La storia che vi raccontiamo è quella di un medico messinese, oggi primario dei due reparti di Chirurgia generale e viscerale del centro di Chirurgia mini-invasiva dell’ospedale di Verden, in Germania. Fabio Crescenti è uno di quei medici siciliani di valore, preparato in Italia, i cui frutti sono goduti all’estero. Messinese, di madre belga e padre originario della città dello Stretto. Si laurea in Medicina presso l’università di Messina dove consegue la prima specializzazione in Chirurgia generale. Decide di espatriare. «La mia scelta – spiega – derivava da una tradizione familiare basata sulla convinzione che, se uno vuole essere un professionista, deve essere autonomo: pensavo quindi che fosse meglio partire per fare un’ottima specializzazione. E la Germania, dal punto di vista della formazione è un’ottima piazza, oltre che essere un ambiente dove la meritocrazia e l’impegno sono sempre ripagati».
Inizia a lavorare a Berlino all’ospedale accademico nel reparto di Chirurgia generale, viscerale e vascolare, diretto dal professore Konradt. Rientra in Italia per 8 anni, finché nel 2006 fu chiamato dal prof. Köckerling (allora presidente della Società tedesca di Chirurgia viscerale) ad Hannover, come aiuto strutturato nel reparto di Chirurgia viscerale e Centro di Chirurgia mininvasiva dell’ospedale accademico “Siloah” di Hannover. Assume la direzione del centro di Chirurgia laparoscopica. Nel 2012 diventa primario di Chirurgia generale e viscerale del centro di Chirurgia mini-invasiva all’ospedale di Verden. Una preparazione italiana, dunque, e una professionalità spesa in Germania. «Ho un aiuto e un assistente specialista siriani. Mi hanno raccontato che il sistema siriano prevede un prestito di 75.000 euro per chi va all’estero a specializzarsi: soldi a fondo perduto se si torna in Siria, da restituire con interessi se si resta fuori. È un progetto molto interessante che dà un input a riportare a casa quello che si è imparato fuori». Ma non in Italia, appunto, Belpaese che fornisce agli altri manodopera specializzata, senza averne nulla in cambio.
«Se ci vogliamo uniformare agli altri Paesi, non possiamo occuparci dell’amico, ma delle qualità di chi si presenta. La raccomandazione al limite può essere accettata per uno che vale 9 e la raccomandazione lo fa valere 10 contro uno che vale 10 e la raccomandazione lo “retrocede” a 9. Ma non si può prendere uno che vale 3 solo perché è raccomandato. Il problema è quando la raccomandazione è preponderante rispetto al merito. Anche perché è chiaro che se metto un incapace al comando, tutti gli altri si accodano e si comportano di conseguenza».