Il danno non patrimoniale, nell’ordinamento italiano, rappresenta uno dei temi più complessi e affascinanti nell’ambito della responsabilità civile, perché riguarda la lesione di interessi che non hanno un immediato valore economico. Le pronunce della Corte di Cassazione hanno fornito, negli anni, numerose definizioni di questa categoria di danno ed è importante non confondere ciò che rientra nel danno alla salute (quindi di natura biologica) con altre forme di pregiudizio, come il danno morale o quello esistenziale. Quest’ultimo, ad esempio, concerne l’alterazione delle abitudini di vita e la perdita di occasioni di crescita personale.
Il concetto di diritto alla salute
La salute, tutelata dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, è uno di quei diritti inviolabili che spettano a ciascuna persona semplicemente in quanto essere umano. Quando questo diritto viene violato, l’ordinamento giuridico riconosce al soggetto leso la possibilità di ottenere un risarcimento, nonostante il bene colpito non abbia una naturale dimensione commerciale.
L’essenza del danno non patrimoniale consiste proprio in questo: la negazione di un bene, come la salute o il benessere psicofisico, la cui compromissione intacca la sfera più intima della persona. Nasce allora il quesito su come quantificare questo tipo di pregiudizio, considerando che la sua valutazione si fonda su parametri convenzionali stabiliti dalla giurisprudenza e, in determinati casi, dalla legge.
Proprio per l’assenza di una controparte economica immediata, è fondamentale evitare sovrapposizioni ingiustificate tra le diverse voci di danno. Infatti, una duplicazione del pregiudizio può condurre ad un risarcimento ingiusto. Da qui la distinzione, delineata dalla Cassazione, tra danno biologico, morale ed esistenziale, insieme al concetto della personalizzazione del danno.
Il danno biologico
Il danno biologico costituisce la compromissione dell’integrità psicofisica di una persona. Si tratta di un evento che genera un cambiamento, temporaneo o permanente, del benessere complessivo del soggetto. Affinché il danno biologico risulti risarcibile, occorre che questa lesione sia certificata in ambito medico-legale e che produca conseguenze percepibili nella vita quotidiana.
Un profilo essenziale del danno biologico è il fatto che non lo si possa far dipendere dalla situazione reddituale del danneggiato, poiché la stessa non incide sulla stima del danno alla salute. Le ripercussioni concrete sulle attività quotidiane costituiscono l’elemento principale per la quantificazione.
Il danno morale
Il danno morale si colloca in una dimensione distinta rispetto al danno biologico. Secondo la Cassazione, si identifica nella sofferenza interiore che la persona sperimenta dopo un fatto illecito. La sofferenza morale è qualcosa di intimo e soggettivo, che non sempre si manifesta sotto forma di patologia, ma che merita comunque un ristoro.
È sbagliato incorporare il danno morale automaticamente nel danno biologico, perché questo creerebbe confusione e rischierebbe di trascurare una componente emotiva che merita un riconoscimento specifico. Il risarcimento viene spesso determinato con una percentuale aggiuntiva sulla base del danno biologico, definita dal giudice solitamente tra un terzo e la metà dell’importo stabilito per la lesione alla salute.
Nel caso di lesione biologica c.d. micropermanente il danno morale non rappresenta di prassi una percentuale aggiuntiva, ma andrà individuato e provato specificamente. Viene così superata la presunzione secondo cui un determinato tipo di lesione psicofisica (biologica) produca di per sé una sofferenza interiore, presunzione che invece di prassi permane nell’ambito delle c.d. macropermanenti.
Bisogna, però, tenere conto del fatto che l’ordinamento non prevede la duplicazione dello stesso pregiudizio. Se ciò che viene definito come danno morale non è altro che un profilo già compreso nel danno biologico, non è consentito rivendicare due volte la stessa lesione.
Il danno esistenziale
Il danno esistenziale si riferisce ad una modifica peggiorativa delle abitudini del danneggiato, delle prospettive di crescita personale e delle relazioni con gli altri. Questa voce, però, non coincide con la sfera del dolore propria del danno morale né con la lesione clinicamente accertabile tipica del danno biologico. Di fronte a questo tipo di lesione, il giudice procede a valutazioni flessibili, anche su base equitativa, perché la perdita di una facoltà specifica può influenzare il benessere di ogni persona in modo diverso.
La personalizzazione dal danno
La personalizzazione del danno permette di aggiungere una quota risarcitoria per quelle ripercussioni che, pur derivando sempre dalla lesione alla salute, assumono connotati anomali o particolarmente gravi. Anche se il danno biologico è generalmente stimato su parametri standard, è possibile che la vittima affronti conseguenze esorbitanti rispetto a quelle usuali per la stessa tipologia di lesione. Non si tratta di duplicare il risarcimento, ma di adeguarlo alla specifica condizione di salute.
L’assistenza di un avvocato esperto
Quando si affronta un caso di danno non patrimoniale, diventa essenziale rivolgersi a un legale che abbia maturato competenze specifiche in questo campo. Lo Studio legale Cermaria, con sedi a Roma e Milano, offre un servizio completo grazie alla guida dell’avv. Silvia Cermaria, professionista con una consolidata esperienza nella materia.
All’interno dello Studio legale Roma e della sede di Milano operano sia avvocati specializzati in diritto civile sia penalisti, con la possibilità di gestire qualsiasi situazione su tutto il territorio nazionale. Questa organizzazione assicura un servizio che spazia dall’inquadramento giuridico del caso fino alla collaborazione con professionisti e consulenti esterni, allo scopo di fornire al cliente una strategia difensiva solida e ben articolata.
I procedimenti che riguardano il danno non patrimoniale esigono attenzione metodologica e capacità di analisi dei singoli aspetti del pregiudizio. È infatti fondamentale sapere come impostare le prove, quali elementi presentare al giudice e in che modo illustrare la sofferenza subita, sia essa interiore oppure riscontrabile in una patologia.
Un avvocato esperto può dunque risultare decisivo nell’ottenere il ristoro adeguato, soprattutto quando si tratta di distinguere in modo chiaro le diverse componenti del danno e di evitare pericolose sovrapposizioni. Sbagliare la formulazione della domanda, ad esempio, potrebbe determinare una riduzione dell’importo risarcibile o, ancora peggio, il rigetto della richiesta.