Seconda Guerra Mondiale. Operazione Husky – Ottanta anni fa lo sbarco degli Alleati in Sicilia

Seconda Guerra Mondiale. Operazione Husky – Ottanta anni fa lo sbarco degli Alleati in Sicilia- Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943, iniziava in Sicilia una delle manovre più imponenti e articolate della Seconda Guerra mondiale, l’Operazione Husky. Il piano d’attacco fu elaborato da un gruppo strategico denominato “Forza 141”, dopo la Conferenza di Casablanca. Lo sbarco alleato era previsto nella parte sud-orientale e sud-occidentale dell’isola. Le due offensive furono denominate in codice, rispettivamente, EST TASK FORCE e WEST TASK FORCE. “Husky”, a detta degli storici, rappresentò nella prima fase dell’intervento, sia per l’estensione del fronte e sia per il numero dei militari impegnati, come la più grande operazione anfibia rispetto all’arcinota “Operazione Overlord”. Le truppe anglo-americane intrapresero dalla Sicilia quella che poi risultò essere, la più lunga e difficile Campagna d’Italia. Inoltre, l’invasione dell’isola, la più grande del Mediterraneo, fu il banco di prova per i successivi attacchi anfibi, ossia: l’Operazione Avalanche, l’Operazione Shingle e l’Operazione Neptune. A difesa del territorio metropolitano c’era la VI Armata al comando del Generale Alfredo Guzzoni, con due Corpi d’Armata: il XVI, con giurisdizione nella parte orientale dell’isola, e il XII su quella occidentale. A fianco degli italiani ci fu il XIV Corpo d’Armata germanico al comando del Generale Hans-Valentin Hube, con due divisioni: la XV e la “Hermann Göring”, cui si aggiunse durante la battaglia, come rinforzo, la 1a paracadutisti e la 29a granatieri corazzati, quest’ultima, non schierata integralmente. Nonostante la soverchiante potenza di fuoco del nemico (sia terrestre e sia aeronavale), i difensori riuscirono a tenere testa agli aggressori, resistendo per ben 38 giorni. Questa tenace opposizione portò evidentemente a sfatare le previsioni degli alleati che avevano calcolato di conquistare il territorio in soli due settimane. Tuttavia, la dimostrazione delle condizioni di estrema difficoltà che ebbero gli eserciti italo-tedeschi, fu sorretta dal fatto che le forze anglo-americane potevano essere sostenute e rafforzate pressoché senza limitazioni, mentre le forze dell’Asse rimasero in sostanza isolate.
Abbiamo chiesto a Donaldo Di Cristofalo (1) di parlarci e darci un suo giudizio sull’Operazione Husky, un intervento anfibio complesso, che fece seguito, circa un anno dopo (forti delle esperienze passate), all’Operazione Dragoon, ovvero lo sbarco alleato sulle coste della Francia meridionale.
«Il 9 luglio ricorrono gli 80 anni dallo sbarco delle forze Alleate nella cuspide sudorientale della Sicilia, primo passo della liberazione del continente europeo dalla tirannide nazi-fascista. Questo tondo anniversario ha visto un fiorire di iniziative, articoli e pubblicazioni che ricordano l’evento, con abbondanza di analisi storiche, politiche e militari. Sarebbe pertanto ridondante ripetere qui la narrazione di quello che fu un episodio di prima grandezza nelle vicende belliche di quel conflitto.
Esso, al di là di ogni altro esito, raggiunse il dichiarato scopo di abbattere Mussolini e far uscire dalla contesa la prima delle tre nazioni costituenti l’Asse, certamente la più debole. Sul piano prettamente strategico, i tedeschi, dopo aver con bravura traghettato a Messina gran parte delle truppe rimaste, riuscirono ad attuare una difesa strenua della penisola italiana, fatta di successive linee correnti dal Tirreno all’Adriatico, sfruttando abilmente la morfologia del territorio, talmente efficaci da trascinare la campagna d’Italia fino al 1° maggio 1945, appena una settimana prima della resa della Germania. Ma d’altra parte questa campagna costrinse gli stessi tedeschi ad impegnare divisioni, aeroplani ed armamenti in notevole misura, distogliendoli dagli altri due fronti,

quello apertosi con lo sbarco in Normandia e quello orientale, di fronte all’Armata Rossa. Anche questo aspetto non fu casuale ma puntualmente e fortemente richiesto da Stalin nelle varie Conferenze.
La campagna di Sicilia, Operazione Husky per gli Alleati, durò 38 giorni, un termine piuttosto lusinghiero per gli Anglo-Americani in considerazione delle forze contrapposte, sicuramente migliore di altri sbarchi similari (Salerno, Anzio) in relazione agli obiettivi. Ciò, più che a merito delle truppe attaccanti (Americani da un lato e Anglo-Canadesi dall’altro operarono in maniera poco coordinata), va ascritto alla sproporzione tra i contendenti, sia in termini di consistenza dei reparti (le divisioni costiere italiane erano di pura facciata), sia in termini di dominio aereo (già fondamentale in quegli anni), ma forse soprattutto per quanto riguarda la logistica, con una supplychain alleata in grado di supportare sotto ogni aspetto lo sforzo dei reparti in linea. In questo va riconosciuto agli Americani e in minor misura ai Britannici di avere progettato per tempo e realizzato per quando serviva una completa panoplia di attrezzature, mezzi terrestri e navali, reparti e risorse tali da mettere a disposizione dei combattenti dalle munizioni, ai ricambi, ai carburanti, agli alimenti (il G.I. godeva delle migliori e più caloriche razioni di tutti gli eserciti del mondo), financo agli spettacoli di allietamento.
Ecco, più di ogni altra analisi, varrebbe guardare con attenzione alle retrovie degli Alleati, ai loro mezzi da sbarco, alle loro officine mobili, ai loro reparti in grado di riparare e rimettere in funzione aeroporti, porti, strade, ferrovie e linee elettriche, al loro articolato e funzionale sistema di raccolta e cura dei feriti.
Tutto questo, paragonato alla povertà delle dotazioni italiane, ma anche alle pur notevolmente migliori tedesche, tutto questo è già sufficiente per ragionare sulla velleitarietà della follia hitleriana e su quella, maggiore, mussoliniana.
L’importanza della logistica trovò infine la sua massima espressione nel corso dell’Operazione Overlord, nell’ambito della quale quella denominata Neptune diede luogo allo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944. La catena logistica alleata, in quel fronte, ebbe un ruolo preminente per consentire l’avanzata verso la Germania, per rintuzzare le controffensive tedesche ed in ultima analisi per raggiungere gli obiettivi prefissati (con la capitolazione tedesca) con le minori perdite possibili».
Note:
(1) Geologo, già funzionario presso il Comune di Termini Imerese (PA), appassionato di storia militare e membro del “Comitato spontaneo per lo studio delle fortificazioni militari”.

Bibliografia e sitografia:

Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Le operazioni in Sicilia e in Calabria, Roma, 1993.

Center of Military History of the US Army 1993, United States Army in World War II. Mediterranean Theater of Operations. Sicily and the Surrender of Italy.

Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Torino, Einaudi, 2005.

Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, Milano, Mondadori, 2009.

Giuseppe Longo, La difesa delle coste siciliane durante la Seconda Guerra Mondiale, in Pagine sul secondo conflitto mondiale in Sicilia e nel distretto di Termini Imerese, IstitutoSicilianoStudiPoliticiedEconomici (I.S.P.E.) 2021, seconda edizione.

Giuseppe Longo 2023, Seconda Guerra Mondiale – A Casablanca l’incontro strategico (1943-2023), Cefalunews, 16 maggio.

Giuseppe Longo 2023, Seconda Guerra Mondiale. La caduta di Pantelleria – Operazione Corkscrew, Cefalunews, 11 giugno.

www.history.navy.mil

https://www.aeronautica.difesa.it/

https://www.marina.difesa.it/Pagine/default.aspx

http://www.esercito.difesa.it/

www.raiplay.it

Ph:

Operazione Husky, luglio-agosto 1943. La foto, a cura dell’aeronautica militare americana, mostra parte della costa siciliana sud-orientale, il giorno dell’invasione alleata. (www.history.navy.mil)

Giuseppe Longo

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