«Della coerenza della vita cristiana fa parte il rispetto delle legalità. Perciò mi sembra opportuno richiamare la norma contenuta nel mio decreto che invita le confraternite a recepire nei loro statuti che tutti coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o a associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici o hanno avuto sentenze di condanna per delitti passate in giudicato, non possono far parte di associazioni religiose, confraternite, comitati festa o consigli pastorali». Con queste parole l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, è intervenuto nel corso del Cammino diocesano della Confraternite che si è svolto a Carini e al quale hanno preso parte oltre duemila rappresentanti di 127 confraternite.
Per il Presule «se in una confraternita manca la coscienza dei motivi di devozione e di solidarietà fraterna che stanno all’origine e che giustificano l’iscrizione a essa, bisogna chiedersi che senso ha l’appartenenza a essa e alla fine la sua stessa esistenza, dal momento che si lascia venir meno l’ispirazione originaria». Ecco perché per Pennisi «è una vera contraddizione che uno si iscriva a una realtà ecclesiale più impegnativa, e poi faccia meno di quello che compie ogni onesto cittadino e ogni buon cristiano che non ha bisogno di essere iscritto a nessuna associazione o confraternita per essere tale».