Sono giorni importanti per il futuro agroalimentare. Emergono prime indiscrezioni sulla nuova politica agricola comune (Pac), un provvedimento che entrerà in vigore nell’Unione europea dal 2020, ma che sarà esemplare nei prossimi mesi per le scelte degli altri attori internazionali. Le trattative si svolgono in un interessante contesto di eventi. Non c’è solo l’inasprirsi del dibattito su embarghi, protezionismi e trattati privilegiati di commercio a regolare i rapporti internazionali. L’indirizzo di ecologia integrale della Laudato si’ trova primi concreti effetti.
È di un mese fa il pronunciamento della Fao per l’abbandono del sistema agricolo industriale non rinnovabile, della “rivoluzione verde”, in favore di un nuovo modello agricolo, ecologico e solidale. Lo storico annuncio, che il direttore generale José Graziano Da Silva ha lanciato il 3 aprile, ha convertito l’agroecologia in una prospettiva comune per la contemporaneità, a poco meno di un secolo dalla sua fondazione, avvenuta sotto la cura umile degli agricoltori biologici e biodinamici. Il 27 aprile è seguito un altro importante segnale in questa direzione dai paesi Ue, con l’approvazione del divieto d’uso all’aperto di tre pesticidi tra i più pericolosi per l’ambiente, tre dei neonicotinoidi tristemente noti come killer delle api e di altri insetti utili. Come ricorda il Wwf, dall’impollinazione animale dipendono quasi il 90 per cento delle piante selvatiche del pianeta e l’80 per cento delle piante alimentari, ossia la nutrizione mondiale. Prodotti simili saranno ancora ammessi, addirittura un decreto ministeriale italiano, in controtendenza, ne prescriverà l’obbligatorietà in ampie aree della Puglia, ma il segnale generale è chiaro.
Il primo campo di prova per l’auspicata svolta agroecologica si sta giocando proprio in Europa, con la programmazione della Pac. Sono trapelate però in queste ore le prime notizie che rivelano una strada tutta in salita per l’ambiente, situazione che implica la necessità che i cittadini e gli agricoltori prendano parte attiva nel dibattito, come auspica la campagna europea #Cambiamoagricoltura. La nuova Pac prevederebbe l’abbandono del precedente sistema agricolo ambientale (Greening), in favore del sistema di piani ecologici, probabilmente inserito nel primo dei due “pilastri” del provvedimento, quello che possiede finanziamenti diretti e più cospicui.
Tuttavia i nuovi piani ambientali sembra saranno affidati alla discrezionalità degli Stati, confermando la tendenza sovranista, che riduce progressivamente la governance comune e la garanzia di una tenuta degli stessi principi ecologici e solidali nell’intera Ue.
Del resto è di queste ore il dibattito sulla proposta di nuovo bilancio europeo lanciata dalla Commissione (1279 miliardi da spendere tra il 2021 e 2027), con i paesi membri divisi tra una parte molto decisa a ridurre le contribuzioni a carico degli stati e Francia, Germania e Italia propense a rafforzarle. La spesa per l’agricoltura è comunque annunciata dalla Commissione in diminuzione del cinque per cento. La notizia è stata rilanciata tal quale dalla stampa ma, esaminando i documenti, il taglio reale potrebbe essere il triplo di quanto annunciato e potrebbe gravare sui fondi per lo sviluppo rurale, con una diminuzione del 26 per cento rispetto ai valori effettivi del settennio precedente.
In questo non aiuta una grave crisi della democrazia, testimoniata dalla proposta della Commissione, accorta ma rivelatrice, di introdurre un sistema di riduzione dei fondi a disposizione di quegli stati europei che non stanno rispettando i requisiti minimi dello stato di diritto.
Le speranze di un recupero di identità ecologica della futura Pac sono affidate quindi alla presenza vigile dei cittadini e al formarsi di un dibattito ampio da qui alla formulazione degli allegati e dei regolamenti attuativi, perché rischia di mancare quello slancio coraggioso oggi necessario per un nuovo corso.
di Carlo Triarico, L?osservatore Romano