«Un turismo selvaggio, mordi e fuggi e solo stagionale trasforma la città un luogo del degrado, del non-umano». Lo ha detto il vescovo di Cefalù, Giuseppe Marciante, nel corso dell’omelia per il Pontificale del 6 agosto. Il Presule ha invitato a riedificare una città trasfigurata: lasciare, con lucida tenacia, la culla del quieto lockdown ambientale, sociale, culturale e spirituale che ci tenta a lasciare le cose per come sono.
Per Marciante bisogna pensare ad una Cefalù trasfigurata. Questo apre le porte ai sogni e alle responsabilità per costruire la città degli uomini. «Si può sognare una città trasfigurata se la pensiamo come la città degli uomini: del neonato, del bambino, del giovane, dell’anziano; del ricco, del povero, del cattolico, dell’ateo, di chi professa altre religioni, degli indigeni, degli emigrati e degli immigrati. Una città fa esperienza della trasfigurazione se sceglie la via dell’integrazione, della condivisione, del dialogo».
Il Vescovo Marciante ha fatto un’analisi lucida e attenta al fenomeno turistico. Quello vorace e irresponsabile divora l’anima della città e sostituisce la vita reale con una vita fittizia da cartolina. «La città accogliente è quella che racconta la sua storia e che fa della narrazione il suo punto di forza; una narrazione che sgorga dal vissuto dei suoi cittadini e non da strutture di accoglienza anonime. Un turismo selvaggio, mordi e fuggi e solo stagionale trasforma la città un luogo del degrado, del non-umano».
Il Vescovo dice che col passare degli anni una città che non è più abitata dai suoi cittadini porta al disimpegno e alimenta sempre più la tentazione di abbandonarla. Per questo invita la Chiesa ad impegnarsi nello spazio pubblico e cittadino per essere “presenza senza stare fuori dal tempo”.