Chi è Biagio Conte: ecco cosa ha scritto e raccontato della sua esperienza

Biagio Conte è nato a Palermo il 16 settekbre del 1963. Conosciuto anche come Fratel Biagio, ha fondato la “Missione di Speranza e Carità” di Palermo per rispondere alle drammatiche situazioni di povertà ed emarginazione della sua gente. Figlio di imprenditori edili abbandona la scuola a 16 anni e inizia a lavorare nell’impresa edile della sua famiglia. Nel 1983 ha una crisi e si allontana da Palermo per trasferirsi a Firenze. Nel maggio 1990 inizia a vivere come eremita tra le montagne siciliane. Decide di fare un viaggio a piedi ad Assisi e prima di arrivarvi finisce nella cronaca dei giornali perchè la sua famiglia fa alcuni appelli alla trasmissione della Rai “Chi l’Ha visto?” Arriva ad Assisi il 7 giugno del 1991. Dopo alcuni giorni torna a Palermo con l’intento di partire quale missionario per l’Africa. Si avvicina ai senza tetto palermitani che vivono presso la stazione centrale e per loro si batte facendo digiuno.. Ottiene di potere utilizzare alcuni locali di via Archirafi e qui nel 1993 fonda la “missione di Speranza e Carità”.

Ecco come Biagio Conte racconta questi anni. «Stanco e dalla vita mondana che conducevo, ho sentito nel cuore di lasciare tutto e tutti; me ne andai via dalla casa paterna il 5 maggio del 1990 a 26 anni, con l’intenzione di non tornare più nella città di Palermo, perché questa città e società mi avevano tanto ferito e deluso. Mi addentrai tra la natura e le montagne all’interno della Sicilia, iniziando un’esperienza di eremitaggio tra montagne, laghi, fiumi, sotto il sole, la luna e le stelle. Cominciai a sentire sempre più che Gesù (quell’uomo giusto che ha donato la vita per noi) mi portava con lui per fare una esperienza che successivamente avrebbe stravolto tutta la mia vita; ho camminato molto scaricando le tensioni e le scorie della vita mondana, nel silenzio e nella meditazione mi sentivo sempre più libero e pieno di pace, non avevo nulla con me, eppure era come se avessi tutto.

Come spinto da un vento impetuoso, ho iniziato a camminare, da pellegrino, attraverso le regioni dell’Italia fino ad arrivare ad Assisi, da San Francesco, a cui ho tanto sentito di ispirarmi per la sua profonda umiltà e semplicità e per l’aver donato la sua vita per Gesù e per il nostro prossimo. Durante il lungo viaggio ho incontrato diversi poveri e trasandati che mi riportarono alla mente quei volti poveri e sofferenti che vedevo nella città di Palermo. Pian piano, cominciai a capire il progetto “Missione”: dedicare la mia vita per i più poveri dei poveri.

Da premettere che non avevo mai avuto nessuna esperienza del genere e avrei potuto farmi prendere dallo scoraggiamento, ma sentivo nel mio cuore che l’Amore di Gesù mi avrebbe aiutato a percorrere la vera e giusta strada. Dopo l’arrivo ad Assisi, davanti la tomba di San Francesco, nei luoghi dove il Santo ha dedicato e donato la sua vita, sentii nel mio cuore di vivere la mia vita da missionario. Ebbi una reazione impulsiva, volevo andare in Africa o in India, ed invece mi sento riportare nella città dove non volevo più tornare, ma Gesù ha voluto che la Missione nascesse proprio nelle strade di Palermo; partendo dalla stazione centrale tra i vagoni e le sale d’aspetto, angoli di strada, marciapiedi, panchine dove tanti fratelli dormivano e passavano intere giornate tra l’indifferenza più assoluta.

La società li chiama: barboni, vagabondi, giovani sbandati, alcolisti, ex detenuti, separati, prostitute profughi, immigrati; ma dal momento che ho sentito il coraggio di incontrarli ed abbracciarli, li ho chiamati fratelli e sorelle, senza farli sentire inferiori o diversi da noi tutti. Ero felice di vivere con loro alla stazione, di aiutarli e confortarli, mi prodigavo a portare loro thermos con latte e the caldo, panini e coperte per ripararli dal freddo

Fu un’esperienza forte e cominciai a chiedere aiuto a tutti, e andai pure alla Curia di Palermo dal Cardinale Pappalardo, il quale capì quel giovane che andò a bussare alla sua porte e decise di venire alla stazione per celebrare una messa insieme a tutti i fratelli ultimi sotto i portici della stazione; è stato un momento indimenticabile che mi incoraggiò molto e soprattutto aprì gli occhi della città sui tanti fratelli poveri che vivevano per strada, non considerati da nessuno, come se fossero scarto e rifiuto.

Da questa esperienza alla Stazione Centrale di Palermo, decisi di non tornare più a casa dei miei genitori, per condividere per sempre la mia vita con i fratelli ultimi, inizia così la Missione che sentii di chiamare Missione di Speranza e Carità.

Si scopre un progetto di Dio sconvolgente, ricco di Speranza e Carità, che a distanza di quasi trent’anni dal suo nascere ha coinvolto e continua a coinvolgere uomini e donne di ogni ceto sociale, anche capaci di cambiare radicalmente il loro modo di vivere per diventare missionari e missionarie della Speranza e della Carità, per operare nei luoghi di emarginazione delle grandi metropoli”.

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