Negli ultimi anni il Gran Premio del Belgio è sempre stato la prima gara dopo la pausa estiva. Squadre e piloti tornavano dopo aver ricaricato le batterie e si preparavano agli ultimi appuntamenti in Europa prima del finale di stagione in Asia, America e Medio Oriente. In questo anomalo 2020 la gara belga arriva dopo appena una settimana di pausa dal Gran Premio di Spagna e apre la tripletta di gare su piste leggendarie che condurrà fino al Gran Premio numero 1000 della Scuderia Ferrari in Formula 1. Si gareggia nella leggendaria Spa-Francorchamps, uno dei tracciati più belli del mondo, che hanno fatto la storia della categoria e che ha ospitato ben 52 delle 64 edizioni fin qui disputate del Gran Premio del Belgio (in dieci occasioni si è gareggiato a Zolder, in due a Nivelles-Baulers, alle porte di Bruxelles). La Scuderia Ferrari si è imposta in 18 occasioni l’ultima delle quali lo scorso anno, quando Charles Leclerc conquistò la sua prima vittoria in Formula 1 in un weekend funestato dal terribile incidente, nella gara di Formula 2, tra Anthoine Hubert e Juan Manuel Correa nel quale il giovane francese perse la vita e lo statunitense rimase gravemente ferito.
Primo 1000. Per la squadra di Maranello quella di domenica sarà la gara numero 998 della storia, ma già in Belgio la Ferrari potrà celebrare un primo traguardo dei 1000 Gran Premi disputati. Tanti ne avranno infatti corsi i motori del Cavallino Rampante che in due occasioni sono stati in gara anche senza che le vetture del team italiano fossero in pista. La prima risale al Gran Premio degli Stati Uniti 1960: la Scuderia rinunciò alla lunga e onerosa trasferta dal momento che il campionato aveva già espresso i propri verdetti e il team era concentrato sulla vettura da schierare nel 1961, annata nella quale il regolamento sarebbe cambiato in maniera radicale e che richiedeva dunque ai costruttori uno sforzo ancora maggiore. Al via di quella gara, disputata a Riverside, c’era però la Cooper T51 a motore Ferrari del team di Fred Ambruster che aveva scelto come pilota Pete Lovely. Lo statunitense giunse undicesimo. L’altra gara in solitaria di un motore di Maranello risale al 1966, quando le due 312 F1 preparate per Lorenzo Bandini e Mike Parkes furono impossibilitate a raggiungere la Gran Bretagna e a prendere parte al Gran Premio a causa di uno sciopero dei metalmeccanici in Italia. C’era però la Cooper T73 motorizzata Ferrari del team Pearce Engineering che aveva affidato la vettura a Chris Lawrence. Anche lui giunse undicesimo.
Pista unica. Spa-Francorchamps è una delle piste classiche per eccellenza, sulla quale il pilota può ancora fare la differenza. La prima frenata, al tornante La Source, è già impegnativa. Le monoposto decelerano di oltre 200 km/h, passando da circa 285 a 80 km/h. La curva, grazie all’ampia via di fuga, consente diverse traiettorie e immette in una dei tratti iconici del tracciato, Eau Rouge-Raidillon, una esse in salita molto difficile che porta sul lungo rettilineo del Kemmel, teatro di molti spettacolari sorpassi. In fondo al dritto si entra nella esse Les Combes, con la frenata più violenta del tracciato. Da qui si scende verso il tornante Bruxelles e si arriva poi a Pouhon, una curva veloce a sinistra che sottopone i piloti a sollecitazioni molto elevate. A Stavelot c’è l’ultima frenata: da lì in poi si va in continua accelerazione fino a Blanchimont e poi alla chicane Bus Stop che immette sul traguardo.
Enrico Gualtieri Responsabile Power Unit
“Il circuito di Spa-Francorchamps è senza dubbio uno dei più affascinanti e impegnativi di tutto il calendario iridato, non soltanto per i piloti ma anche per noi ingegneri. Trovare il bilanciamento perfetto della monoposto, per tutti e sette i chilometri di lunghezza del tracciato, è particolarmente difficile. Sotto il profilo della gestione Power Unit il circuito è piuttosto severo, con oltre un minuto al giro percorso in pieno, ed è importante avere non soltanto una potenza adeguata – i cavalli non sono mai troppi – ma anche una buona guidabilità, in particolare in corrispondenza della prima e dell’ultima curva. All’importanza della pura potenza motore si affianca quella del recupero di energia attraverso la MGU-H: quindi a fare la differenza è l’efficienza della Power Unit nel suo complesso.
Su questa pista anche nell’era pre-DRS i sorpassi sono sempre stati relativamente possibili ma la chiave di tutto è la scelta del caricoi aerodinamico. Con una vettura molto scarica si arriva in fondo al rettilineo del Kemmel con un’ottima velocità di punta ma poi, nel secondo settore, si corre il rischio di andare davvero in crisi. Se invece si punta su un livello di carico medio-alto allora magari si può fare una buona prestazione in qualifica ma in gara si corre il rischio di essere sorpassati e, soprattutto, di far fatica a superare pur utilizzando il DRS. A tutto ciò si aggiunge il fatto che il meteo può essere decisamente variabile e si possono avere condizioni molto diverse da un estremo all’altro della pista. Per questo fine settimana, poi, le previsioni sembrano fatte apposta per complicare ulteriormente la situazione: sabato dovrebbe essere prevalentemente asciutto mentre per domenica è prevista pioggia, con temperature non superiori ai 16 gradi, tutt’altro che estive.
In questa prima parte della stagione abbiamo visto un campionato praticamente diviso in due: da una parte ci sono tre piloti che sembrano avere un margine di vantaggio molto consistente, dall’altra ce ne sono almeno dieci che sono racchiusi in pochissimi decimi. A Barcellona abbiamo pagato a caro prezzo non soltanto la mancanza di affidabilità – a tal proposito abbiamo individuato il problema alla centralina che ha determinato il ritiro di Charles – ma anche non aver massimizzato la prestazione in qualifica, il che ci ha messo in condizioni difficili per la gara.
Consapevoli delle attuali difficoltà, dobbiamo concentrarci sul nostro lavoro e sulla preparazione del week-end; l’obiettivo principale sarà quello di mettere i piloti nella condizione di tirare fuori tutto il potenziale possibile dalla SF1000: ottimizzare il pacchetto vettura-PU, lavorare bene come squadra in pista, studiare la strategia migliore ed essere efficaci nell’adattarla in fretta al cambiare delle condizioni. Ogni millesimo di secondo conta, ogni scelta può fare la differenza.
Sebastian Vettel #5
“Il circuito di Spa è unico nel suo genere: nessun’altra pista sulla quale andiamo ha così tante variazioni altimetriche. È un continuo salire e scendere che le immagini televisive non riescono assolutamente a rendere. Qui si trovano alcune delle curve più difficili e belle del mondo come Eau Rouge, Pouhon o la esse che precede Stavelot che i belgi chiamano ‘Piff paff’.
Si tratta di un circuito da carico aerodinamico medio-basso ma sul risultato possono pesare molte variabili, a cominciare dalle condizioni meteo che spesso sono mutevoli. Bisognerà saper interpretare al meglio quante più variabili possibili.”
Charles Leclerc #16
“La pista di Spa ha un posto speciale nel mio cuore: qui ho vinto la mia prima corsa di Formula 1, ma sempre qui, un anno fa, ho perduto il mio amico Anthoine (Hubert) in Formula 2. Per questo motivo tornare su questo circuito, almeno all’inizio, sarà difficile e il suo pensiero sarà con me per tutto il weekend.
In termini di prestazione, nel fine settimana per noi non sarà facile ripetere il risultato di un anno fa perché la nostra condizione di partenza è diversa da quella del 2019. Però abbiamo visto che su questa pista tutto può succedere anche e soprattutto a causa del meteo imprevedibile.
Quello che dovremo fare noi come squadra è cercare di metterci in condizione di massimizzare il potenziale della vettura lavorando fin dal venerdì in maniera intensa. Nelle prove libere dobbiamo acquisire le informazioni che ci permettano di scegliere al meglio la strategia da adottare in qualifica e soprattutto in gara.”