Discorso del Vescovo ai Giovani del Laboratorio di Speranza

Carissimi,

da dove nasce quest’incontro e perché vi ho chiamati? Nasce da una constatazione: visitando le parrocchie per incontri e celebrazioni, ma anche girando per i paesi, ho cercato i volti dei giovani, ma non ho incrociato i loro sguardi, ho notato la loro poca presenza. Mi son chiesto: esisteranno dei giovani in questi paesi delle Madonie? Ho chiesto ai Parroci, ai Sindaci e ai Presidi delle scuole. La risposta è stata: ci sono ma non si vedono. Ho approfondito la ricerca ed ho scoperto che la maggior parte risulta residente, ma vive altrove. Chiedo ancora: finiti gli studi dove vanno? La risposta: non tornano più. Perché? Perché il nostro territorio, non offre nulla. Qui manca la speranza. Mi soffermo un attimo su quest’ultimo termine: la speranza.

Il termine speranza, in latino spes, deriva dalla parola greca elpìs che significa originariamente “desiderio”. Ora, poiché nessuno desidera il male per sé, la speranza sin dai tempi antichi significa tendere verso il bene. Possiamo quindi dire che sperare è quasi una necessità biologica per l’individuo; è l’imperativo della voglia di vivere, e credo che la società abbia il dovere di tutelarla. Togliere la speranza significa uccidere una persona. Può accadere che la speranza venga confusa con un sereno buon umore. Papa Francesco in una delle sue omelie a Santa Marta precisa:

«Ma la speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci ha dato lo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: ‘Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio’, no: se tu non dici: ‘Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola’, quella non è speranza. È buon umore, ottimismo».

E insiste sempre:

«Non lasciatevi rubare la speranza, per favore, non lasciatevi mai rubare la speranza».

Così a poche settimane della sua elezione, nel suo primo discorso ai giovani, la domenica delle Palme del 2013, giornata dedicata alla Giornata della gioventù. Vi ho cercati, in questo tempo che ci prepara al Santo Natale, perché voglio stare con voi, per incontrare insieme a voi il Dio della Speranza. Vorrei “balbettare” con voi la Parola della Speranza e dell’Amore per ambientarla nel vostro mondo reale, nelle vostre fatiche, nei vostri sogni.

È mio desiderio camminare con voi per coniugare insieme la fede e l’amore. Ora vi rivelo un mio sogno: essere costruttore di libertà, di dignità. A tal proposito, ricordiamolo con forza e vicendevolmente: chi è senza lavoro non ha dignità e libertà, non ha prospettive di vita. Leggevo che in Italia ci sono all’incirca tre milioni di persone senza lavoro. È un esercito.

Il Sinodo 2018 ha chiesto a tutta la Chiesa di accompagnare i giovani nelle scelte di vita. Nel documento finale afferma:

«Il mondo del lavoro resta un ambito in cui i giovani esprimono la loro creatività e la capacità di innovare. Al tempo stesso sperimentano forme di esclusione ed emarginazione. La prima e più grave è la disoccupazione giovanile, che in alcuni Paesi raggiunge livelli esorbitanti. Oltre a renderli poveri, la mancanza di lavoro recide nei giovani la capacità di sognare e di sperare e li priva della possibilità di dare un contributo allo sviluppo della società». (40) «Di fronte alle contraddizioni della società, molti giovani desiderano mettere a frutto i propri talenti, competenze e creatività e sono disponibili ad assumersi responsabilità». (52)

Vi ho scritto che costringere i giovani con la potente arma della sfiducia a lasciare le nostre terre, ad andare altrove per sognare, è rubare la speranza dei giovani, è decidere di far diventare dei cimiteri i nostri paesi, è programmare la desertificazione delle nostre terre. È da queste considerazioni che nasce il sogno del “Laboratorio della Speranza”. Sogno un laboratorio dove voi giovani mettiate insieme le vostre idee e i vostri progetti. I vostri sogni. Un laboratorio che, valorizzando il nostro ambiente naturale, artistico e culturale apra le porte della speranza ai nostri paesi. Ho la certezza assoluta che nei nostri paesi, tra voi e i vostri coetanei, ci siano grandi intelligenze, miniere forse nascoste di talenti, energie bellissime.

Non c’è speranza di futuro per i nostri paesi, per il nostro Sud se i giovani vanno via, voi siete la nostra speranza. Anche «la Chiesa ha bisogno di più primavera ancora, e la primavera è la stagione dei giovani». Ce lo ha detto ancora una volta Papa Francesco l’8 aprile 2017 nel discorso alla Veglia di preparazione alla GMG. C’è un miracolo di Gesù che io ammiro in modo particolare: la moltiplicazione dei pani e dei pesci che io definisco il miracolo della speranza. Mi piace la narrazione che ne fa l’Evangelista Giovanni (6,1-14). Gesù, portandosi in un luogo solitario, e vedendo che molta folla, da giorni, lo seguiva per ascoltare i suoi insegnamenti e per portare i malati, visti segni di guarigione che operava, e che era affamata, chiese a Filippo di comparare il pane per sfamarla. Era però impossibile sfamare tanta gente per mancanza di denaro. Andrea ebbe la felice idea di indicare un giovane che portava in bisaccia cinque pani d’orzo e due pesci, commentando l’esigua provvista dinanzi a un popolo di affamati (erano circa cinquemila).

«Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero».

Il gesto di Gesù viene chiamato “segno”. Gesù ha dato un segno di speranza con la lezione che ciò che è condiviso viene moltiplicato. Anche la nostra chiesa di Cefalù, come quel giovane dei cinque pani e due pesci, vuole mettere a disposizione di progetti di imprenditoria giovanile i beni disponibili e attualmente non impegnati per la pastorale. Il Sinodo raccomanda alle Chiese locali di favorire e accompagnare l’inserimento dei giovani in questo mondo (mondo del lavoro), anche attraverso il sostegno di iniziative di imprenditoria giovanile. Esperienze in questo senso sono diffuse in molte Chiese locali e vanno sostenute e potenziate. (152) A questo punto il “sogno” diventa “segno” attraverso la creazione del Laboratorio della speranza.

Il “Laboratorio della Speranza” è un ambiente comunitario costituito da giovani che vogliono mettere insieme sogni, idee, competenze e progetti per creare opportunità di lavoro nel mondo giovanile. Il “Laboratorio della Speranza” vuole dare vita:

• all’affidamento di servizi relativi agli immobili della Diocesi e in particolare a quelli aventi valore culturale a cooperative di giovani o a imprese sociali costituite anche in forma diversa dalle cooperative. • Alla creazione da parte della Diocesi di “patrimoni destinati” per lo svolgimento di attività civiche, solidaristiche e di utilità sociale. • All’istituzione di fondazioni di partecipazione alle quali attribuire in godimento uno o più immobili.

• Alla stipula di contratti di locazione a canone agevolato degli immobili a cooperative sociali di giovani o altre imprese sociali giovanili con inserimento nei contratti di locazione di clausole che garantiscano un corretto uso degli immobili e il rispetto di principi etici nello svolgimento delle attività del locatario. Sarebbe auspicabile in futuro, al fine di diffondere questo progetto, creare delle sedi del laboratorio della speranza in ogni parrocchia o comune del territorio diocesano.

L’Icona della Santa Comunione.

Pensate, cari giovani, che la terra che noi calpestiamo è terra sacra perché è bagnata dal sudore del lavoro dei nostri nonni e dal sangue del sacrificio dei nostri avi. È terra sacra perché ricca della cultura dei nostri antenati. Abbandonare la nostra terra significa tradire i sogni dei nostri padri. Papa Francesco confessa di avere in cuore da tempo che ci sia un’alleanza tra giovani e anziani:

«Solamente se i nostri nonni avranno il coraggio di sognare e i nostri giovani di profetizzare grandi cose, la nostra società andrà avanti. Se vogliamo «visioni» per il futuro, lasciamo che i nostri nonni ci raccontino, che condividano i loro sogni. Abbiamo bisogno di nonni sognatori! Sono loro che potranno ispirare i giovani a correre avanti con la creatività della profezia. Oggi i giovani necessitano dei sogni degli anziani per avere speranza, per avere un domani».

Martedì 23 ottobre, nel quadro dell’iniziativa “La saggezza del tempo” – Incontro dei giovani e degli anziani durante il Sinodo 2018, Papa Francesco ha parlato e ha mostrato ai presenti una riproduzione dell’icona della Santa comunione opera dell’atelier iconografico di Bose. L’icona ritrae un giovane monaco che porta sulle sue spalle un fratello anziano. Si tratta di un particolare estratto da un’opera greca che ritrae la Tebaide, la regione dell’Alto Egitto dove si ritiravano i primi monaci. Il Papa l’ha commentata con queste parole:

«In questa immaginetta tanto bella si vede un giovane che è stato capace di prendere su di sé i sogni degli anziani e li porta avanti, per farli fruttificare. Questo forse sarà di ispirazione. Tu non puoi portarti tutti gli anziani addosso, ma i loro sogni sì, e questi portali avanti, portali, che ti farà bene. Non solo ascoltarli, scriverli, no: prenderli e portarli avanti. E questo ti cambia il cuore, questo ti fa crescere, questo ti fa maturare. È la maturazione propria di un anziano. Loro, nei sogni, ti diranno anche cosa hanno fatto nella vita; ti racconteranno gli sbagli, i fallimenti, i successi, ti diranno questo. Prendilo. Prendi tutta questa esperienza di vita e vai avanti. Questo è il punto di partenza».

Ave, mundi spes, Maria!

Una delle preghiere mariane più amate da Papa Giovanni, un testo del XIV secolo, invoca Maria Ave mundi spes, in cui la Madre di Dio è vista come speranza del mondo, come rifugio sicuro in tempi difficili e dolorosi. Affidiamo a Lei il progetto del “Laboratorio della Speranza” con le parole di Papa Francesco:

«Come la giovane di Nazareth, potete migliorare il mondo, per lasciare un’impronta che segni la storia, quella vostra e di molti altri. La Chiesa e la società hanno bisogno di voi. Con il vostro approccio, con il coraggio che avete, con i vostri sogni e ideali, cadono i muri dell’immobilismo e si aprono strade che ci portano a un mondo migliore, più giusto, meno crudele e più umano». (21 marzo 2017, videomessaggio per le GMG).

✠ Giuseppe Marciante

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