11 Settembre 2001: una data da non dimenticare rimasta nella memoria di milioni di persone che ha cambiato modo di pensare, di vivere e di proiettarsi al futuro. 13 lunghi anni son passati dall’attentato alle Torri gemelle evento che ha sconvolto la vita di milioni di persone e che lascia, ancora oggi, segni psicologici su quanti si sono adoperati nel soccorrere le vittime della tragedia: pompieri, agenti delle forze dell’ordine, operatori sanitari, operai edili, soccorritori e familiari che ancora oggi fanno i conti e curano le ferite.
Tralasciando le motivazioni di carattere politico, economico e culturale proviamo a vedere quali sono le conseguenze psicologiche di tali eventi.
Si potrebbe pensare che per noi, che viviamo a milioni di km di distanza dal luogo dell’attentato, tale evento non ha lasciato delle conseguenze particolari, ma in realtà non è così. Infatti, se chiedessi a ciascuno di ricordare dove si trovava, cosa stava facendo e con chi era il giorno dell’attentato, sono sicura che tutti saremmo capaci di rispondere senza alcuno sforzo né dubbio.
Ciò che stupisce e sbalordisce più di ogni altra cosa è che all’improvviso, un giorno come tanti passi alla storia come un giorno da ricordare.
Per coloro che hanno appreso dai media l’orrore dell’attentato, le immagini, i suoni, il dolore e l’orrore si è impresso nelle menti e nelle coscienze di milioni di persone e tale imprinting consente oggi di ricordare, con fervida lucidità, i dettagli di quel terribile giorno.
Allora, se per noi il vissuto è pari a quello descritto, immaginiamo quanto sia stato incredibilmente sconvolgente per le milioni di persone che hanno assistito in diretta e che sono state coinvolte a vario titolo nell’immane tragedia.
Chi subisce un trauma è immediatamente colpito da Disturbo da stress acuto che, se non trattato, dopo qualche mese, può trasformarsi in DPTS, Disturbo post traumatico da stress.
La persona che soffre di DPTS evita tutto ciò che ha a che fare con l’evento, comprese le persone e i luoghi che glielo ricordano, ha paura che possa ripetersi, ha incubi, soffre di insonnia, si sente impotente, enormemente frustrato e con difficoltà riesce a riprendere la vita in mano.
Inoltre, per chi è riuscito a salvarsi, emerge un enorme senso di colpa per essere rimasto in vita, che lo accompagna, nei pensieri e nei vissuti, in tutti i momenti della quotidianità.
L’American Journal of Psichiatry riferisce che in 30.000 addetti ai lavori a Ground Zero la prevalenza del disordine post-traumatico da stress (PTSD) va dal 6,2 al 21,2 per cento, mentre nella popolazione generale statunitense si assesta al 4 per cento.
Dai dati emerge quanto, a distanza di 13 anni, gli effetti di un tale evento siano ancora tangibili e ricontrabili e in genere, la cosa migliore da fare quando si è vittima di un trauma o di una catastrofe, è reagire ed attingere alle proprie risorse interiori per superare tali difficoltà e, per i casi più delicati, intraprendere un percorso che supporti la persona a prendere contatto con la propria vita e a dare un senso all’evento traumatico.