In occasione della visita del 30-31 luglio scorso, alla scoperta delle sue meraviglie: le bellezze naturali e paesaggistiche, i canali Agnello e Gulfone, i mulini ad acqua, Santuario Maria SS. della Catena, le sorgenti, il museo dell’acqua; I bambini sono stati accolti, dal rappresentante del Parco delle Madonie e dal presidente di SiciliAntica, Giovanni Capizzi, con la lettura della poesia “Sciddatu è amuri” di Antonio Barracato poeta e scrittore madonita. La visita è iniziata dal mulino Asiniddaru, all’interno del Parco urbano,con il racconto dell’acqua di questo territorio, partendo dalle origini di Scillato, che sono legate alla gran quantità di sorgenti che sgorgano da queste montagne,grazie alle quali, vennero realizzati numerosi mulini ad acqua ( quando l’acqua dava pane ). Nel corso della visita, i bambini hanno potuto vedere scorrere l’acqua, che scendeva impetuosa dal canale Agnello, per poi andare a riprenderla sull’altro canale Gulfone, fino al mulino Paraturi, Rasu, Famunia e scivolare verso il fiume fino a raggiungere il mare dove “ si stabilisce e si riposa con la sua superficie equidistante dal centro del mondo”. Grande interesse e curiosità da parte dei bambini per il plastico in dotazione al museo dell’acqua, nel quale viene rappresentato il ciclo dell’acqua e per il laboratorio “open air” dedicato alla zabbara. Nella dimostrazione pratica, delle foglie di zabbara sono state lasciate a macerare in acqua, poi battute con un mazzuolo di legno per togliere la parte gelatinosa, e infine passate con una spazzola a chiodi, per fare uscire la fibra, che è stata intrecciata fino a formare una cordicella. Nella fase finale i bambini, hanno partecipato, con tanto entusiasmo, all’intreccio della fibra. In passato, della zabbara non si perdeva niente. Dalle foglie, si ricavavano filamenti molto resistenti, per realizzare lo spago, cordame e “curdina pi stenniri”. Con lo spago si riempivano “li funna di zabbarinu” (il ripiano delle sedie), i filamenti più corti venivano utilizzati dal gessaio. In agricoltura, “ i rituna “ per trasportare la paglia, o la “ liama “ per legare i covoni del grano, lo stelo nelle aie come supporto per pulire il grano, o per realizzare le tettoie, il fiore veniva dato agli animali. La visita è stata realizzata dallo Sportello Qui Parco e dall’ass/ne SiciliAntica Scillato, in collaborazione con il comune di Caltavuturo, Sportello Qui Parco Caltavuturo e l’Amap di Palermo.
Stefano Lo Conti