Festa di Santa Rosalia a Palermo: le parole di Mons. Lorefice

Nella notte della tradizionale “acchianata”, la preghiera dell’Arcivescovo alla Santuzza per le tante ferite della città
“La nostra città è segnata duramente da tanti eventi: penso ai giovani, alle droghe che si diffondono, agli incendi, il mio pensiero va a chi vive in sé il dramma di essere stata pensata come preda di giovani che credono di trattare il corpo delle donne come mezzo, come strumento. Io salgo al Santuario di Santa Rosalia con il cuore che chiede perdono”
La voce dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice è la voce di chi indica alla città di Palermo, ai palermitani, le ferite recenti: il dilagare della droga giovani e giovanissimi, gli incendi devastanti, la violenza consumata durante lo stupro di gruppo al Foro Italico. Nella notte della tradizionale acchianata, durante il cammino verso il Santuario di Santa Rosalia, l’Arcivescovo si rivolge direttamente alla sua gente: “Salgo con voi, cammino con voi, per chiedere alla nostra Santuzza, perdono”.
Poche ore prima l’Arcivescovo aveva parlato con estrema chiarezza delle ferite della città: «Chi compie il male è insensibile alla sofferenza umana. Diventa imprenditore e propagatore compiaciuto di sofferenza. Questo è la mafia, questo sono gli uomini e le donne delle organizzazioni mafiose. Questo sono i piromani che appiccano il fuoco devastatore della nostra martoriata Sicilia. Questo sono i sette stupratori della ragazza dilaniata nel corpo e nell’anima al Foro Italico: giovani accomunati dal delirio di “onnipotenza virile”, scatenatosi su una donna trattata come mera “carne”’ da preda».
È un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo Corrado Lorefice durante la messa per l’anniversario dell’assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo alla chiesa San Giacomo dei Militari a Palermo.
«Uomini e donne, adulti e giovani, che hanno smarrito la passione morale – ha aggiunto aggiunge l’Arcivescovo – incapaci di amare, di rispettare e di onorare la vita altrui. Uomini e donne, pertanto, senza fondazione religiosa, indifferenti alla sofferenza umana, all’ingiustizia. Seminatori di dolore e divulgatori di iniquità. Idolatri della violenza. Vittime anche loro della deriva antropologica in atto frutto della sconfitta educativa che pesa sulla coscienza di noi adulti».

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