un luogo di rifugio, ma anche di speranza per chi si trova a vivere situazioni di grande marginalità.
Nel contesto di un mondo in continuo cambiamento, non dimentica l’importanza dell’educazione religiosa, soprattutto per i giovani. Continua a dedicarsi all’insegnamento della religione nelle scuole e a proporre nuove iniziative formative, come la catechesi per i bambini e gli incontri di spiritualità per i giovani. La parrocchia diventa così un luogo di incontro e di crescita, non solo per le persone adulte, ma anche per le nuove generazioni. Il suo lavoro pastorale è sempre orientato alla costruzione di una comunità unita, dove la fede, la carità e l’amore fraterno possano crescere insieme. Riesce a rinnovare l’eredità spirituale di San Francesco a Cefalù, facendo della sua parrocchia un faro di speranza e di servizio per tutti, creando un legame profondo con la città e con i suoi abitanti.
La Casa di accoglienza
Dedica una parte della sua vita religiosa al servizio dei più poveri e vulnerabili, gestendo con grande dedizione la comunità degli ospiti all’interno del convento di Cefalù. La Casa di Accoglienza che coordina non è solo un rifugio fisico per chi si trova in difficoltà, ma rappresenta un luogo di speranza e di rinascita per coloro che vivono situazioni di emarginazione e povertà. Grazie alla presenza attiva e continua degli altri frati di Gibilmanna, negli anni è diventata luogo di accoglienza e carità. In essa tutta la fraternità francescana, con compiti e ruoli diversi, ne è coinvolta arricchendola e facendola diventare il prolungamento caritativo del Santuario di Gibilmanna. Al suo interno fra Aurelio considera ogni ospite non solo come una persona da assistere materialmente, ma anche come un essere umano da ascoltare e accompagnare nel proprio percorso di vita, offrendo non solo cibo e un letto, ma anche supporto spirituale e affettivo. La sua visione della comunità si basa sul principio cristiano di accoglienza che va oltre le necessità immediate, mirando a restituire dignità e speranza a chi si trova ai margini della società.
Ogni ospite è accompagnato con molta discrezione e pazienza, ricevendo sostegno nelle difficoltà quotidiane, ma anche nelle sue lotte interiori. Sebbene la casa non possa accogliere persone con gravi problemi di tossicodipendenza o malattie mentali, Fra Aurelio si prodiga affinché ciascun ospite ricevesse aiuto, indirizzandolo, quando necessario, verso altre strutture specializzate. Nel corso degli anni, la Casa di Accoglienza ha visto passare molte persone con storie diverse, ognuna con il proprio fardello di sofferenza e speranze. Alcuni sono riusciti a trovare una nuova via, grazie anche al sostegno spirituale e pratico di Fra Aurelio, che con pazienza li ha accompagnati nel loro cammino di recupero. Come parroco ha avuto un ruolo attivo nel facilitare l’integrazione di alcuni ospiti nel mondo del lavoro, aiutandoli a trovare piccole occupazioni che permettessero loro di guadagnarsi da vivere in modo dignitoso. Per lui, ogni ospite che varca la soglia della Casa è un segno di speranza, e ogni passo, anche il più piccolo, verso il miglioramento è un successo.
Il suo lavoro nella Casa di Accoglienza non si limita solo a gestire l’ospitalità, ma ha anche un impatto profondo sulla spiritualità della comunità. Ogni ospite è accompagnato in un cammino di fede e di riflessione spirituale. Per questo cerca di creare uno spazio di ascolto e di comunità . La gestione della Casa di Accoglienza è, tuttavia, un compito difficile, soprattutto per la scarsità di risorse economiche. Fra Aurelio ha sempre dovuto fare i conti con la limitatezza dei fondi e delle donazioni, ma la sua fede incrollabile nel Signore e il suo spirito di servizio lo hanno sempre spinto a perseverare. Nonostante le difficoltà finanziarie, la Casa riesce a sopravvivere grazie anche al sostegno della comunità locale.
Fra Aurelio ha sempre messo in evidenza l’importanza del legame tra la Casa di Accoglienza e la città di Cefalù. La sua visione della carità come un impegno comunitario ha trovato concretezza nelle numerose iniziative di solidarietà che ha promosso. Ad esempio, invita le famiglie della parrocchia a cucinare e a portare pasti agli ospiti ogni domenica, creando così un’atmosfera di fraternità e condivisione. Questo impegno rende la Casa di Accoglienza non solo un rifugio per i bisognosi, ma anche un luogo dove la comunità si sente parte di un progetto di amore e di servizio.
Rapporto con Dio e con i fratelli
Fra Aurelio ha sempre vissuto la sua vocazione religiosa con una profonda connessione spirituale con Dio, che per lui è il fulcro di ogni azione e scelta. Il suo rapporto con Dio è radicato nell’umiltà, nella preghiera e nell’ascolto continuo della voce divina. La fede per lui non è solo un credo teologico, ma una relazione vivente e quotidiana che si traduce in azioni concrete di servizio verso gli altri. La sua spiritualità è permeata dall’esempio di San Francesco d’Assisi, il cui amore per Dio e per il prossimo ha segnato in maniera indelebile la sua vita. Per lui, Dio è sempre stato una fonte di forza e di ispirazione, un rifugio nei momenti di difficoltà, ma anche una presenza che lo ha guidato nel suo ministero sacerdotale, nei suoi gesti di carità e nell’impegno con i giovani, i poveri e gli emarginati.
Il suo rapporto con le persone è basato su un amore incondizionato e sull’ascolto. Sa che ogni persona è un riflesso di Dio e, per questo, si impegna ad accogliere ogni individuo senza giudizio, cercando di comprendere le difficoltà, le sofferenze e le speranze di chi gli sta accanto. Per lui, ogni incontro è un’opportunità per trasmettere la misericordia di Dio, facendo sì che ogni persona possa sentirsi amata e rispettata. Che si tratta di un giovane in cerca di risposte, di una famiglia in difficoltà o di un povero che cerca un rifugio, si mostra semre come un frate disponibile, capace di infondere speranza e di illuminare i cuori con la luce del Vangelo. La sua capacità di entrare in empatia con gli altri e di mettersi al loro servizio è un segno tangibile del suo profondo amore per Dio e per l’umanità.
La sua attenzione all’educazione dei più giovani è sempre accompagnata dalla consapevolezza che ogni giovane è una promessa di futuro, un seme che, se coltivato con amore e saggezza, può portare frutti abbondanti per la comunità e per la Chiesa. Insegna ai ragazzi che la fede non è solo una questione di riti o tradizioni, ma una vita che si esprime attraverso la solidarietà, l’impegno verso gli altri e la cura dei più vulnerabili. Vorrebbe che i giovani comprendessero che il vero cammino cristiano è quello che porta alla conoscenza di Dio, ma anche alla consapevolezza del dovere di aiutare chi è in difficoltà, mettendo in pratica quotidianamente i valori evangelici di servizio e di amore.
Cerca di trasmettere ai giovani la centralità della preghiera nella loro vita. Non solo come atto rituale, ma come momento di intima relazione con Dio, un tempo in cui ritrovare se stessi, rinnovare la propria fede e trovare pace interiore. Insegna loro che la preghiera è una conversazione costante con Dio, che ci guida nelle scelte quotidiane e ci dà la forza di affrontare le difficoltà. Ma oltre alla preghiera, Fra Aurelio pone l’accento sull’importanza di vivere secondo i valori cristiani, impegnandosi a essere persone giuste, oneste, solidali e capaci di perdonare. Invita i giovani a vedere in ogni gesto di bontà, in ogni sorriso, in ogni mano tesa verso l’altro, un segno tangibile dell’amore di Dio.
Oltre la vita religiosa
Fra Aurelio vive la sua vita religiosa con grande dedizione, ma al di là del suo impegno pastorale, ha coltivato anche una serie di interessi e passioni che lo hanno arricchito e che hanno contribuito a renderlo una persona completa. Una delle sue passioni più forti è sempre stata lo sport, in particolare il calcio. Da giovane, si dilettava nel giocare e si considerava un goleador, una passione che, nonostante gli anni, ha continuato a seguire. Oggi, sebbene non partecipi più attivamente alle partite, rimane un appassionato spettatore, seguendo con interesse le partite e apprezzando l’aspetto di squadra che il calcio rappresenta. Questo amore per lo sport è stato, inoltre, un punto di incontro con i giovani, poiché ha spesso scelto di partecipare alle attività sportive locali, come forma di integrazione e di condivisione.
Oltre al calcio, ha sempre avuto un forte interesse per la lettura. La sua biblioteca è vasta e variegata, comprendente non solo testi religiosi, ma anche opere di letteratura moderna e contemporanea. Tra i libri che lo hanno segnato maggiormente ci sono quelli che trattano la vita di Gesù e la spiritualità cristiana, come quelli di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco, che ha letto e meditato con attenzione. La lettura è sempre stata un mezzo per approfondire la sua fede, ma anche un modo per comprendere meglio le sfide del mondo contemporaneo e riflettere sulla vita cristiana. La lettura è quindi uno strumento che gli ha permesso di continuare a formarsi spiritualmente, ma anche intellettualmente, affinando la sua capacità di guidare gli altri e di rispondere alle domande più profonde della vita.
Un altro aspetto che ha arricchito la sua vita è l’amore per il cinema, una passione che ha radici nell’infanzia, quando, da giovane, si sognava di diventare attore. Sebbene non abbia mai intrapreso una carriera nel mondo del cinema, il suo legame con la settima arte è rimasto forte. Un film che lo ha particolarmente segnato è “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, un’opera che racconta la bellezza della vita, l’importanza dei ricordi e il valore dell’amore e dell’amicizia. Egli stesso racconta che, nel vedere il film, si è rivisto nel giovane protagonista, un bambino che sognava un futuro diverso. Questa passione per il cinema ha anche un valore educativo, poiché spesso condivide con i giovani le sue riflessioni su ciò che i film ossono insegnare, utilizzando il linguaggio cinematografico come strumento di dialogo e di formazione.
Nonostante la sua vita religiosa è dominata dal servizio alla comunità, ha sempre cercato di trovare momenti di riposo e di silenzio per riflettere e ricaricare le proprie energie. Sebbene il suo tempo libero è limitato dagli impegni pastorali, cerca di dedicarsi a piccole attività che lo aiutassero a mantenere un equilibrio tra la vita spirituale e quella umana. La meditazione e la preghiera personale sono sempre per lui una fonte di rinnovamento e di pace interiore. Coltiva una certa passione per la lettura di romanzi, libri di spiritualità e sussidi per la sua omelia domenicale, un’attività che gli permette di approfondire e di arricchire il suo pensiero religioso, senza mai smettere di esplorare le sfide e le bellezze della vita umana.
Infine, ha sempre avuto un forte desiderio di comunicare e di condividere con gli altri ciò che lo ha arricchito nel suo cammino spirituale. Per lui, la tecnologia non è un ostacolo, ma un’opportunità. Utilizza con grande impegno i mezzi di comunicazione, in particolare Internet e WhatsApp, per inviare riflessioni giornaliere sul Vangelo e per mantenere un contatto diretto con i fedeli, anche quelli che non possono partecipare fisicamente alla Messa. Le sue riflessioni vocali giornaliere sono un appuntamento quotidiano per molti, che trovano conforto nelle sue parole. In questo modo, riesce ad adattarsi ai tempi, utilizzando i nuovi strumenti tecnologici per continuare a svolgere la sua missione pastorale con efficacia e vicinanza, creando uno spazio di dialogo e di riflessione anche nel mondo digitale.
La testimonianza di Fra Aurelio
La testimonianza che arriva da Fra Aurelio è un racconto di fede, servizio e dedizione che attraversa tutta la sua vita religiosa. La sua figura non è solo quella di un frate che svolge il suo ministero, ma di una persona che vive la propria vocazione con un amore profondo per Dio e per le persone, soprattutto quelle che si trovano in difficoltà. La sua testimonianza è quella di un uomo che, attraverso la sua vita, cerca di incarnare i valori del Vangelo, portando speranza e luce nei luoghi più bui. La sua capacità di mettersi al servizio degli altri, senza mai perdere di vista l’umiltà e la carità cristiana, tocca la vita di tanti, dai giovani alle famiglie, dai poveri agli anziani, che trovano in lui un padre spirituale e un amico sincero.
Con il suo esempio trasmette l’importanza di vivere la fede come un cammino quotidiano di servizio e amore, insegnando che non basta credere in Dio, ma che bisogna anche mettersi in gioco per gli altri, essere pronti a servire, ad ascoltare e a consolare. La sua testimonianza è una luce che illumina il cammino di chi lo incontra, un richiamo all’autenticità della fede vissuta, non come un rito isolato, ma come una relazione viva che si concretizza nell’aiuto reciproco, nell’accoglienza, nella solidarietà e nell’umiltà. Con il suo spirito di servizio, mostra che la vera grandezza sta nel dare, nell’offrire la propria vita al prossimo, seguendo l’esempio di Cristo. (La foto è di Salvo Ciano)