E’ vissuto 33 anni lasciando a Cefalù, e a quanti lo hanno conosciuto, la testimonianza di una vita spesa per il prossimo. Franco Bellipanni nasce a Cefalù il 9 luglio 1946 da Rosario, da tutti conosciuto con il nome di Gianni, e Zina Corsaro nella casa dei nonni paterni in Via Vittorio Emanuele “a strata ro ciumi” le cui stanze si affacciano sul mare e sul lavatoio medievale.
I suoi primi ricordi sono legati al mare: le voci dei pescatori e le preghiere delle mogli che aspettando il ritorno delle barche, soprattutto quando il mare è brutto, si affidano alla Divina Provvidenza. Ogni mattina il piccolo Franco si sveglia con le voci delle lavandaie che sotto casa litigano per avere il posto migliore al lavatoio “o çiumi”. Le donne iniziano a cantare e stendono sulla sabbia la loro biancheria ad asciugare. Il lungomare sembra un arcobaleno di colori. Il nonno gli racconta tante storie del suo viaggio in America, di questo paese lontano dove è emigrato ed ha lavorato duramente.
Dopo due anni il 15 maggio del 1948 a casa Bellipanni arriva un altro bimbo, Ettore. Franco è felice. La mamma gli raccomanda che essendo il più grande si deve comportare da ometto e lui promette a se stesso di proteggere questo fratellino e di stargli sempre vicino. Papà Gianni lavora a Palermo e ritorna a Cefalù nei fine settimana. Mamma Zina non è contenta perché vorrebbe stare con lui. Presto la famiglia Bellipanni si trasferisce in città.
Franco soffre molto il distacco da Cefalù. Non era bello svegliarsi e non vedere il mare, non respirare l’aria salmastra cui era stato abituato, non sentire quelle voci che ormai gli erano familiari. Purtroppo deve adattarsi alle nuove condizioni anche perché ora vede sua mamma serena e felice. Il 22 febbraio del 1954 nasce la sorellina Maria e Franco ed il fratellino Ettore sono felici. Ogni domenica tornano a Cefalù a trovare i nonni.
Gli anni passano scanditi dagli impegni scolastici, da qualche festa, dalle ragazze e dalle estati a Cefalù dove la conoscenza delle francesi del “Village Magique” aprono a Franco orizzonti sempre nuovi di conoscenza e di esperienza, anni di spensieratezza. Dopo la maturità classica Franco intraprende gli studi che aveva da sempre in animo di fare: Medicina. Il desiderio di aiutare il prossimo lo guida nella scelta e man mano che prosegue negli studi si convince sempre di più di aver fatto la cosa giusta. Conosce tante ragazze non gli manca la faccia tosta di fare sempre nuove conquiste fino a quando un giorno conosce una ragazza che ha qualcosa di speciale. Si chiama Ada. Franco s’innamora di lei perdutamente per la sua allegria, il suo modo di trovare una soluzione a tutto. Franco sente che è la donna della sua vita.
Finita l’università deve scegliere la specializzazione, gli piace l’anestesia e la rianimazione, sa che a Milano c’è una scuola molto importante, fa gli esami per essere ammesso e li supera. Trova lavoro presso l’ospedale di Clusone in provincia di Bergamo.
Com’è diversa la Lombardia dalla sua bella Sicilia! Abituarsi alla nebbia, alla neve, alle montagne non è facile, con se ha portato un 33 giri dei suoi amici Cavernicoli e la sera quando l’ascolta chiude gli occhi e si sente vicino alla sua terra ed ai suoi amici. Ada va spesso a trovarlo e lo fa sentire meno solo ma l’esperienza in questo piccolo ospedale è molto importante, sono tante le emergenze e come medico si fa le ossa mentre finisce la specializzazione.
Un amico e collega informa Franco che c’è un posto di anestesia libero in un ospedale più grande a Mirano vicino Venezia. Lui si informa e trova interessante l’dea di scendere dalle montagne bergamasche. Invia la domanda e presto si trasferisce. Trova una bella casetta in questo paesino delizioso. Il 30 aprile del 1974 Franco e Ada si sposano a Palermo. Passano la prima notte di nozze nella loro Cefalù al Jolly Hotel. Franco si sente strettamente legato alla sua città perché solo qui si sente a suo agio. Il lavoro, purtroppo, lo porta lontano. A Mirano nasce Davide il suo primogenito. Per Franco è una gioia indescrivibile diventare papà. Impara ad accudirlo in ogni necessità meravigliandosi e compiacendosi di ogni suo progresso. Il lavoro è impegnativo, soprattutto la rianimazione, ma ogni vita che riesce a salvare dà significato a tutti i sacrifici.
Ogni sera telefona ai genitori. Con la sua mamma non ha mai interrotto il dialogo fatto di piccole e grandi cose e sentirla gli è indispensabile. Al suo papà raccomanda sempre di stare attento ed informarsi per un suo eventuale avvicinamento.
Finalmente un giorno papà gli comunica che c’è un posto a… Cefalù. E’ una grandissima emozione. L’idea di tornare in Sicilia, nella sua Cefalù, lo emoziona. E’ bello far crescere i suoi figli nella città che lo ha visto nascere anche perché Ada aspetta un altro bimbo. Tutto va bene. Franco, Ada ed il piccolino lasciano senza troppo rimpianto Mirano e partono alla volta di Cefalù. Qui ritrova i suoi amici d’infanzia che negli anni durante le sue brevi permanenze ha sempre rivisto. Si sente finalmente a casa. Il 7 giugno del 1979 nasce Giancarlo, un altro maschietto. Franco si occupa a tempo pieno dei piccoli fino al 20 Agosto 1979 due mesi dopo la nascita del piccolo Giancarlo.
Quel giorno il maestrale soffia impetuoso ed il mare sembra agitato da mille forze che lo sbattono contro l’arenile quasi inesistente perché divorato dalla bianca schiuma delle onde gigantesche. Non e’ infrequente che alla fine dell’estate ci siano questi cambiamenti così repentini del tempo. In giornate del genere mai nessun cefalutano sfiderebbe un mare così tempestoso e, soprattutto, al lungomare dove sono tante le insidie che si nascondono. Quel giorno per Franco è stata una giornata intensa. Dopo una notte di guardia in ospedale piena di emergenze torna a casa per godersi il risveglio dei suoi bambini. Pranza con la sua famiglia dai genitori e di pomeriggio insieme a Davide partecipa alla partita di calcio medici contro infermieri. Franco è la punta della squadra!
Dopo la partita il tempo peggiora, si è alzato un vento freddo. Franco lascia il piccolo a casa per andare a festeggiare la vittoria. L’appuntamento è al bar sul lungomare. I suoi compagni di squadra sono tutti arrivati. Ordinano ma ad un tratto si sentono delle grida, c’è tanta confusione, accorrono tutti a vedere. La gente grida: stanno annegando! Aiutateli! fate qualcosa!
Franco non ci pensa più di tanto, l’ha già fatto altre volte. E’ un atleta e il mare lo conosce bene, si butta e riesce a prendere i malcapitati. All’improvviso, però, sente mancare le forze e il suo sguardo si ferma al balcone della casa dei nonni, alla stanza in cui 33 anni prima era nato. Proprio a Cefalù, nel suo amato mare della città che lo ha visto nascere e crescere lascia la vita terrena. Franco Bellipanni, un Eroe, un Angelo del mare.
La sorella Maria così lo ricorda: «Sono trascorsi 38 anni da quel tragico 20 agosto del 1979, un giorno che segnò la vita della nostra famiglia e che scosse tutto il paese di Cefalù. Un giorno di fine estate, di quelli brutti che anticipano un autunno oramai alle porte, di quelli che ti fanno uscire dall’armadio la giacchetta di lana, un giorno in cui nessun cefalutano si sarebbe sognato di fare un bagno a mare, chi conosce questo elemento lo teme e, quando il maestrale lo ingrossa, si limita a guardarlo da lontano, a respirare l’aria ricca di salsedine e ad ascoltarne il rumore assordante e minaccioso. Si può credere o non credere al destino, ma noi quel giorno eravamo felici, avevamo pranzato tutti assieme, avevamo visto le fotografie del battesimo del suo bimbo e niente poteva farci immaginare ciò che sarebbe accaduto quel pomeriggio. E’ stato riconosciuto come un atto di eroismo, gli è stata conferita la medaglia d’oro al valor civile. Cefalù gli ha dedicato una piazza, ma sono sicura che per lui non fu nulla di straordinario, era la sua missione, il suo credo, salvare il prossimo nel senso totale del termine. La scelta di fare il medico per di più anestesista e rianimatore era nata proprio da questo suo profondo senso della missione, cercare di conservare la vita che è il bene più prezioso che abbiamo. Ma, chi, come lui, ne aveva fatto uno stile di vita non poteva rimanere indifferente vedendo dei ragazzi che stavano annegando e buttarsi per salvarli deve essere stato un atto assolutamente istintivo e non era la prima volta. A Pasqua aveva strappato alle onde una turista tedesca, lo abbiamo saputo solo perché era tornato a casa con i vestiti bagnati, altrimenti non ne avrebbe fatto cenno. Lui era così, era la sua normalità. Ricordo che una volta da bambina mi spiegò cosa voleva dire ama il prossimo tuo, mi disse: “E’ facile amare il prossimo tuo se è tuo fratello, tua madre o comunque le persone che ami. Il senso vero è amare chi non conosci”. Se queste parole vengono messe in pratica nella vita di tutti i giorni diventano fatti straordinari e per questo Franco era sicuramente una persona straordinaria. Chi lo ha conosciuto ne ricorda il sorriso, sempre aperto, leale, sincero. Ho saputo dai suoi colleghi che quando praticava l’anestesia ai pazienti prima di un intervento, raccontava barzellette per farli sorridere ed al risveglio lo trovavano lì a rassicurarli. In un momento in cui vediamo sgretolarsi tutti i valori, soprattutto, quelli morali, abbiamo il dovere di tenere presente le persone che, come lui, hanno saputo in un tempo così breve, aveva appena compiuto 33 anni quando ci ha lasciati, darci un segno così profondo. Parlo sempre di lui perché credo che non debba essere dimenticato, il tempo non deve cancellare il significato profondo del suo gesto e della sua vita. Ogni tanto il senso di vuoto che mi porto dietro da quel giorno diventa dolore cocente. Vorrei vederlo con i capelli bianchi, abbracciarlo, dirgli quanto siamo orgogliosi dei suoi figli, dirgli che è diventato nonno! Ma credo che lui queste cose le sappia e probabilmente sotto un’altra forma ha sempre continuato la sua missione e non ha mai abbandonato nessuno. Sono trascorsi 38 anni ma Franco non ci ha mai lasciato, è stato presente nei nostri cuori, negli occhi dei suoi bimbi adesso uomini, nelle lacrime sincere dei suoi tanti amici che non l’hanno mai dimenticato, nei fiori freschi che troviamo nella sua tomba, in tutte quelle persone che gli devono la vita».