Padre Antonio Guerra: un santo dei nostri giorni che ha camminato a Cefalù

Padre Antonio Guerra è una figura che continua a vivere nei cuori e nelle memorie della comunità di Cefalù, nonostante siano trascorsi oltre venti anni dalla sua morte. La sua vita è stata un esempio di dedizione, umiltà e impegno pastorale, che lo ha reso un punto di riferimento per tutti, dai bambini ai giovani, fino agli adulti della sua parrocchia. Conosciuto come un uomo di Dio, padre Antonio ha saputo trasformare la sua missione religiosa in un atto di amore quotidiano verso il prossimo, diventando un vero e proprio “padre” per la sua comunità. Oggi, a distanza di anni dalla sua morte, il suo ricordo è ancora vivo nei racconti di coloro che lo hanno conosciuto, che lo ricordano come un sacerdote devoto, sempre pronto ad ascoltare, a consigliare e a guidare.

La storia di padre Antonio è una testimonianza di vita religiosa intensa e di un sacerdozio che ha toccato le anime di tante persone. Nato ad Arzano, in provincia di Napoli, nel 1931, ha dedicato la sua vita a Dio e alla sua comunità, lasciando un’impronta indelebile in ogni luogo in cui ha prestato servizio. La sua presenza continua a essere un faro per chiunque abbia avuto il privilegio di conoscerlo.

Le origini e la giovinezza

Padre Antonio Guerra nacque il 4 maggio 1931 ad Arzano, un piccolo comune in provincia di Napoli. Cresciuto in una famiglia che, purtroppo, perse entrambi i genitori quando lui era ancora giovane, Antonio fu costretto a maturare presto, affrontando la vita con una resilienza che avrebbe caratterizzato tutta la sua esistenza. La morte prematura dei suoi genitori lo segnò profondamente, ma lo spingeva anche a cercare un cammino di fede che potesse dargli la forza di andare avanti.

La sua infanzia si svolse tra i cortili della Parrocchia «Sacra Famiglia», un luogo che divenne la sua casa e dove iniziò a coltivare il suo amore per la religione. Fu proprio qui che padre Antonio iniziò a nutrire il desiderio di entrare nella vita religiosa. A quindici anni, decise di entrare nella comunità dei Giuseppini, un passo che segnò l’inizio del suo cammino vocazionale. Si trasferì prima a Viterbo, dove frequentò la scuola media inferiore e il ginnasio presso l’Istituto S. Pietro. Successivamente, si trasferì a Vigone, in provincia di Torino, per il noviziato, un periodo che coincise con gli anni di ricostruzione post-bellica.

Il suo cammino religioso lo portò anche a Ponte di Piave, in provincia di Treviso, dove completò la scuola superiore. Gli anni del suo tirocinio li trascorse a Dipignano, in provincia di Cosenza, per poi proseguire con gli studi teologici a Viterbo. La sua formazione fu lunga e intensa, ma Antonio si dedicò con passione alla sua vocazione, sentendo dentro di sé il desiderio di servire gli altri e di essere una guida spirituale.

La sua formazione e l’ingresso nel sacerdozio

Nel 1958, padre Antonio Guerra venne ordinato sacerdote a Viterbo, all’età di 27 anni. La sua ordinazione segnò l’inizio di un lungo cammino di servizio alla Chiesa e alla comunità. Dopo l’ordinazione, padre Antonio intraprese una strada che lo vide insegnante a Roma e prefetto del collegio a Albano. La sua dedizione al lavoro e la sua capacità di relazionarsi con gli altri lo portarono a essere apprezzato da tutti. Tuttavia, non si limitò solo a insegnare. Decise di mettersi a disposizione della comunità in modo più diretto, diventando dirigente dell’Istituto Murialdo di Segezia, in provincia di Foggia, dove iniziò a sviluppare le sue doti pastorali.

Nel 1964, padre Antonio giunse a Cefalù per la prima volta, dove trascorse sette anni, dal 1964 al 1971. Durante questo periodo, padre Antonio divenne una figura di riferimento per la comunità locale, immergendosi nel lavoro pastorale e nel Centro di formazione professionale. Era un uomo che amava stare a stretto contatto con le persone, un sacerdote che sapeva parlare al cuore della gente e che cercava sempre di essere una presenza amorevole e rassicurante.

Il ritorno a Cefalù e il servizio come parroco

Nel 1978, padre Antonio tornò a Cefalù, questa volta come parroco della Parrocchia SS. Salvatore alla Torre, una parrocchia che non sarebbe stata facile da gestire. La comunità parrocchiale che padre Antonio avrebbe preso in mano era segnata dal precedente parroco, padre Gerardo Capuozzo, che aveva lasciato un segno indelebile fra i parrocchiani con il suo stile di guida pastorale. Tuttavia, padre Antonio non si fece intimorire da questa eredità e si mise subito al lavoro, con umiltà e dedizione. La sua nuova parrocchia divenne un vero punto di riferimento per tutta la città di Cefalù.

Il suo arrivo coincise con quello di un nuovo vescovo, Emanuele Catarinicchia, con il quale instaurò un rapporto di amicizia pastorale che sarebbe stato fondamentale per il suo lavoro. Padre Antonio, forte della testimonianza e della visione del vescovo Catarinicchia, non esitò ad aprire la sua comunità parrocchiale alle novità portate dal Concilio Vaticano II. Con il suo spirito aperto e la sua visione moderna, padre Antonio divenne uno dei protagonisti di una grande riflessione diocesana sul concilio, che ebbe luogo proprio nella sua parrocchia.

Le iniziative pastorali di padre Antonio

Durante il suo servizio come parroco, padre Antonio promosse numerose iniziative che divennero punti di riferimento per tutta la comunità di Cefalù. Una delle sue prime idee fu la creazione di un periodico parrocchiale, «Il Seme», che venne lanciato nel 1983 in occasione del decimo anniversario della Parrocchia e del venticinquesimo anniversario del suo sacerdozio. Questo periodico, che padre Antonio intendeva come uno strumento di comunicazione per la comunità, rappresentava il suo desiderio di fare della sua parrocchia una Chiesa viva, in costante comunicazione con i suoi membri.

Nel corso degli anni, padre Antonio continuò a promuovere eventi significativi, come l’inaugurazione del campo sportivo Santa Barbara nel 1985 e la “Serenata a Maria” nel 1987, ma soprattutto l’iniziativa “Estate Ragazzi” nel 1989, che prevedeva due settimane di attività ludiche e spirituali per i ragazzi della città. Queste attività avevano l’obiettivo di fornire ai ragazzi non solo un’opportunità di svago, ma anche di crescita spirituale. La comunità degli Artigianelli divenne, così, un centro di aggregazione e di sviluppo per i giovani, grazie all’opera incessante di padre Antonio.

Un uomo di Dio e di comunità

Padre Antonio non era solo un sacerdote devoto, ma un uomo che metteva al centro della sua vita la gente, soprattutto i più poveri e i giovani. La sua umiltà e il suo spirito di servizio lo rendevano una persona estremamente sensibile alle necessità degli altri. Nonostante la sua riservatezza, era sempre pronto a offrire una parola di conforto, a consigliare chi si trovava in difficoltà, a pregare con chi ne aveva bisogno. La sua vita era un continuo farsi pane per gli altri, un esempio di amore cristiano vissuto nel quotidiano.

La morte e l’eredità di padre Antonio

Il 3 dicembre 2001, un infarto interruppe bruscamente la vita terrena di padre Antonio, a 70 anni. La sua morte lasciò un vuoto incolmabile nella comunità di Cefalù, che lo ricordava come un “padre” nel vero senso della parola. I suoi funerali, celebrati nella Chiesa Cattedrale, videro una partecipazione straordinaria di persone che avevano avuto la grazia di conoscerlo e che ora lo piangevano come un amico, un confidente, un punto di riferimento spirituale.

Oggi, a distanza di ventidue anni, il ricordo di padre Antonio è ancora vivo, soprattutto tra i giovani che lo hanno conosciuto e che ora raccontano ai loro figli delle sue opere e del suo amore per la comunità. Padre Antonio, con la sua vita semplice ma ricca di amore per Dio e per gli altri, ha lasciato un’eredità che continua a perdurare nella comunità di Cefalù e oltre. La sua testimonianza di fede, speranza e amore rimane una fonte di ispirazione per le generazioni future.


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