Il Teatro di S.ª Lucia e il Carnevale di Palermo

Il Teatro palermitano di S.ª Lucia così chiamato dal nome del suo proprietario Ponzio Valguarnera dei Marchesi di S.ª Lucia, pur essendo stato di proporzioni più piccole rispetto al celebre Real Teatro di Sª. Cecilia ebbe anch’esso la sua notorietà. Il Teatro S.ª Lucia, nato in un “magazeno” di Casa Valguarnera, a partire dal 1676 ospitò spettacoli comici, e poiché gli attori “buffi” che si esibivano sul palco erano chiamati Travaglini, dal nome di una maschera popolare palermitana, da quest’ultima ne derivò al teatro, l’appellativo “di Travaglino” o Teatro “dei Travaglini”.

Nel 1726 iniziarono i lavori per la costruzione di un nuovo edificio teatrale, proprio dove in precedenza sorgeva il Teatro di casa Valguarnera. Purtroppo, il 1° settembre dello stesso anno, la città di Palermo subì un gravissimo terremoto, che colpì soprattutto la parte orientale della città. Il sisma provocò lutti, e danni agli edifici, tra questi anche il S.ª Caterina e il costruendo S.ª Lucia subirono seri danneggiamenti. In conseguenza di ciò il Teatro di Sª. Cecilia rimase chiuso per circa dieci anni.

Solamente nel 1742 fu inaugurato il Teatro S.ª Lucia, conosciuto anche col come di Teatro di S.ª Caterina, poiché esso era situato non molto distante dall’omonimo monastero. Infatti, come ci riferisce l’etno-antropologo Giuseppe Pitrè nel suo “Palermo nel Settecento”:

Alla pari del teatro Sª. Cecilia, ma a certa rispettosa distanza, veniva considerato il teatro S.ª Caterina o S.ª Lucia – così chiamato per la vicinanza del Monastero di S.ª Caterina, e perché apparteneva ai Marchesi di S.ª Lucia Valguarnera, la cui casa eravi addossata; i quali da privato e domestico, l’avean reso pubblico. Come più piccolo, non poteva esso pretenderla alla magnificenza del fratello maggiore, ed avea ricordi non alti nelle rappresentazioni comiche di antichi artisti buffi, giunti fino a noi col titolo di Travaglini, onde il nome che ne serbò lungamente. A volte, però, la elevatezza degli spettatori veniva quasi indistintamente condivisa da entrambi i teatri, dei quali il S.ª Caterina offriva d’ordinario opere comiche”.

Il Martedì Grasso all’interno del S.ª Cecilia e del S.ª Caterina vi era una gazzarra indiavolata di strumenti da scherno per l’accompagnamento tradizionale del canto e della recita degli artisti” (1). Per il Carnevale, oltre ai due edifici precitati, venivano aperti anche altri teatri privati, permanenti ed occasionali e il Pitrè, sempre nella sua sopraccitata opera del 1904 ce li elencava: Casa Abbate di Lungarini, del Marchese Roccaforte (a Mezzo Monreale), del Conservatorio degli Spersi turchini del Buompastore, del R. Convitto S. Ferdinando, del Marchese di Salinas Tommaso Chacon” (2). Però, nel XVIII sec. con il trasferimento a Palermo della corte di Ferdinando III di Borbone, avvenuto il 22 dicembre 1798, il Teatro S.ª Lucia, in seguito, mutò nuovamente il nome.

In realtà, con l’invasione francese dello Stato Pontificio e per l’esito della battaglia di Civita Castellana, il Re Ferdinando e la consorte, la regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, lasciarono Napoli, per rifugiarsi a Palermo; e con loro anche l’Ammiraglio Horatio Nelson, il Cardinale Fabrizio Ruffo, William Hamilton e la consorte Emily Lyon, meglio nota come Emma, Lady Hamilton, per circa sei mesi Palermo fu la sede della Corte di Napoli.

La regina Maria Carolina che amava ogni genere di rappresentazioni, persino quelle del teatro dialettale, fu un’assidua frequentatrice degli spettacoli che si tenevano al Teatro S.ª Lucia, al punto che in suo onore, il teatro fu chiamato Real Teatro Carolino.

Nel terzo decennio del XIX sec. Il “Carolino” era stato ceduto dai Marchesi S. Lucia in enfiteusi a don Gaetano Bignone, il quale morì di colera nel 1837. Il successore don Andrea Bignone reluì il censo e affrancò l’immobile divenendone l’unico proprietario”(3). Nella seconda metà del XIX sec. il Real Teatro Carolino, mutò il nome in Real Teatro Bellini, un omaggio questa volta al grande compositore catanese Vincenzo Bellini.

Ciò nonostante, a partire dal XX sec. per il Teatro Bellini, sito nell’omonima piazza, in prossimità di via Maqueda e Piazza Pretoria, nel mandamento della Kalsa, iniziò un progressivo processo di decadenza, per poi risorgere dall’oblio con la sua riapertura, avvenuta agli inizi di questo secolo per l’intervento del Teatro Biondo Stabile di Palermo.

Fin qui la sintetica storia del Teatro S.ª Lucia, tuttavia, per aggiungere altre informazioni storiche su questo grande teatro settecentesco che in origine Ponzio Valguarnera dei marchesi di Santa Lucia, nel 1676, cedeva in affitto un magaseno del suo palazzo, situato nel piano del Palazzo Pretorio, per “farsi la comedij”(4), con piacere ci siamo avvalsi dallo studio condotto da Eleonora Continella.

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Esterno del teatro negli anni ‘40. Ph. Dante Cappellani

«Il teatro nacque inizialmente in un «magazeno» nei locali a pianterreno del palazzo di Ponzio Valguarnera, da lui locato a partire dal 1676, col titolo di “Teatro Travaglino” o “dei Travaglini”, dal nome di una maschera popolare siciliana, teatro cioè della povera, “minuta e travagliata” gente nel quale si rappresentavano opere buffe e atti burleschi; dopo il terremoto del 1726 fu ristrutturato e ampliato, per riaprire nel 1742, utilizzando un’ala del palazzo da Don Giuseppe Valguarnera marchese di S. Lucia, assumendo quindi il nome di Teatro di S. Lucia, ma era detto anche di S. Caterina in quanto si trovava nel piano antistante l’omonima chiesa.

Nel 1808 fu totalmente riedificato secondo un nuovo progetto affidato a Nicolò Puglia, e riaprì col nome di Real Teatro Carolino, in onore della regina Maria Carolina, moglie di Ferdinando III di Borbone. I marchesi cedettero la loro abitazione al “Circolo dei Nobili” (allora “Casino di Dame e Cavalieri”) perché potessero accedere direttamente dall’interno al teatro.

Fu questo il periodo di maggior splendore del teatro, che tra i suoi direttori artistici annoverò anche Gaetano Donizetti. Nel 1848 fu chiamato Real Teatro Bellini e, dopo un breve ritorno al vecchio nome fino al 1860, mantenne tale denominazione fino alla sua decadenza come teatro d’opera. Funzionò poi come cinema e teatro di varietà dal 1907 al 1914.

Dopo una decina d’anni di chiusura, il teatro riaprì restaurato e abbellito nel 1923: in questo periodo fu acquistato all’asta dalla famiglia Lo Bianco. Negli anni ‘30 e ‘40 divenne anche sede dell’EIAR, la RAI di allora. Dopo la seconda guerra mondiale decadde definitivamente e fu nuovamente utilizzato come cinema. Vano fu il tentativo di Nico Pepe e Aldo Giuffrè di trasformarlo in teatro stabile regionale alla fine degli anni ’50.

Solo nel 1963 il teatro fu restaurato e riaperto come teatro di prosa con la direzione artistica di Franco Parenti, ma già l’anno successivo fu colpito da un incendio che ne devastò completamente gli interni.

Dopo i lavori del 1967 che riguardarono solo la copertura, il teatro rimase chiuso per ben 36 anni in stato di totale abbandono. Utilizzato in tempi recenti come laboratorio del Teatro Biondo, è stato riaperto nel 2001, ma dell’interno rimangono solo le strutture portanti della sala e dei 4 ordini di palchi.

Un recupero è ancora possibile poiché la struttura conserva ancora integra la sua forma spaziale interna di teatro all’italiana, con una platea a ferro di cavallo sormontata da quattro ordini di palchi e dal “palchettone della Corona”.

Della semplice facciata neoclassica è rimasto inalterato il secondo ordine, delimitato da due lesene e scandito da un finestrone centrale con timpano a lunetta in cui è inserito un medaglione con l’effige di Vincenzo Bellini, affiancato da due coppie di colonne e chiuso da una balaustra in marmo, e due laterali con timpani triangolari sovrastati da cornici con festoni Luigi XVI. Il primo ordine della facciata è oggi occultato da un ristorante-pizzeria le cui cucine occupano quel che un tempo costituiva il foyer».

 

(1) Giuseppe Pitrè, “Palermo nel Settecento”. Edizione curata da Giuseppe Pipitone Federico, Clio Catania, 1993, p. 276. Ristampa anastatica dell’edizione del 1916

(2)  Villabianca, Diario inedito, a. 1787, p.163; a. 1793, p. 59; a. 1798, pp. 25-26.

(3)  Giulio Pagano, I teatri di Palermo dal XVI al XIX secolo, 1972

(4)  www.provincia.palermo.it

Testi consultati da Eleonora Continella: Gaspare Palermo, Girolamo Di Marzo-Ferro – Guida istruttiva per Palermo e suoi dintorni riprodotta su quella del cav. D. Gaspare Palermo dal beneficiale Girolamo Di Marzo-Ferro – tip. P. Pensante, 1858.  G. Di Marzo Biblioteca storica e letteraria di Sicilia: Opere storiche inedite sulla città di Palermo 1873. Patrizia Pandolfo, Valentina Rinaldo – Real Teatro Bellini di Palermo: un teatro da riscoprire – Teatro Biondo Stabile di Palermo, 2000.

Sitografia:

Giuseppe Longo 2016, “Il Real Teatro di S. Cecilia e il Carnevale di Palermo”, Cefalunews, 17 agosto.

Giuseppe Longo 2016, “Il Carnevale di Termini Imerese: un’antica eredità venuta da Palermo?”, Cefalunews, 6 novembre.

Giuseppe Longo 2016, “I “Nanni” dei carnevali di Palermo e Termini Imerese”, Cefalunews, 5 febbraio.

Foto a corredo dell’articolo: L’interno del teatro durante il veglione di Carnevale del 1943. Esterno del teatro negli anni ‘40. Entrambe foto Dante Cappellani.

Giuseppe Longo
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@longoredazione

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